Gravidanza difficile da ottenere? La fertilità può dipendere anche dal microbiota

Uno studio evidenzia come alcuni gruppi di batteri presenti nel microbiota possono influire sulla fertilità: cosa fare e a che punto è la ricerca

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 14 Aprile 2025 11:54

L’elenco delle azioni del microbiota, quell’insieme di batteri e non solo che vivono nell’apparato digerente e in particolare nell’intestino, sembra davvero non finire mai. E non si limita esclusivamente alle azioni dirette al benessere intestinale e ai tanti effetti metabolici legati alla presenza di una popolazione di batteri varia e sana.

Secondo quanto emerge da una ricerca apparsa su Scientific Reports, infatti, studiosi dell’Università di Pechino avrebbero identificato 15 gruppi di batteri alleati della fertilità maschile e femminile. Non solo. Ci sarebbero anche due specifiche specie batteriche che, invece, sarebbero in grado di influire negativamente sulla capacità riproduttiva. In futuro, insomma, un’analisi del microbiota potrebbe aiutare a svelare i misteri che stanno dietro le difficoltà ad avere figli, come confermano gli esperti che hanno affrontato la tematica in occasione del Congresso organizzato dalla Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità (SIAMS) di Firenze.

Cosa dice lo studio

La ricerca condotta dai ricercatori dell’Università di Pechino si è basata su dati genetici non influenzabili, per determinare la composizione del microbiota, ovvero le informazioni sul genoma associate al microbiota, derivate da campioni raccolti su oltre 18mila persone provenienti da vari Paesi, tra cui Stati Uniti, Israele, Corea del Sud, Germania e Regno Unito, con età compresa tra i 50 e i 62 anni. Questi dati sono stati poi combinati con quelli relativi a un campione di 994 uomini infertili e 9831 casi di infertilità femminile.

Sono state analizzate 196 tipologie di batteri per valutarne l’impatto sulla capacità riproduttiva maschile e femminile, individuandone 17 che sembrerebbero influenzare la fertilità. “Nello specifico, per quanto riguarda gli uomini, sono stati identificati 5 gruppi di batteri con effetto protettivo, in quanto associati a una minore probabilità di sviluppare problemi di fertilità, come i batteri appartenenti ai gruppi Bacteroidaceae e Enterobacteriales, tra i quali l’Escherichia coli – segnala Linda Vignozzi, presidente della Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità e ordinaria di Endocrinologia all’Università di Firenze.

È stata, invece, collegata a un rischio maggiore di infertilità maschile, la presenza dei batteri del genere Allisonella che, promuovendo lo stress ossidativo, favoriscono un microambiente infiammatorio e danneggiano il DNA degli spermatozoi, riducendone numero e motilità.

Per quanto riguarda le donne, su 11 gruppi batterici rilevanti, solo uno ha mostrato un’influenza negativa sulla fertilità, alterando la concentrazione di estrogeni circolanti, che può provocare ovaio policistico ed endometriosi. Gli altri 10 tipi di batteri tra cui, ad esempio, quelli appartenenti al gruppo Bifidobacteriales, sono stati, invece, associati a una migliore capacità riproduttiva femminile”.

Un rapporto tra microbiota ed infertilità

Lo studio, in qualche modo, offre una sorta di “pistola fumante” in grado di chiarire definitivamente il legame che esiste tra composizione quali-quantitativa del microbiota e benessere di coppia.

“Nonostante su scala globale colpisca 186milioni di persone e, in Italia, riguardi quasi 2 coppie su 5, i fattori di rischio dell’infertilità sono ancora poco noti ed esplorati – fa sapere l’esperta. In questo contesto è crescente l’attenzione per lo studio del microbiota intestinale, il più grande e complesso insieme di batteri, virus e funghi del nostro organismo, in grado di pesare fino a 2 chili, che, in caso di squilibrio, può essere un fattore cruciale nell’insorgenza dell’infertilità.

Fino ad oggi mancava, però, un’analisi che consentisse di identificare in maniera chiara, un nesso causale tra microbiota intestinale e infertilità, per la presenza di fattori confondenti e modificabili come lo stile di vita e l’alimentazione”.

Cosa possiamo fare

La comprensione del ruolo cruciale del microbiota intestinale offre, quindi, nuove possibilità di migliorare i tassi di successo dei trattamenti di fertilità. Ed ovviamente, dagli esperti emergono indicazioni pratiche per il benessere della popolazione che vive nel nostro intestino e non solo.

“Per mantenere il microbiota in buona salute, fondamentale è una dieta equilibrata con alimenti ricchi di fibre prebiotiche, attraverso frutta, verdura e cereali integrali, l’assunzione di probiotici naturali come lo yogurt e optare per grassi sani, come gli omega-3 del pesce azzurro, l’olio di oliva e le noci – ribadisce Vignozzi. Essenziale per favorire la crescita di batteri benefici, anche limitare il consumo di zuccheri e di alimenti trasformati, ridurre fumo e consumo di alcol, ed evitare l’uso eccessivo di antibiotici”.

Il tutto, ricordando che forse nel percorso diagnostico della sterilità di coppia dovrà sempre più trovare spazio l’analisi accurata del microbiota. Purtroppo questo studio rappresenta ancora un aspetto trascurato della diagnostica dedicata all’analisi dell’infertilità maschile e femminile.

Attenzione però. “Ha grandi potenzialità nel migliorare la comprensione delle forme cosiddette “idiopatiche” o “sine causa” – sottolinea la presidente SIAMS. Queste conoscenze potrebbero cambiare le cure e aprire la strada a nuove strategie terapeutiche per correggere le alterazioni dei parametri spermatici e delle funzionalità ovarica e migliorare la fertilità di entrambi i sessi”.

Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.