Psoriasi, l’ormone che diminuisce nelle donne il rischio di forme gravi

L'estradiolo potrebbe diventare uno strumento di cura della psoriasi: qual è il suo ruolo e perché protegge le donne

Foto di Federico Mereta

Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Si parla spesso di malattie di genere, con patologie che tendono ad interessare più frequentemente le donne rispetto agli uomini. Almeno sul fronte delle forme gravi di psoriasi, quelle più serie con lesioni diffuse e con ripetute riaccensioni della patologia, le donne sembrano però essere statisticamente a minor rischio.

Ora una ricerca giapponese prova a spiegare il perché di questa differenza. La chiave sarebbe da ricercare in un ormone femminile, l’estradiolo, che forse in futuro se i dati verranno confermati potrebbe anche diventare una sorta di potenziale trattamento per la patologia. Sia chiaro: siamo nel campo delle ipotesi ma stando a quanto gli esperti dell’Università Hamamatsu di Kyoto hanno pubblicato su Journal of Allergy and Clinical Immunology, pare proprio che l’estradiolo sia destinato ad assumere importanza sempre maggiore per comprendere cosa accade quando placche ed altre lesioni cutanee oltre al prurito interessano le donne.

Lo studio è sperimentale

L’estradiolo, stando a quanto riporta la ricerca, potrebbe essere in grado di contrastare la psoriasi e se da un lato potrebbe contribuire a spiegare il minor rischio di forme gravi nelle donne, dall’altro potrebbe anche diventare uno strumento di cura. Lo studio ha dapprima mostrato che topi senza estradiolo naturalmente prodotto dal corpo tengono ad esprimere un quadro di infiammazione cutanea. Poi, quando si è provveduto a somministrate l’ormone, si è avuto un calo di due specifiche citochine (in pratica in mediatori dell’infiammazione, in particolare l’Interleuchina-17 A e l’Interleuchina 1 beta) all’interno delle cellule che reagiscono all’infiammazione, con calo di quest’ultima.

Lo stesso effetto si è osservato, solamente in provetta, in globuli bianchi neutrofili umani. La sensazione è che l’estradiolo possa quindi rappresentare un elemento di freno per l’infiammazione legata alla malattia, contribuendo a regolare le cellule come specifici globuli bianchi che giocano un ruolo importante nel processo. Nell’attesa che queste ricerche vengano confermate, gli esperti segnalano come grazie alle terapie più moderne la pelle sia sempre più “pulita” per chi soffre di psoriasi, nelle diverse forme. Il dato emerge dal Congresso SIDeMaST tenutosi a Milano.

La psoriasi è la più famosa tra le patologie dermatologiche ed interessa ben 3 italiani su 100. Spesso erroneamente intesa come malattia puramente cutanea, si accompagna frequentemente a numerose comorbidità (articolari o cardiovascolari, per esempio) per cui occorre un trattamento terapeutico integrato e multidisciplinare. Da qualche anno è in atto una vera rivoluzione grazie ai farmaci biologici che, spegnendo l’infiammazione della pelle, permettono ad un numero sempre crescente di pazienti di recuperare una qualità di vita soddisfacente.

Importante la cura su misura

La presa in carico, la diagnosi precisa e la terapia perfettamente attagliata al paziente consentono oggi di affrontare la psoriasi con esiti nettamente migliori rispetto a qualche decennio fa. “I dati sul trattamento della psoriasi – spiega Angelo Valerio Marzano, Presidente del Congresso e Ordinario di Dermatologia Università degli Studi di Milano, Direttore UOC Dermatologia Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano – risentono delle differenti scelte di carattere regionale, ed è quindi difficile fare una stima corretta per tutto il territorio nazionale.

Per esempio nel Centro psoriasi al Policlinico di Milano seguiamo più di 1.500 pazienti e 900 sono in terapia biologica. E gli outcome (esiti), specie con i farmaci più recentemente introdotti, ci mostrano che nel 60-70% la pelle dei pazienti si pulisce completamente, e i restanti presentano un ottimo miglioramento. Il ventaglio terapeutico presente e futuro per questa patologia è molto ampio, però sintetizzando molto possiamo dire che disponiamo di farmaci biologici anti-TNF, anti-interleuchina 17 e anti-interleuchina 23”.

Va detto infine che anche per la psoriasi pustolosa, una forma rara della patologia rimasta per molto tempo orfana di terapie specifiche, si stanno individuando cure mirate. Questa è forse la forma più grave di psoriasi, caratterizzata da numerosissime pustole sterili diffuse sul corpo e da malessere generale, febbre, brividi. “Poiché è diversa dal punto di vista molecolare rispetto alla psoriasi comune – continua Marzano – è stato necessario progettare un approccio differente per poterla trattare.

Dopo tanto tempo sembra finalmente che questo approccio stia per dare i suoi frutti, grazie all’arrivo nel nostro arsenale terapeutico di un nuovo farmaco ad hoc, un anticorpo monoclonale, spesolimab, diretto contro il recettore dell’interleuchina 36, molecola chiave nella genesi della malattia”. Insomma: la psoriasi è sotto il faro della ricerca. E per chi ne soffre occorre andare oltre la pelle, per affrontare al meglio la malattia. Lo ricorda il cortometraggio “Spettri” diretto dal regista Paolo Santamaria, visibile sul web.