Luci, musica in una città che non dorme: il Festival visto da Sanremo

Cinque serate che trasformano la città in un palcoscenico a cielo aperto: ecco il festival vissuto da Sanremo

Foto di Paola Landriani

Paola Landriani

Lifestyle Editor

Content e lifestyle editor, copywriter e traduttrice, innamorata delle storie: le legge, le scrive, le cerca. Parla di diversità, inclusione e di ciò che amano le nuove generazioni.

Amato, discusso, seguito e tanto chiacchierato. Sanremo è molto più di un semplice evento: è un’esperienza collettiva che attraversa generazioni, unendo le persone in una settimana frizzante di emozioni e spettacolo. Da ben 74 anni, questo festival ci coinvolge, regalandoci non solo musica e intrattenimento di qualità, ma diventando un vero e proprio pilastro della cultura popolare italiana. È una finestra aperta sulla nostra società, un riflesso dei suoi gusti, dei suoi valori e delle sue sfide. Uno spaccato della cultura popolare italiana fatto da cinque serate, conduttori e conduttrici, cover, artisti, orchestre, tematiche sociali e scelte stilistiche che, vuoi o non vuoi, portano il pubblico a entrare nel vivo della kermesse in modo attivo, come se non esistesse un filtro fatto di schermi di tv e di telefoni. Come se tutti, seduti sui nostri divani tra una pizza e un gruppo WhatsApp del FantaSanremo, fossimo davanti all’entrata del teatro Ariston insieme a Fiorello e Amadeus. Ma cosa succede quando il Festival si vive sul campo?

Il Festival visto da Sanremo

C’è una lunga linea dorata al centro della via principale di Sanremo, quella che collega il casinò al teatro. Una linea fatta di targhette brillanti nel materiale e nel concetto: sono i titoli delle canzoni e i nomi degli artisti e artiste vincitrici dei Festival di Sanremo passati, che si legano una dopo l’altra per collegare il luogo in cui tutto è iniziato, nel 1951, e quello in cui oggi accade la magia: il teatro Ariston. Durante la settimana del festival l’atmosfera nella via ha qualcosa di speciale: da un lato l’intramontabile Mike che saluta le persone in tutta la sua Allegria, dall’altra la fontana zampillante e le luci al neon che segnalano il teatro piccolissimo, che in tv e nei cuori di chi ama la musica italiana, invece, è enorme. Guardando in su, poi, l’omaggio a Cotugno, che accompagna la passeggiata con le parole di L’Italiano.

Il teatro Ariston
Fonte: Paola Landriani
Il teatro Ariston

Una strada che, ogni giorno, è un fiume in piena: giornalisti, curiosi e addetti ai lavori tutti stretti per arrivare il più vicino possibile ad assaporare l’atmosfera della kermesse, quella di Baudo, di Buongiorno e, da ormai 5 anni, di Fiorello e di Amadeus, che sono stati in grado di rendere il festival un momento ancora più collettivo, inclusivo, che elimina il divario generazionale. E non importa se splende il sole o se la bella Liguria ci ospita sotto il diluvio. Camminare a Sanremo durante il festival è un’esperienza sovrannaturale, in cui ogni persona accanto a te è un possibile artista che corre per raggiungere una radio per un’intervista o il proprio Van per andare alle prove.

Mr. Rain e I Santi Francesi
Fonte: Paola Landriani
Mr. Rain e I Santi Francesi 

I curiosi si dividono in un dualismo delicato, fatto di ricerca spasmodica del proprio idolo come in una caccia al tesoro disseminata in città, ma anche di estremo rispetto: non esiste maleducazione per ottenere una foto in più e non esiste snobismo da parte di chi sa che, per cinque sere, dovrà cantare al cuore di chi lo guarda per strada con un telefono in mano. Strada dopo strada, Sanremo si trasforma in un palcoscenico improvvisato e a cielo aperto, dove ogni passante diventa parte integrante di questa magica rappresentazione della musica e dell’arte.

Gazzelle
Fonte: Paola Landriani
Gazzelle

Sanremo fuori dall’Ariston

A Sanremo nella settimana del festival si dorme poco, si cammina tanto, non si sente altro che la musica dei Big in gara che, anche se non si è abbastanza forti per arrivare alla fine delle serate, è sempre a ripetizione in ogni bar, ogni negozio, ogni angolo della città. Una colonna sonora che ti entra in testa e non ti molla, che ti dà il ritmo per arrivare da una parte all’altra: da Piazza Colombo con le prove degli artisti per la serata, passando per il casinò, fino alla iconica nave che, con la sua luce e la sua musica, saluta guardando verso la terra ferma. Quest’anno gli artisti si sono impegnati portando i temi delle loro canzoni anche fuori dal palco: ci sono le canoniche postazioni radiofoniche in cui i cantanti passano a raccontare le emozioni legate alle loro esibizioni, ma anche luoghi dedicati.

La Spaccanapoli di Geolier
Fonte: Paola Landriani
La Spaccanapoli di Geolier

 

C’è l’Edicola Dargen, in cui nel tardo pomeriggio si discute della sua Onda alta e di come questa si riproponga nel nostro quotidiano; La Noioteca, un luogo in cui Angelina Mango, vincitrice di questa edizione, offre attività creative fatte di make-up, biscotti della fortuna, origami e mandala: unico prezzo, investire la propria noia. E poi le altalene in spiaggia di Mr. Rain, la casa di Ghali e del suo Alieno e i dolci di Clara fino alla pizzeria di Geolier in una Spaccanapoli in miniatura.

Edicola Dargen
Fonte: Paola Landriani
Edicola Dargen

Una città festante, piena di musica fatta di artisti più o meno conosciuti, sosia e musicisti con un unico obiettivo comune: far risuonare la propria musica e quella degli altri in una settimana che accende un luogo ormai diventato manifesto della canzone italiana. Tirando le somme di questa 74esima edizione di arte, musica e qualche polemica, il pensiero comune sembra essere uno solo: che questo sia l’ultimo anno di Amadeus o che decida di regalarci ancora un festival da direttore artistico, una cosa è certa. Sanremo si Ama.