Burnout: cos’è, cause e sintomi della sindrome da stress da lavoro

Troppo lavoro, rapporti sbagliati con colleghi o superiori e sovraccarico di mansioni possono minare la nostra serenità

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Andrea Costantino

Medico chirurgo

Medico abilitato alla professione, iscritto all'albo dei Medici e degli Odontoiatri di Siena.

“Fai quello che ami e non lavorerai neanche un giorno della tua vita”. Sebbene sia stato proprio un filosofo cinese a formulare per primo questa frase, oggi non possiamo non pensare quanto questa possa rivelarsi non attuale e collidente con la nostra frenetica routine lavorativa.

In un mondo proteso a raggiungere determinati standard di efficienza e costretto a rispondere a criteri di qualità, in una cornice lavorativa spesso impregnata di malsana competizione, si finisce vittime di riunioni, deadline, scadenze, scontri con figure di autorità non sempre compiacenti. Tutti questi fattori sono, inevitabilmente, cause primarie dei nostri periodi di stress, con pericolose ripercussioni sulla nostra salute mentale e fisica.

Sempre più spesso, anche nel linguaggio comune, sentiamo parlare di burnout, un processo stressogeno che può diventare un vero e proprio motivo di disagio per la nostra serenità quotidiana e per il nostro benessere psicofisico.

Cos’è il burnout

Nella nuova classificazione dell’OMS, il burn out è un fattore che influenza lo stato di salute o il ricorso ad assistenza sanitaria. Pur non essendo una malattia, l’OMS lo classifica fra le ragioni che spingono le persone – in particolare i lavoratori- a rivolgersi ai servizi sanitari.

L’Organizzazione mondiale della Sanità definisce il burnout come “una sindrome concettualizzata come conseguenza dello stress cronico sul posto di lavoro che non è stato gestito con successo”.

È caratterizzato da tre stati:

  • sentimenti di esaurimento o esaurimento energetico;
  • maggiore distanza mentale dal proprio lavoro, o sentimenti di negativismo o cinismo relativi al proprio lavoro;
  • ridotta efficacia professionale.

I segni e i sintomi del burnout

Christina Maslach, una delle più autorevoli ricercatrici sul tema, individua tre aspetti principali che caratterizzano questa sindrome.

Esaurimento fisico ed emotivo

Di fronte a delle richieste di lavoro incipienti o banali, le persone che sperimentano questa sindrome si sentono incapaci, prosciugate ed emotivamente esauste, non in grado di poter affrontare nuovi progetti lavorativi. Così, diventerà difficile svegliarsi la mattina ed utilizzare il weekend come momento di recupero delle energie.

I segni ed i sintomi legati a questa sfera sono:

  • Fatica cronica
  • Insonnia 
  • Problemi di memoria, difficoltà di concentrazione ed attenzione
  • Sintomi fisici (dolore toracico, palpitazioni cardiache, mancanza di respiro, dolore gastrointestinale, vertigini, svenimenti e/o mal di testa)
  • Alterazione dell’appetito
  • Ansia, tensione e nervosismo
  • Tristezza e depressione, accompagnate da sentimenti di colpa e inutilità. Nel peggiore dei casi, si potrebbero avere pensieri suicidari (in questo caso è fondamentale cercare immediatamente un aiuto professionale.)
  • Immotivati sentimenti di rabbia

Sensazione di alienazione dalle attività lavorative

Le persone in burnout percepiscono il loro lavoro come sempre più stressante e frustrante. Si diventa particolarmente insofferenti verso gli altri, siano questi intesi come coloro con cui ci si relaziona nell’ambito del contesto lavorativo (colleghi, datori di lavoro, pazienti, clienti…), diminuiscono vertiginosamente i sentimenti di empatia e gli atteggiamenti compassionevoli. Prevale una componente di cinismo “patologica”, con conseguente necessità di distanziamento emotivo e deterioramento progressivo dell’impegno nei confronti del lavoro.

Alcuni studiosi del fenomeno, in questa sfera specifica in cui si delinea il burnout, parlano di sentimenti di depersonalizzazione. I soggetti possono quindi manifestare:

  • Perdita di piacere e mancanza di divertimento (che possono estendersi a tutti gli ambiti della vita, compreso il tempo trascorso con famiglia e amici)
  • Pessimismo: può presentarsi sotto forma di dialogo interiore negativo o di pensieri catastrofici, fino a sfociare in problemi di fiducia con colleghi e familiari e nella sensazione di non poter contare su nessuno
  • Isolamento e resistenza alla socializzazione
  • Distacco dagli altri, dal proprio ambiente e dalle proprie responsabilità

Riduzione delle performance lavorative

Il burnout peggiora le performance lavorative, riducendo la motivazione, la concentrazione e la creatività. Maslach e Jackson descrivono così questo terzo segno distintivo del burnout: “I lavoratori si sentono insoddisfatti di se stessi e insoddisfatti dei risultati ottenuti sul lavoro”.

