Frequenza cardiaca: cos’è e come usarla durante l’allenamento

Come funziona il calcolo della frequenza cardiaca e in che modo usare questo valore importante per modulare gli allenamenti

Foto di Elisa Cappelli

Elisa Cappelli

Esperta di fitness

Laureata in Filosofia e Master in Giornalismo Internazionale LUISS. Trainer certificata CONI e FIF (Mat base e avanzato). Studia Anatomy in Motion (Gary Ward) e Qi gong.

Cos’è

La frequenza cardiaca (FC) rappresenta un valore importante per comprendere e monitorare il nostro stato di salute.

Secondo l’American Heart Association (AHA) la FC normale per un adulto a riposo si dovrebbe aggirare tra 60-100 bpm. Se i valori superano i 100 bpm a riposo si identifica una condizione di tachicardia. Se invece i valori sono inferiori a 60 bpm a riposo si parla di bradicardia. Non si tratta sempre di condizioni patologiche o preoccupanti, basti pensare che gli atleti tendono ad avere meno battiti del cuore per poter migliorare le loro performance.

Il cuore ha un ruolo fondamentale in questa macchina perfetta che possiamo chiamare corpo. Il numero dei battiti che il cuore compie ogni minuto si unisce anche a un altro valore che si ritrova nel calcolo della pressione. Quest’ultimo valore fa riferimento alla forza che viene esercitata dal sangue, nel suo scorrere all’interno dei vasi, sulle pareti dei vasi stessi. Sono due parametri diversi che ci dicono molto sulle nostre condizioni fisiche.

Ci si dovrebbe ricordare che ogni giorno il nostro assetto mentale, fisiologico e meccanico cambia e cambia la nostra disciplina e il potere di adattamento. Le condizioni esterne, il lavoro, le relazioni, le temperature e l’ambiente agiscono su questi valori e si uniscono a come dormiamo, cosa sentiamo emotivamente, quanto ci muoviamo e in che modo.

Come usarla durante l’allenamento

Un buon modo per capire in che modo il nostro cuore lavora? Comprare un cardiofrequenzimetro che ci serve a regolare lo sforzo in base all’obiettivo. Dopo aver impostato i parametri soggettivi, si devono impostare i giusti limiti di allenamento. Importante usarlo per poter raggiungere in tempi rapidi una buona forma fisica e anche per monitorare i progressi, evitare sforzi in eccesso o in difetto. Il cardiofrequenzimetro misura in maniera istantanea la frequenza in BPM (battiti per minuto) o in termini di percentuale in base a un valore massimo che si raggiunge nello sforzo massimale e che non andrebbe mai superato.

Quest’ultima si misura attraverso dei test sotto sforzo o con un metodo empirico facile (la formula di Cooper) la differenza tra 220 (frequenza cardiaca massima teorica anche indicata come FC Max*) e il dato anagrafico espresso in anni. Una volta ottenuto il limite massimo di riferimento si va a calcolare il valore specifico in base a quello che si vuole ottenere dall’allenamento.

Gli intervalli di frequenza cardiaca che ci fanno lavorare bene andrebbero rispettati:

  • se si lavora tra il 50 e 60% della frequenza cardiaca massima si va a promuovere la salute generale;
  • se lavoriamo tra 65 e 75% della frequenza cardiaca massima andiamo a bruciare i depositi di grassi in eccesso (attivazione della funzione lipolitica).

Usare la frequenza cardiaca quindi ci permette di adeguarci all’obiettivo. Vogliamo stare bene a livello globale? Vogliamo dimagrire e bruciare? Dobbiamo capire quali sono i valori di riferimento in basi a questi obiettivi.

Se aumentiamo l’intervallo di lavoro tra il 65 e 85% della frequenza cardiaca massima andiamo a fare uno sforzo di tipo aerobico; si identifica come sforzo di tipo aerobico quel lavoro che fa sviluppare al corpo un modo per usare l’ossigeno della respirazione nel migliore dei modi possibili in base all’allenamento. Si tratta di tutti quei tipi di allenamenti che ci permettono di sviluppare una grande resistenza fisica come ad esempio la marcia, la corsa di resistenza, il nuoto, andare in bicicletta su lunghe percorrenze. Lavorare in questa fascia significa lavorare nella cosiddetta zona aerobica ottimale.

Se superiamo il 90% come valore di riferimento della frequenza cardiaca massima andiamo a compiere uno sforzo intenso di tipo anaerobico e, in queste condizioni, l’organismo produce energie in assenza di ossigeno per sviluppare la forza e il potere di scatto.

Imparare ad ascoltarsi e misurarsi

A seconda dell’obiettivo di allenamento si comprende quanto “spingere”, come stabilizzare il cuore ed entro quali categorie numeriche di riferimento della percentuale.

Nel tempo, continuando ad allenarsi, si sviluppa come un tachimetro interno. Piano piano si inizia a osservare la respirazione e il modo in cui si stanno dosando le energie. Si iniziano ad ascoltare bene le sensazioni, l’impatto, la stanchezza, il piacere durante l’allenamento. Le prime volte si possono usare fasce cardio collegate ai dispositivi per poter rilevare la frequenza cardiaca e mettere poi i dati accanto a quel che sentiamo, quanto stiamo spingendo e come stiamo respirando. Si costruiscono i propri parametri interni e si impara a sentire sempre meglio il proprio corpo. Vale per la corsa ma anche per pratiche allenanti come le arti marziali o l’allenamento del Pilates su macchinari o altre tipologie di allenamento compresa la camminata.

Un ultimo fattore molto importante: chi impara a misurarsi attraverso i dati della frequenza cardiaca a volte rischia di andare verso un’ansia di controllo poco produttiva per gli allenamenti. Arrivare a ossessionarsi sulle misurazioni ci impedisce di vivere con piacere la sessione di qualsiasi allenamento e quindi ne vanifica gli effetti benefici. Importante quindi mantenere un assetto di piacere, senza andare a forzare troppo la voglia di crescere e aumentare gradualmente il proprio livello performativo.

La frequenza cardiaca al polso, in altre parole, rappresenta un valore di rilevazione importante, ma non dobbiamo mai scordare anche quel che accade all’interno di noi stessi/e quando ci alleniamo, cercando di trarne sempre un godimento. Il sensore fondamentale lo abbiamo nel cuore e nella nostra voglia di stare bene.