Nadia Comaneci, una storia di dolore e rinascita

Un'atleta di fama mondiale, schiava del regime di Ceauşescu. Poi quel lieto fine, quando tutto sembra perduto

La verità è che a leggerla, questa storia, si ha come l’impressione di trovarsi davanti a uno di quei romanzi intensi che raccontano la storia tragica di una farfalla intrappolata nella tela di un ragno. Ma la vita di Nadia Comaneci non è frutto di una penna romanzata di qualche scrittore, il suo dolore e la rivincita personale, arrivata dopo tanto, troppo tempo, sono reali.

Nadia Comaneci, nata in Romania il 12 novembre 1961, è una delle atlete più grandiose del XX secolo, e ha manifestato da piccolissima il suo talento. Il tecnico rumeno Béla Károly nota quella bambina delle elementari e non ha dubbi sul suo futuro: diventerà un’atleta di fama mondiale. Nadia ha 6 anni quando entra nella scuola di Béla e Marta Károlyi, una scuola nota per gli allenamenti estremi, spietati. Cibo razionato, vessazioni fisiche e psicologiche come quelle denunciate ai giorni nostri dalle ex farfalle della ritmica italiana. Le sue giornate sono scandite da allenamenti durissimi, gare, punizioni nel caso in cui le regole ferree dettate dagli allenatori non vengano rispettate.

A 14 anni Nadia pesa meno di 40 chilogrammi ed è alta 155 centimetri. Una forma fisica che le consente di volare sugli attrezzi. Nadia lavora duramente per realizzare quel sogno senza neanche permettersi di sorridere, perché qualsiasi movimento avrebbe potuto far vacillare l’equilibrio di quel corpo leggero. Nel 1976 entra nella storia con suo “10 perfetto” alle Olimpiadi di Montreal. Ma quelli erano gli anni in cui la Romania era governata dal dittatore Niculae Ceausescu e dalla moglie Elena. Tutti la guardavano, tutti l’ammiravano, al punto tale che Ceausescu sceglie di “utilizzarla” per mostrare al mondo occidentale il potere della Romania: Nadia è un’eroina nazionale, e una pedina del regime.

Proprio alle Olimpiadi di Montreal 1976 Nadia incontra Bart Conner, un giovane ginnasta americano che guarda con ammirazione la sua giovane quanto determinata collega. Ma gli occhi di Bart non sono gli unici a posarsi sulla ragazza, a notare Nadia è Nicu Ceausescu, figlio del dittatore nonché uomo violento di 10 anni più grande che, senza chiedere il permesso si prende il corpo e l’anima dell’atleta.

Nadia Comaneci
Fonte: Getty Images
Nadia Comaneci a 14 anni, Montreal 1976

Gli anni successivi a quell’incontro sono per Nadia una sorta di discesa verso gli inferi, intrappolata in una relazione violenta, la ragazza scivola nei luoghi oscuri dell’anima dove nessuno vorrebbe andare mai. La Comaneci ritorna alle Olimpiadi nel 1980 ma la pressione è tanta. Fa un errore, cade durante un’esibizione, ma porta a casa lo stesso due ori e due argenti. Nadia è prigioniera del regime, spiata dagli agenti segreti non è libera di fare nulla. Abusa di cibo e ingrassa, si allontana da tutto e da tutti, persino dallo sport, fino a tentare il suicidio. Riesce a salvarsi, ma il regime occulta tutto così, deve ricominciare, da capo. Deve tornare a essere quella splendida campionessa per il quale il Paese è orgoglioso, così lo fa, sola e rassegnata. Infine nel 1984 si ritira dal mondo della ginnastica. Nel 1989 Nadia ha 28 anni e prende una decisione cruciale: meglio rischiare di morire piuttosto che continuare a vivere così. La notte del 27 novembre scappa da Bucarest, a piedi raggiunge Vienna. Va all’ambasciata americana e chiede l’asilo politico.

Non c’era alternativa. Meglio morire, mi sono detta, piuttosto che vivere da ricca, con tanti gioielli nel cassetto, tanta servitù, l’auto blu con autista in livrea e senza la libertà di muovermi come volevo, di andare dove volevo e di parlare con chi volevo. No, non potevo ricevere nessuno, né a casa mia né nei lussuosi alberghi in cui alloggiavo, viaggiando per la Romania ed in tutto il mondo, quando il signor Nicu Ceausescu ed il suo potentissimo padre Nicolae mi esibivano, sfruttando la mia popolarità, come fiore all’occhiello del regime. Ho rischiato di morire quella notte, certo, ma ho conquistato la libertà, che è il bene più prezioso per tutti, ricchi e poveri. (Nadia Comaneci)

La aiuta a fuggire Constantin Panait. Ma quello non è l’inizio della sua nuova vita, no, perché il salvatore dell’atleta, colui che l’ha aiutata a scappare, si trasformerà nel suo nuovo aguzzino. Ma vedete, questa è una storia di dolore e di rinascita e quella di Nadia, anche se attesa e sofferta, stava per arrivare, solo che lei ancora non lo sapeva.

A meno di un mese dalla sua fuga, nel dicembre 1989 cadrà il regime di Ceauşescu: il dittatore sarà giustiziato insieme alla moglie il 25 dicembre. Il figlio Nicu finirà in galera, ma sarà liberato nel 1992 per motivi di salute. Morirà nel 1996 di cirrosi epatica.

Nel 1990 Nadia e Bart Conner si ritrovano in uno studio televisivo. Sono passati 16 anni dalle Olimpiadi di Montreal del 1976, quando si erano conosciuti. Diventano amici e lui l’aiuta a liberarsi della relazione tossica che stava vivendo con Constantin. Lavorano insieme. Quattro anni dopo si fidanzano. Due anni dopo si sposano in Romania, proprio nella sua Bucarest, nella villa che era stata il suo carcere dorato, la stessa dove aveva cercato la morte. Torna lì per celebrare la ritrovata voglia di vivere, torna lì per celebrare la sua rinascita dopo gli anni terribili vissuti da schiava di Nicu Ceausescu, torna lì per gridare al mondo il suo amore per Bart. Nadia è viva, Nadia sta bene, Nadia è innamorata.

La Comaneci oggi è madre di Dylan Paul Connel, nato nel 2006. È molto impegnata nel sociale. Inoltre gestisce insieme al marito un’accademia di ginnastica. Oggi Nadia è felice.

Nadia Comaneci e il marito oggi (foto Getty)