Con il progressivo calo delle prestazioni lavorative, le persone si sentono sempre più sopraffatte dalle richieste professionali ed avvertono di non essere in grado di rispondere adeguatamente ai loro compiti lavorativi, perdendo fiducia nelle proprie capacità.

Le cause del burnout

Le cause alla base del burnout sono evidentemente multifattoriali, riconoscendo un mix tra fattori personali ed il contesto organizzativo del proprio lavoro.

Tra le principali cause scatenanti la sindrome troviamo:

  • Carichi di lavoro eccessivi e protratti nel tempo
  • Senso di impotenza: il soggetto non ritiene che ciò che fa o vuole fare riesca ad influire sull’esito di un determinato evento
  • Mancanza di controllo sul proprio lavoro
  • Basso senso di appartenenza all’organizzazione
  • Tensioni tra colleghi e clima organizzativo non supportivo
  • Insicurezza lavorativa o mancanza di riconoscimento per il proprio lavoro
  • Lavoro monotono, ripetitivo o senza sfide e obiettivi
  • Ambiente lavorativo caotico o con pressioni eccessive
  • Assenza di equità: si ha disadattamento quando non viene percepita l’equità nell’ambiente di lavoro in ambiti quali, ad esempio, l’assegnazione dei carichi di lavoro e della retribuzione o l’attribuzione di promozioni e avanzamenti di carriera.

Le categorie lavorative a maggior rischio di burnout

Tra le professioni più colpite si segnalano le “professioni di aiuto”, quindi medici, infermieri, educatori, psicologi, assistenti sociali etc.

L’essere costantemente a contatto con i bisogni e le necessità altrui può favorire l’innestarsi di tutti quei meccanismi che abbiamo precedentemente citato, aumentando la necessità di sentimenti di resa e di pausa.

Gli operatori sanitari più a rischio sono coloro che si occupano di oncologia, AIDS e pazienti sieropositivi. Anche gli insegnanti possono subire il burnout, nella difficoltà a rapportarsi agli alunni, nell’insensibilità verso i loro problemi, nella percezione di inefficacia del loro insegnamento; tra questi, gli insegnanti di sostegno possono avere maggiore possibilità di sperimentare tale sindrome, per via delle ore di lavoro maggiori, per il carico di responsabilità nei confronti degli allievi fragili a loro affidati, della complessità della patologia di base di quest’ultimi nei confronti della quale possono non sentirsi adeguatamente preparati o venirne sopraffatti.

Tuttavia, tutte le professioni possono essere a rischio di burnout in contesti lavorativi stressanti e pressanti, come ad esempio quelli in cui vengono richieste grande responsabilità.

C’è una piccola nicchia di individui che può sperimentare una tipologia singolare di burnout rappresentata dai caregiver (parleremo in questo caso di caregiver burden): I caregiver sono una serie di figure preposte all’assistenza di persone malate, generalmente familiari (esempi possono essere rappresentati dai figli che si dedicano all’assistenza di un genitore con demenza, i genitori che si occupano dell’assistenza di un figlio disabile, figli che accudiscono un padre od una madre a cui è stata diagnosticata una patologia terminale).

Il caregiver burden è caratterizzato da un’ampia sintomatologia che comprende stati di ansia, umore depresso, disturbi del sonno ed un generale malessere emotivo che si ripercuote su più ambiti di vita dell’individuo, incidendo negativamente sulla sua qualità di vita globale.

Come riprendersi dal burnout

Coloro che pensano di potersi riconoscere in questo profilo patologico devono evidentemente fermarsi e chiedere aiuto. Il burnout è spesso un segno di disfunzione organizzativa o sociale, e non solo un problema individuale. Ciò significa che sarebbe necessario un approccio multilivello per garantire un intervento efficace. Da un punto di vista individuale, la psicoterapia può risultare di grande aiuto soprattutto quando il burnout porta allo sviluppo di altri problemi come depressione e ansia. La terapia può anche essere utile per identificare la causa principale del burnout e in che misura è possibile controllarlo.

Come suggerisce la psicoterapeuta Agnese Rossi dell’Humanitas Gavazzeni di Bergamo: “Dobbiamo allenarci (ed educare i figli fin da piccoli a farlo) a rinforzare le nostre capacità creative nella gestione del cambiamento, a tollerare le frustrazioni, ad elaborare dei meccanismi di difesa che siano costruttivi, a integrare la vita emotiva con quella cognitiva (non solo razionalizzare) e trovare tra di loro un equilibrio, imparando ad ascoltare il nostro interiore. Se il lavoro invade con irruenza la nostra vita privata, sarà necessario tracciare una linea netta di confine e ridare spazio alle relazioni, a ciò che ci rilassa e ci soddisfa e scollegarci da tutti i dispositivi elettronici che rischiano di tenerci ininterrottamente in contatto col lavoro, privandoci di pause sane e ricaricanti.”

Fonti bibliografiche: