Sovrappeso. Colpa di un’intolleranza?

Le intolleranze alimentari "vere" sono poche e possono indurre solo disturbi gastrointestinali o di altro genere, dicono gli esperti

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Luana Trumino

Editor specializzata in Salute & Benessere

Laureata in Scienze dell’Alimentazione e Nutrizione Umana, da oltre 15 anni scrive di benessere, occupandosi prevalentemente del rapporto tra nutrizione e salute.

Gonfiore addominale, incremento di peso o malattie metaboliche: sarà colpa di un’intolleranza? No, sottolineano i dietisti dell’Andid (Associazione nazionale dietisti) nel documento congiunto realizzato con le maggiori Società Scientifiche che si occupano del problema, della Federazione dell’Ordine dei Medici e del Ministero della Salute, dal titolo “Dieci regole per gestire le intolleranze alimentari”. Le intolleranze alimentari non sono responsabili di sovrappeso e obesità – dicono gli esperti – che sono invece condizioni causate prevalentemente da uno stile di vita inadeguato. Le intolleranze alimentari “vere” sono poche e possono indurre disturbi gastrointestinali o di altro genere.

 

No alle diete autogestite

Negli ultimi anni, però si è assistito a una enorme diffusione di regimi alimentari restrittivi basati su test diagnostici di “intolleranza alimentare” eseguiti sulle più differenti matrici biologiche (sangue, saliva, capelli), quali soluzioni salvifiche e detossificanti per l’organismo. Le diete di esclusione autogestite, inappropriate e restrittive, possono però comportare un rischio nutrizionale non trascurabile e, nei bambini, scarsa crescita e malnutrizione. Possono inoltre slatentizzare disturbi alimentari. Per questo, per esempio, è importante non eliminare il glutine dalla dieta senza una diagnosi certa di patologia glutine correlata o non eliminare latte e derivati dalla dieta senza una diagnosi certa di intolleranza al lattosio o di allergie alle proteine del latte. Quando si intraprende una dieta di esclusione, anche per un solo alimento o gruppo alimentare, devono essere fornite specifiche indicazioni nutrizionali al fine assicurare un adeguato apporto calorico e di macro e micronutrienti. Ricordiamo, dunque: il primo passo, prima di ricorrere a diete fai da te che potrebbero portare a carenze, è quello di rivolgersi al proprio medico e di stabilire se si tratti realmente di intolleranza.

 

No all’autodiagnosi

Se si sospetta una reazione indesiderata a seguito dell’ingestione di uno o più alimenti è necessario rivolgersi al proprio medico (dietologo, medico di medicina generale, pediatra di libera scelta, allergologo, diabetologo, endocrinologo, gastroenterologo, internista, pediatra), che valuterà l’invio allo specialista medico competente. Solo lo specialista è in grado di valutare quali indagini prescrivere per formulare la diagnosi più corretta. È infatti necessaria un’approfondita anamnesi della storia clinica e dei sintomi del paziente, per indirizzare sui test diagnostici più adeguati, al fine di evitare la prescrizione di accertamenti incongrui e di conseguenza diagnosi non corrette. Tuttavia, spesso i test non validati per la diagnosi di intolleranza alimentare vengono proposti da figure professionali eterogenee, non competenti, non abilitate e non autorizzate, anche non sanitarie. I test non validati sono: dosaggio IgG4, test citotossico, Alcat test, test elettrici (vega-test, elettroagopuntura di Voll, bioscreening, biostrengt test, sarm test, moratest), test kinesiologico, dria test, analisi del capello, iridologia, biorisonanza, pulse test, riflesso cardiaco auricolare.

Non facciamoci abbindolare, quindi! Si tratta spesso di procedure costose, prive di qualsiasi dimostrazione scientifica e del tutto inaffidabili. Ritardano la diagnosi e possono portare a restrizioni alimentari inutili con rischio di malnutrizione. Affidiamoci sempre alla consulenza del nostro medico di fiducia.