Erbe e farmaci, a cosa prestare attenzione?

Curarsi con le erbe e con i frutti della natura è possibile ma sotto stretto controllo del medico, soprattutto se si stanno seguendo altre terapie farmacologiche

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Non sempre naturale fa rima con salubre. Pensate solo che molti dei veleni più nocivi vengono proprio da erbe e piante. E non si deve fare l’errore di considerare sempre e comunque del tutto innocua l’eventuale integrazione con erbe medicinali di cure mediche. A volte può capitare che gli effetti dei farmaci aumentino in concomitanza con le erbe assunte, in altri si può avere un depotenziamento dell’attività presenta di una terapia “classica”. Per questo è importante parlare della situazione con il medico e non puntare solamente sul “fai da te”, se si assumono terapie. Il rischio di creare qualche effetto non desiderato esiste, e va ovviamente evitato.

Come si “incrociano” erbe e farmaci nell’assorbimento

L’interazione tra erbe e farmaci è estremamente complessa. E la presenza delle erbe può andare ad agire su diversi passaggi di un medicinale nell’organismo. Ovvero è in grado ridurre o impedire l’assorbimento del principio attivo, oltre ad accelerare o ridurre i movimenti dell’intestino con ripercussioni sulla disponibilità del medicinale. O magari influisce su una particolare componente, la glicoproteina-P, che viene impiegata dalle cellule per limitare l’assorbimento di una sostanza o favorirne l’eliminazione.

Tanto per capire, ci sono vegetali che possono agire su questa, come iperico e aglio, succo di pompelmo, piperina, flavonoidi. Inoltre la presenza di cibi o di principi attivi dalle erbe può anche influire sulla distribuzione di un farmaco nell’organismo: capita ad esempio per il warfarin, impiegato per mantenere il sangue fluido nelle persone a rischio di ictus per problemi delle valvole cardiache o per fibrillazione atriale.

Cosa succede nel fegato

Il fegato, vero e proprio laboratorio dell’organismo in cui si verificano molteplici reazioni chimiche, è ovviamente un “bersaglio” del rapporto tra erbe, vegetali e farmaci. Ci sono erbe e alimenti che agiscono da “induttori” enzimatici ed altri che invece inibiscono gli enzimi, aumentando o diminuendo la disponibilità del farmaco.

Tra i primi, oltre agli alcolici e ai cavoli, ci sono la salvia, la ginkgo biloba e il solito iperico. Inibiscono invece gli enzimi epatici che debbono “attivare” correttamente i principi attivi dei farmaci il pompelmo e ad esempio i flavonoidi degli agrumi, l’aglio, l’echinacea e la ginkgo. Il tutto, senza dimenticare che anche la salute del rene conta nel determinare eventuali interferenze o interazioni. Per chi soffre di malattia renale cronica, anche in forma leggera con disfunzione minime dei reni, occorre prestare attenzione.

Le interazioni dell’iperico con i farmaci

Prima di procedere con un trattamento erboristico, quindi, parlatene con il medico. E conviene ricordare di non unire mai nella stessa cura farmaci e presidi fitoterapici che mirano allo stesso obiettivo, a meno che non sia il medico a consigliarlo. In questo senso, un esempio classico è quello dell’iperico o erba di San Giovanni.

Questa pianta cresce senza difficoltà nelle nostre zone e contiene l’ipericina e l’iperforina, responsabili insieme ai loro derivati dell’azione antidepressiva riconosciuta a questa pianta. In pratica, grazie a questi composti, si può sperare di avere un’azione sulla serotonina, un neurotrasmettitore. Attenzione però: se questa erba si associa a farmaci che hanno un’azione sovrapponibile si può avere una vera e propria sindrome patologica, chiamata serotoninergica, perché si accumula il neurotrasmettitore.

Come se non bastasse, l’erba di san Giovanni aumenta l’attività dei citocromi del fegato, enzimi che hanno il compito di presiedere all’eliminazione del farmaco, e quindi si può verificare una sorta di accelerazione nei tempi di “sparizione” del farmaco stesso dal sangue”. Questo può condurre anche alla riduzione dell’attività del farmaco nell’organismo. Per questo, oltre a non essere indicato per chi è in cura con antidepressivi, l’iperico andrebbe evitato da chi assume anticoagulanti, contraccettivi orali, ipoglicemizzanti orali, e altri farmaci metabolizzati dai citocromi in questione.

