Arriva la dieta ‘pianeterranea’: la dieta mediterranea a km 0, sostenibile e su misura 

La dieta pianeterranea, da adattare in base alla zona del mondo, potrebbe ridurre del 50% il rischio di infarto e ictus e del 30% il pericolo di diabete 

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Luana Trumino

Editor specializzata in Salute & Benessere

Laureata in Scienze dell’Alimentazione e Nutrizione Umana, da oltre 15 anni scrive di benessere, occupandosi prevalentemente del rapporto tra nutrizione e salute.

Cos’è

Olio extravergine di oliva, legumi, verdure, cereali integrali, frutta fresca, carne, pesce, vino rosso: sono alcuni dei buoni alimenti della nostra dieta mediterranea, considerata uno dei migliori regimi alimentari al mondo. Un vero e proprio stile di vita, l’unico ad aver dimostrato scientificamente effetti positivi nella prevenzione di numerose patologie croniche come molti tumori, il diabete, le malattie cardiovascolari. Merito delle sostanze contenute negli alimenti che noi italiani portiamo in tavola ogni giorno. 

E se si provasse a declinare in tutto il mondo questi principi sfruttando i benefici di altri cibi che contengono le stesse molecole? D’altro canto, in ogni zona è possibile trovare specifici frutti, verdure, legumi, cereali integrali e fonti di grassi insaturi con contenuti nutrizionali e caratteristiche simili a quelli tipici della dieta mediterranea, che probabilmente hanno anche simili benefici per la salute delle popolazioni.

Nasce da questo concetto la dieta ‘pianeterranea’, un’idea della Cattedra UNESCO di Educazione alla salute e allo sviluppo sostenibile dell’Università Federico II di Napoli, coordinata da Annamaria Colao, ordinario di endocrinologia e presidente della Società Italiana di Endocrinologia (SIE), assieme ad uno staff di scienziati ricercatori in ambito medico, agroalimentare e ingegneristico.

Su cosa si basa

Sana e sostenibile, la dieta pianeterranea potrà essere declinata a livello locale utilizzando i cibi disponibili nelle diverse aree del mondo, creando tante nuove piramidi alimentari ‘locali’, ma dovrà e potrà attenersi ovunque alle regole della dieta mediterranea, ovvero essere principalmente a base vegetale, con un apporto adeguato di grassi mono e polinsaturi e un consumo moderato di pesce, latticini e carne.

La dieta pianeterranea potrà dunque comprendere cibi differenti nel Sud-Est asiatico o in America Latina, in base ai vegetali e alle risorse alimentari del posto. Dall’avocado e la papaia dell’America Latina alla manioca e il teff in Africa centrale, dall’olio di canola e le noci pecan in Canada al sesamo e la soia dell’Asia, fino alla noce di macadamia australiana, in ogni angolo della Terra sarà possibile rispettare i canoni della dieta pianeterranea e restare in salute.

“In America Latina – si legge nell’articolo pubblicato su Nature – l’avocado, la papaya, le banane verdi, e le bacche di andaçaí rappresentano buone fonti di acidi grassi monoinsaturi (MUFA), micronutrienti e polifenoli. Per alcuni cereali dell’Africa centrale, come tapioca/manioca e teff, si pensa che favoriscano la produzione di acidi grassi a catena corta (SCFA), come avviene per i cereali integrali tipici della dieta mediterranea. Inoltre, la quinoa è ricca di proteine e fornisce aminoacidi essenziali, con un contenuto di grassi limitato. L’olio di canola canadese, così come le noci pecan, contengono acidi grassi monoinsaturi e fitosteroli, e hanno dimostrato di abbassare il colesterolo LDL. Anche i prodotti subtropicali popolari come i fagioli pinto e l’okra, ricchi di fibre e proteine, sono associati a livelli ridotti di colesterolo LDL e a una minore incidenza della sindrome metabolica o di eventi cardiovascolari.

I semi di sesamo e la soia, tradizionalmente utilizzati in Asia, contengono composti bioattivi e sostanze antiossidanti in grado di ridurre l’ipertensione, lo stress ossidativo, la resistenza all’insulina e i marcatori infiammatori. 

Le macroalghe marine (cioè alghe e wakame) e la spirulina sono ampiamente consumate nei Paesi orientali e rappresentano una fonte importante di polisaccaridi complessi, minerali, proteine e vitamine, con proprietà anticancro, antivirali, antiossidanti, antidiabetiche e antinfiammatorie. La noce di macadamia australiana, la prugna di Davidson, la bacca di pepe, il finger lime, e il bush tomato – ricchi di flavonoidi, vitamine e minerali – presentano attività antiossidante e antinfiammatoria e sono già utilizzati come alimenti funzionali e nutraceutici”.

I vantaggi per la salute

“Le abitudini alimentari scorrette sono una delle cause principali dell’epidemia mondiale di obesità, anche infantile, e di malattie metaboliche e cardiovascolari; la dieta mediterranea invece ha comprovati benefici per la salute grazie a un notevole profilo nutrizionale”, spiega Annamaria Colao.

“La dieta mediterranea per esempio riduce del 30% il rischio di eventi cardiovascolari gravi come infarti e ictus, diminuisce di oltre il 50% la probabilità di tumore all’endometrio nelle donne, abbassa del 30% il pericolo di ammalarsi di diabete. Gli elementi che la caratterizzano sono olio d’oliva come fonte di grassi insaturi, noci, legumi, verdure, cereali integrali, frutta fresca o secca, una quantità moderata di pesce, così come latticini, carne e vino rosso. Non ovunque si possono trovare questi prodotti, ma è possibile reperire in ogni parte del mondo frutti, verdure, legumi, cereali integrali e fonti di grassi insaturi con contenuti nutrizionali e caratteristiche simili a quelli tipici della dieta mediterranea, che probabilmente hanno anche simili benefici per la salute delle popolazioni”. 

Da qui la dieta planeterranea, una dieta mediterranea globale che introduce di volta in volta i cibi tipici del luogo, per esempio portando in tavola l’avocado, la papaya, le banane verdi e le bacche di andaçaí per gli acidi grassi e i polifenoli in America Latina, che invece in Canada si potranno trovare in olio di canola e noci pecan. 

Gli esempi sono tantissimi – conclude la prof.ssa Colao -, ma il concetto della dieta planeterranea, che verrà lanciata attraverso una piattaforma dedicata della Cattedra UNESCO di Educazione alla salute e allo sviluppo sostenibile dell’Università di Napoli, è sostanzialmente uno: le verdure, la frutta, i cereali e i grassi insaturi disponibili in diverse parti del mondo possono essere combinati per mettere a punto paradigmi nutrizionali locali, basati su prove scientifiche, definendo diverse ‘piramidi nutrizionali’ basate sugli alimenti disponibili localmente con le stesse proprietà nutrizionali, gli stessi benefici per la salute e analoghi processi produttivi rispettosi dell’ambiente osservati per la dieta mediterranea”.