Dieta, il sistema Zona può aiutarti a spegnere l’infiammazione

Intervista a Barry Sears, il famoso biochimico americano Presidente dell’Inflammation Research Foundation

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Luana Trumino

Editor specializzata in Salute & Benessere

Laureata in Scienze dell’Alimentazione e Nutrizione Umana, da oltre 15 anni scrive di benessere, occupandosi prevalentemente del rapporto tra nutrizione e salute.

L’evoluzione delle nostre diete, ricche di acidi grassi omega-6 e carboidrati raffinati e povere di fibre fermentabili, ha portato a una tempesta nutrizionale perfetta caratterizzata da una forma di infiammazione detta “silente” che, a differenza delle forme note di infiammazione che producono sintomi facilmente riconoscibili, non dà sintomi fino a quando non appariranno malattie croniche. 

Un po’ di infiammazione è comunque naturale e serve al nostro corpo, ma se diventa troppa siamo suscettibili agli attacchi esterni di virus e batteri. Va dunque tenuta entro livelli ottimali, e questo è possibile attraverso la scelta e la combinazione degli alimenti che ogni giorno portiamo sulle nostre tavole. Ne è convinto il dott. Barry Sears, Ph.D., Presidente dell’Inflammation Research Foundation, considerato tra i massimi esperti nel campo del controllo, tramite l’alimentazione, delle risposte ormonali. 

Il dott. Sears è il pioniere della strategia nutrizionale antinfiammatoria, che ha alla base la Dieta Zona, confortata dall’integrazione sapiente di omega-3 e polifenoli, controllando rispettivamente infiammazione silente e geni ed è autore di oltre 50 articoli scientifici e 17 libri sull’alimentazione antinfiammatoria che sono stati tradotti in diverse lingue. Di recente, per Verduci Editore, ha pubblicato “Zona della risoluzione”, un volume scientifico scritto in maniera divulgativa in cui svela come ridurre, risolvere e riparare i danni causati dall’infiammazione e riconquistare uno stato di benessere.

Cos’è l’infiammazione

“L’infiammazione – spiega Barry Sears – è il primo passo necessario per contenere gli effetti di una qualsiasi lesione nel nostro organismo. In questo processo si sviluppano i segni già descritti dagli antichi romani: infatti gonfiore, calore, rossore e dolore si manifestano proprio nell’area interessata dalla lesione che diventa teatro di una guerra biologica. Tuttavia, per consentire all’organismo di arrivare alla guarigione completa è necessario disattivare questa infiammazione iniziale. Il processo di spegnimento dell’infiammazione è denominato risoluzione. Nel caso non si porti a compimento questa disattivazione, l’infiammazione residua non risolta continuerà ad attaccare l’organismo e finirà per causare obesità, insorgenza precoce di patologie croniche e accelerazione dell’invecchiamento”.

Quali sono le cause

“Sebbene sia generata da infezioni (batteriche e virali) e da lesioni fisiche, la causa principale di infiammazione non risolta è l’alimentazione”, avverte l’autore. Negli ultimi anni – si legge nel suo libro – abbiamo assistito a un incremento esponenziale del consumo di acidi grassi omega-6. Questi acidi grassi, se assunti in eccesso, fanno aumentare la possibilità che il nostro organismo li converta in AA, acido arachidonico, causando infiammazione. 

Parallelamente, è aumentato anche il consumo di carboidrati raffinati, responsabili di una sovrapproduzione di insulina (ormone coinvolto anche nella trasformazione di acidi grassi omega-6 in acido arachidonico) e una riduzione di fibre fermentabili, fondamentali per la salute intestinale, soprattutto per mantenere una forte barriera tra la flora batterica intestinale e il sangue. Se la barriera viene danneggiata, siamo in presenza di “intestino permeabile”: la situazione in cui frammenti batterici e grossi frammenti proteici entrano nel sangue e inducono un incremento dell’infiammazione. 

Ma la soluzione esiste e, come assicura il celebre biochimico americano, è rappresentata dalla dieta Zona.

Come agisce la dieta Zona nel ridurre l’infiammazione

“In primo luogo – spiega l’esperto – la dieta Zona permette di limitare l’apporto calorico senza avvertire fame o affaticamento, grazie al migliore controllo ormonale della glicemia. La restrizione calorica è essenziale dal momento che un eccesso di calorie provoca infiammazione indotta da ciò che mangiamo. Una persona con grasso corporeo in eccesso è una persona già infiammata. In secondo luogo, la dieta Zona induce un calo di quegli ormoni che incrementano l’intensità dell’infiammazione e accrescono il senso di fame. In terzo luogo, migliora la salute intestinale e impedisce ai frammenti microbici di entrare in circolo e causare infiammazione”. 

Gli alleati contro l’infiammazione: omega-3 e polifenoli

La Zona è efficace perché disattiva l’infiammazione dell’organismo. Tuttavia, per una guarigione completa è necessario arrivare a una risoluzione totale del problema e riparare il danno che essa ha causato. “Gli acidi grassi omega-3 che si trovano nel pesce più oleoso sono gli elementi costituivi per la sintesi di ormoni essenziali per risolvere l’infiammazione”, puntualizza il biochimico. Senza livelli adeguati di queste sostanze nell’alimentazione, non sarà possibile risolvere del tutto l’infiammazione. 

