Colite ulcerosa e malattia di Crohn, la ricerca per combattere l’infiammazione

Colpiscono soprattutto tra i 15-20 e i 35-40 anni, si cercano metodi per combattere l'infiammazione alla base delle malattie croniche intestinali

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Infiammazione. Non pensate solo al classico mal di gola o al dolore al ginocchio, ma provate ad immaginare quanto e come questo fenomeno può essere nocivo per l’organismo e come caratterizzi tante patologie. In particolare, l’infiammazione fa ancor più paura quando appare incontrollabile, perché si associa ad un meccanismo perverso che fa sì che il sistema immunitario dello stesso organismo, sbagliando, si scateni contro le sue parti. Questa è la situazione che si crea in diverse condizioni, dalla psoriasi all’artrite reumatoide, e caratterizza le malattie croniche infiammatorie intestinali o Mici.

Dagli esperti dell’Irccs Istituto Clinico Humanitas, che hanno presentato insieme agli studiosi di Galapagos Biopharma quanto si sta cercando di svelare, ecco le ultime novità nel settore. Il punto di partenza è la nuova prospettiva che concentra l’attenzione proprio sull’infiammazione, il meccanismo sotteso a queste malattie, considerandone sia le cause, tra cui quelle ambientali, che le conseguenze su tutto l’organismo, secondo un approccio integrato e multidisciplinare che privilegia la continuità e le interrelazioni tra le diverse malattie infiammatorie croniche. 

Occhi puntati sul microbiota e non solo

Anche se non ci si pensa, la composizione e la varietà dei batteri e degli altri organismi che vivono nel nostro apparato digerente possono aiutarci a capire la situazione. Una variazione del microbiota intestinale può infatti determinare un’infiammazione che dall’intestino tende a propagarsi anche ad altri organi. Un recente studio realizzato da Humanitas e pubblicato sulla rivista Science dimostra che nei casi di colite ulcerosa -, per impedire il propagarsi di una forte infiammazione intestinale, il cervello chiude una sorta di cancello posto nel plesso coroideo, con conseguenti stati si simil-ansia e depressione. Effetti spesso riscontrati nei pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali.

Ma questo è sicuramente solo un tassello del mosaico che disegna il quadro di quanti soffrono di malattie infiammatorie croniche intestinali: in Italia sono oltre 250.000 persone, delle quali un 60% circa con Colite Ulcerosa e il restante 40% con Malattia di Crohn. Queste malattie, in forte aumento nei Paesi a economia avanzata, si manifestano soprattutto con diarrea, spesso accompagnata da tracce di sangue, dolori addominali, vomito, astenia, febbre, e sono caratterizzate dall’alternanza tra periodi di riacutizzazione e periodi di remissione. Ma non basta.

In oltre il 40% dei casi dei casi le malattie infiammatorie croniche intestinali sono accompagnate da manifestazioni extraintestinali immunomediate associate. “Fino al 30% dei pazienti può avere artrite, il 10% manifestazioni cutanee immunomediate, il 5-6% infiammazioni alle vie biliari e al fegato – segnala Alessandro Armuzzi, Responsabile Unità Operativa IBD Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali di Humanitas, co-direttore dell’IBD Center di Humanitas e docente di Humanitas University – per questo non si può prescindere da un approccio multidisciplinare che comporta esiti migliori nell’individuazione di eventuali manifestazioni extraintestinali associate, ma anche nella loro gestione. L’obiettivo della terapia resta la remissione prolungata nel tempo, che significa assenza di sintomi, sia quelli direttamente riferiti dal paziente che in termini di anatomia della malattia, ovvero il ripristino della normale integrità della mucosa intestinale, senza diarrea e senza sanguinamento”.

In questo contesto, “la chirurgia non è più considerata come l’unica opzione, “l’ultima spiaggia” dopo aver esaurito le opzioni disponibili, quando il paziente era completamente defedato dai sintomi della malattia e dalla mancata risposta e immunosoppresso dalle terapie mediche, con inevitabili cattivi risultati – come ricorda Antonino Spinelli, Responsabile Unità Operativa Chirurgia del Colon e del Retto di Humanitas, co-direttore dell’IBD Center di Humanitas e docente di Humanitas University”.

Giovani a rischio

Con due picchi di incidenza collocati tra i 15-20 e i 35-40 anni, le Mici colpiscono persone nel pieno della loro vita sociale, lavorativa, familiare, con un impatto notevole, sia in termini di costi diretti, legati alla gestione della patologia, sia per quanto riguarda i costi indiretti, come la produttività sul lavoro, le pensioni di invalidità, i giorni di malattia.

“Per il tipo di impatto che queste patologie hanno sulla vita delle persone che ne sono colpite, per i loro sintomi peculiari, le Mici sono vere e proprie “malattie famigliari”: tutti i componenti della famiglia risentono in qualche modo del disagio causato da una malattia infiammatoria cronica intestinale – sottolinea Salvo Leone, Direttore Generale AMICI Onlus e Presidente EFCCA – European Federation of Crohn’s & Ulcerative Colitis Associations – ma l’impatto riguarda anche l’ambiente di lavoro: spesso il paziente deve assentarsi per visite e controlli senza che l’azienda e i colleghi siano consapevoli della sua condizione.

Un aiuto per i pazienti con Mici è arrivato in questi anni anche dalla tecnologia digitale, che permette di avvicinare l’ospedale al domicilio del paziente, riducendo la frequenza delle visite, se non quelle strettamente necessarie, e riducendo così anche le assenze dal lavoro e i costi diretti e indiretti”.