Altre erbe a cui prestare attenzione

Ovviamente, quello dell’erba di San Giovanni è davvero un caso limite. Ma non siamo di fronte all’unica erba che può interagire. Basta pensare in questo senso al tarassaco che favorisce la digestione ed ha un effetto diuretico. Viene spesso usato anche nelle dite per favorire l’eliminazione di liquidi, ma può dare anche potassio. Per questo, chi assume integratori o farmaci contenente potassio può avere iperdosaggi della sostanza.

Per chi deve fare i conti con l’intestino pigro invece a volte si può ricorrere alla senna. Tuttavia, se assunta sotto forma di lassativo per periodi prolungati, tuttavia, può interferire con la salute della mucosa intestinale. Infine pensate al biancospino, utilizzato contro l’insonnia e per la sua azione rilassante e calmante.

Chi assume digossina per il trattamento di patologie cardiache può avere interazioni con il farmaco. Infine, ricordate che chi ama l’aglio e ne usa a profusione, dovrebbe sapere che alla lunga e in quantità massicce il vegetale possa modificare i risultati attesi da chi assume farmaci che riducono la coagulazione del sangue, perché ne potenzia l’azione.

Attenzione ai vegetali nel piatto

Se le erbe assunte per terapia o per integrazione possono interferire nelle varie fasi di assorbimento, metabolismo ed eliminazione dei farmaci, ancor più complesso può essere il rapporto dei medicinali con gli alimenti. E non solo perché ci sono farmaci che vanno assunti a stomaco pieno, quindi dopo aver mangiato, o vuoto.

Volete qualche esempio? Pensate al succo di pompelmo che può anche interferire con la disponibilità nel sangue di alcuni medicinali, aumentandone l’effetto. Può accadere ad esempio per alcune benzodiazepine, composti usati contro l’ansia, per certi farmaci della famiglia dei calcio-antagonisti usati nel trattamento della pressione alta e per alcuni antiallergici.

Per chi beve latte o mangia molto formaggio, invece, attenzione se si è in cura con tetracicline (prodotti molto usati nella cura di infezioni della pelle e delle vie respiratorie), di etidronato (un farmaco impiegato nella prevenzione dell’osteoporosi) o di lassativi. Latte e latticini riducono l’efficacia antibatterica delle tetracicline, abbassano l’assorbimento del farmaco impiegato per rinforzare le ossa e possono anche modificare l’azione di alcuni lassativi.

Ancora. Se siete amanti del caffè ricordate che la caffeina. Va limitata se si assumono antibiotici che fanno parte della categoria dei chinolonici (ad esempio ciprofloxacina, enoxacina e norfloxacina), spesso impiegati nella cura delle cistiti. Anche chi sta prendendo la pillola contraccettiva contenente estrogeni e progestinici dovrebbe limitarne l’uso. Queste sostanze infatti possono amplificare l’effetto euforizzante della caffeina. Infine, se fate i conti con l’anemia da carenza di ferro fate attenzione al tè. Se si beve tè c’è il rischio di ridurre l’effettiva disponibilità di ferro per l’organismo.

L’importanza della prevenzione

Negli USA esiste un sistema di raccolta delle segnalazioni di interazione. Si chiama LiverTox, ed è realizzato sotto il controllo dei National Institutes of Health. Come dice il nome, si concentra su quanto avviene nel fegato e riporta i casi di tossicità dell’organo legati a erbe o di integratori che le contengono.

In Italia è attivo il sistema di fitovigilanza coordinato dall’ Istituto Superiore di Sanità, sviluppato dall’Università di Verona. È un utile strumento per la segnalazione, analisi ed approfondimenti sulle reazioni avverse, anche solo sospette, a prodotti naturali. Queste informazioni sono importanti soprattutto per alcune patologie oncologiche, con potenziali interazioni tra farmaci e rimedi. Ci sono pazienti che non riferiscono se stanno assumendo trattamenti complementari perché li ritengono “non farmaci”, mentre si sa che sono possibili interazioni tra i medicinali anticancro, gli integratori e i prodotti erboristici. Occorre che al malato venga specificamente chiesto non solo se assume altri farmaci, ma anche quali trattamenti “naturali” sta seguendo. Per il suo bene.

Fonti bibliografiche

A. P. Caputi, Interazioni erbe-farmaci, Istituto Superiore di Sanità

A. Schipani, Interazioni tra erbe aromatiche, spezie e farmaci, 68° Congresso Internazionale FIMMG, Roma, 4-9 novembre 2013

LiverTox, National Libary of Medicine

VigiErbe: il sistema online di fitovigilanza, Istituto Superiore di Sanità