Altre sostanze utili sono rappresentate dai polifenoli che si trovano in frutta e verdura. “Svolgono un ruolo essenziale per riparare i tessuti danneggiati dall’infiammazione ed attenuare gli effetti dell’invecchiamento. Intervengono attivando l’interruttore principale del metabolismo che promuove processi a livello genetico che rallentano l’invecchiamento”, aggiunge l’autore Barry Sears. 

Le dosi ideali? “In media – risponde – un individuo avrà bisogno di 2,5 grammi di omega-3 e 1 grammo di polifenoli al giorno. É possibile ottenere questi quantitativi mangiando quotidianamente una porzione di pesce grasso e dieci porzioni di verdure non amidacee e frutta. Non è sempre agevole raggiungere questi livelli con qualsiasi regime alimentare (persino con la dieta Zona); per cui è spesso necessario ricorrere a degli integratori”.

Come si compone un pasto Zona

Ma passiamo alla pratica. Cosa portare in tavola e in quali quantità? “Basta disporre di una mano, un occhio e un orologio”, suggerisce il biochimico. “Inserire sempre sul piatto una fonte proteica magra come carni bianche o pesce, per esempio. La quantità di questo alimento proteico non deve essere superiore, ma neppure inferiore, alla dimensione del palmo della propria mano. In questo modo abbiamo occupato più o meno un terzo del piatto”. 

“I due terzi restanti, e qui abbiamo bisogno dell’occhio per vedere, dovranno essere riempiti da verdure non amidacee. Si conclude con una piccola porzione di frutta (scelta ideale: frutti di bosco). A questo punto, se siamo riusciti a bilanciare correttamente il piatto, non sentiremo la fame per le cinque  ore successive: ecco a cosa serve l’orologio”. 

La giornata alimentare

“Consigli validi per tutti che andrebbero personalizzati in base all’età, al sesso e all’attività fisica svolta dal soggetto”, aggiunge la dott.ssa Maria Assunta Ciacci, biologa nutrizionista e Zone consultant, che da più di 20 anni ha esperienza in nutrizione antinfiammatoria negli stati di fisiologia e patologia dell’organismo umano. “La valutazione primaria per la personalizzazione – puntualizza la nutrizionista – è il calcolo della massa magra e da lì parte il numero dei pasti giornalieri, che normalmente sono 5 (3 pasti principali e 2 spuntini), ma che per esempio possono ridursi in base ai parametri sopracitati”.

“In generale – spiega – l’obiettivo principale è raggiungere e mantenere un ben preciso equilibrio ormonale utilizzando in modo bilanciato carboidrati, proteine e grassi. È per questo che nei tre pasti principali e negli spuntini, il 40% delle calorie deve provenire dai carboidrati “favorevoli”, come le verdure non amidacee quali spinaci, cavolfiori, cavolo nero e funghi o frutta di stagione; il 30% dalle proteine (yogurt, prosciutto, ricotta, pesce ricco di omega 3, uova, formaggi, carne rossa magra…); e il 30% dai grassi come olio extravergine di oliva, avocado, olive e frutta oleosa e i suoi derivati”. 

Una proporzione che non è venuta a caso… “Mantenere un bilanciamento costante del rapporto proteine/carboidrati a ogni pasto – afferma la dott.ssa Ciacci – permette di stabilizzare la glicemia e la conseguente produzione di insulina in modo tale da non sentire la fame o essere mentalmente stanchi nell’intervallo tra i pasti. In base, poi, al personale livello di insulino-resistenza è possibile bilanciare insieme al proprio nutrizionista i pasti e aggiungere altre fonti di carboidrati, quali il riso venere o altri cereali”.

Sebbene la dieta Zona non sia nata allo scopo di perdere peso corporeo, permette di ridurre in modo consistente e mirato il grasso addominale, di conseguenza si ottiene un controllo ottimale anche del peso. Il grasso viscerale è il più pericoloso per la salute perché proprio il tessuto adiposo addominale produce citochine, proteine estremamente infiammatorie che di recente abbiamo imparato a conoscere a causa della infezione da Covid-19. Il problema si aggrava poiché non solo il tessuto adiposo genera infiammazione, ma l’infiammazione stessa scoraggia la perdita di grasso: un circolo vizioso dal quale è difficile uscire se non con un’alimentazione mirata. 

Il menù tipo della dieta Zona

COLAZIONE: 1 yogurt bianco magro proteico o 1 yogurt bianco magro allo 0.1% di grassi a cui aggiungere sempre polifenoli come cannella, cacao, polvere di mirtilli; frutta di stagione (o 1 tazza di mirtilli); 1-2 noci. Se preferisci la colazione salata: 1 fettina di pane integrale con pesce ricco di omega 3 (o prosciutto o ricotta) e mousse di avocado

SPUNTINO MATTINA E MERENDA: 1 noce di parmigiano e 1 frutto piccolo

PRANZO E CENA: 2/3 del piatto composto da di verdure non amidacee e 1 frutto di dimensioni medie; proteina magra (pesce ricco di omega 3, uova, formaggi, carne rossa magra…); in base all’attività fisica, del riso; olio extravergine di oliva oppure possono essere inseriti semi oleosi, olive o avocado

Aspetti principali della dieta