Sindrome dell’impostore: quando fatichi a prenderti i giusti meriti

Senti che i successi ottenuti sono solo frutto della fortuna e non opera tua? Scopri che cos’è e come riconoscere la sindrome dell’impostore

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Antonella Lobraico

Editor specializzata in Salute & Benessere

Specializzata nella comunicazione online, ha collaborato con testate giornalistiche, uffici stampa, redazioni tv, case editrici e agenzie web in progetti su Salute e Benessere.

Quando non si riconoscono i traguardi raggiunti (seppur con tanta fatica!), per cui quello che si fa non “è abbastanza”, ecco che ci si potrebbe trovare di fronte alla sindrome dell’impostore. Come una sorta di “paradosso”, il soggetto che ne soffre non riconosce come proprie le sue abilità e ha paura di essere smascherato da un momento all’altro proprio per questo.

Si tratta di una sindrome che può riguardare uomini e donne di ogni età, in particolare persone che ricoprono ruoli dirigenziali o anche di successo in settori come la finanza, la legge, la sanità, l’istruzione. Il primo passo per affrontarla è sicuramente riconoscerla e, quando necessario, chiedere un supporto da parte di un professionista del settore.

Quali sono i segnali della sindrome dell’impostore e come possiamo affrontarla? Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Marta Grasso, Psicoterapeuta relazionale familiare, Terapista EMDR, Psicologa forense.

Che cos’è

«L’espressione sindrome dell’impostore risale agli anni ’70 e fu utilizzata da due studiose, Pauline Clance e Suzanne Imes, per indicare l’esperienza di non sentirsi meritevoli del proprio successo, in particolare quello professionale.

Negli anni, si sono susseguiti diversi studi di questo fenomeno, che riguarda trasversalmente uomini e donne, più spesso con alti livelli di scolarizzazione ed elevata posizione lavorativa.

La persona con la “sindrome dell’impostore” tende a non sentirsi mai veramente capace, si paragona agli altri e li idealizza, ha la sensazione di poter fallire da un momento all’altro e di poter compromettere col più piccolo errore tutto ciò che ha provato a costruire fino a quel momento.

La sensazione di essere un impostore, immeritevole del proprio successo, della propria posizione, dei traguardi raggiunti, spinge la persona a vivere in preda al pericolo che tutti si accorgano di quanto sia immeritevole e incapace. Il problema, in altre parole, è nella percezione distorta di sé in relazione al mondo: una visione filtrata dall’ottica del “non sono abbastanza/capace/adeguato”», spiega la dottoressa.

Come si manifesta?

«La paura di essere smascherata da un momento all’altro, al primo inevitabile errore, crea nella persona vissuti di vergogna e angoscia. Può esserci molto rimuginio sul passato (dove ho sbagliato? dove avrei potuto fallire? cosa avranno pensato? cosa avrebbero pensato se…?), sul futuro (come evitare errori, fantasie su situazioni temute e reputate potenzialmente catastrofiche), sul presente (come mi vedono gli altri, confronto fra sé e altri idealizzati).

L’autocritica è spesso spietata e la paura del giudizio molto intensa, in quanto la persona proietta la propria visione negativa di sé sulle persone che ha intorno: gli altri vedranno ciò che io so già. La tendenza al perfezionismo e la ricerca di risultati eccellenti sono tentativi di risolvere il senso di disvalore personale, tuttavia inefficaci perché alimentano un circolo vizioso del tipo: so che non valgo, per mascherarlo devo fare sempre meglio e di più, ma più faccio e maggiori sono i riconoscimenti esterni, più aumenta l’angoscia di inciampare, rovinare tutto e rivelare la mia vera natura di impostore.

A volte, sono presenti anche sintomi ansioso-depressivi di media o alta intensità, che possono essere sia fonte che effetto della autosvalutazione», continua l’esperta.

Spesso infatti, la sindrome dell’impostore è associata anche a un senso di generale inadeguatezza e a una scarsa autostima personale che poi porta, appunto, ad attribuire il merito dei propri successi non a sé stessi e alle proprie capacitò, piuttosto a fattori esterni.

Cause

«La sindrome dell’impostore è il frutto di una distorta visione di sé: il non sentirsi mai abbastanza, privi di valore, incapaci, ha radici profonde da ricercare nella storia individuale. In termini generali, le esperienze relazionali durante il nostro sviluppo condizionano fortemente il modo in cui impariamo a percepirci. Crescendo, assorbiamo i messaggi impliciti ed espliciti di chi si prende cura di noi e la visione degli altri, di chi ci rispecchia la nostra immagine, diventando pian piano il nostro stesso sguardo su noi stessi. Per questo, la sindrome dell’impostore può riguardare sia chi, ad esempio, è stato molto investito di aspettative in famiglia, sia chi è invece stato trattato come difettato e incapace. È difficile trovare una radice del problema identica per tutti», continua la dottoressa Grasso.

Come trattarla?

«Può sembrare banale, ma riconoscere questo funzionamento è già un primo enorme passo perché implica identificare come problema il proprio modo di vedersi e non piuttosto il proprio modo di essere. Questa consapevolezza può portare alla ricerca di un aiuto professionale, una psicoterapia, che è il modo migliore per individuare la radice del problema, i circoli viziosi che lo alimentano e la strada da seguire per costruire una visione più realistica di sé», conclude l’esperta.

Conseguenze

Paure e timori, ad esempio, di esporsi o di essere giudicati/smascherati dagli altri, possono poi portare il soggetto a non vivere serenamente la propria vita. Quindi a non fare delle attività che invece potrebbero essere costruttive per sé stesso e per il proprio futuro. Inoltre, potrebbe sperimentare ansia e frustrazione, essere molto critico e vivere con un costante senso di colpa. Può anche aumentare il rischio di sperimentare il burnout.

Dunque, se si notano i sintomi descritti sopra, è bene chiedere consiglio a un professionista per intraprendere un percorso di psicoterapia.