Morte improvvisa cardiaca, cosa sappiamo e cosa dobbiamo scoprire

La morte cardiaca improvvisa colpisce circa 5 milioni di persone l'anno: le cause più comuni e le tecniche per prevenirla

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Mettete insieme alcuni tra i massimi esperti che, nel mondo, si occupano della morte cardiaca improvvisa. Fate esaminare loro le conoscenze e le problematiche ancora da svelare. Arriverete ad un documento che indica ciò che bisogna fare per limitare questa condizione ed affrontarla al meglio. Ebbene, il resoconto della Commissione internazionale sulle attuali conoscenze di questa causa di morte è apparso su Lancet, una delle riviste scientifiche più importanti, che colpisce circa 5 milioni di persone all’anno. Tra gli esperti che hanno sviscerato la situazione Lia Crotti, docente all’Università di Milano Bicocca e direttrice del Centro Cardiomiopatie e dell’unità di riabilitazione cardiologica di Auxologio Irccs di Milano.

Perché si verifica la morte improvvisa

I decessi di questo tipo sono prevalentemente il risultato di malattie cardiache, talvolta misconosciute, che causano nella vittima fibrillazione ventricolare e arresto cardiaco.  L’infarto miocardico rimane la causa principale, ma soprattutto nei giovani e negli atleti hanno un ruolo di primo piano le malattie aritmogene ereditarie come le cardiomiopatie e le canalopatie.

Infarto del miocardio e malattie coronariche, croniche o acute, sono in ogni caso le cause di morte improvvisa in circa 3/4 dei casi nella popolazione al di sopra dei 40 anni, mentre i rimanenti sono dovuti ad anomalie del muscolo cardiaco (cardiomiopatie) o dei canali ionici (canalopatie), entrambe per lo più di carattere ereditario che rappresentano la causa più frequente di morte improvvisa tra i giovani. Dati recenti dimostrano che in futuro le malattie coronariche aumenteranno nei paesi in via di sviluppo, dato chiaramente allarmante per la comunità mondiale.

In alcuni scenari specifici (ad esempio gli arresti cardiaci improvvisi legati allo sport), quando si osserva una diminuzione dei casi di morti improvvise che si verificano in un anno, questa riduzione è dovuta non tanto alla riduzione del numero di arresti cardiaci improvvisi, quanto alla miglior sopravvivenza all’ arresto cardiaco, grazie alla precoce implementazione di manovre di rianimazione cardiopolmonare e all’uso del defibrillatore semiautomatico.

Il peso della genetica nella morte improvvisa

È ancora molto complesso individuare le persone a rischio di arresto cardiaco improvviso. Quindi la prevenzione e la gestione dei fattori di rischio tradizionali per le malattie coronariche e l’infarto (ipertensione, ipercolesterolemia, sedentarietà, fumo, diabete ecc.) sono verosimilmente il modo più efficace per ridurre il numero di morti improvvise.

Nei pazienti con nota cardiopatia, i cardiologi possono prevenire la morte improvvisa attraverso l’implementazione di terapie specifiche e nei casi a più alto rischio con l’impianto di un defibrillatore. Nelle forme geneticamente determinate, come le canalopatie e le cardiomiopatie la genetica può aiutare sia nella diagnosi precoce sia nel migliorare la stratificazione del rischio e quindi nell’individuare i pazienti con forme più maligne di malattia che possono beneficiare di un defibrillatore impiantabile. In questo caso attraverso la diagnosi precoce e l’implementazione di adeguate terapia possiamo in effetti prevenire la morte cardiaca improvvisa.

Prevenire la morte improvvisa è difficile

Come riporta la rivista, la commissione propone approcci innovativi per la prevenzione della morte cardiaca improvvisa, anche attraverso l’utilizzo di nuovi strumenti come l’intelligenza artificiale.

“Vogliamo capire meglio i meccanismi che portano alla morte improvvisa – spiega Lia Crotti. La maggior parte delle persone che muoiono improvvisamente, anche se giovani, non sono sottoposte ad autopsia, e questo ci impedisce di capire la causa della morte e di individuare possibili cause genetico-familiari. L’autopsia associata ad uno screening genetico, la cosiddetta autopsia molecolare, può rappresentare l’unica possibilità di fare diagnosi fondamentale per individuare gli altri membri della famiglia affetti e di prevenire quindi nuovi casi di morte improvvisa nella famiglia.  Dobbiamo cercare di diffondere questo messaggio non solo tra i medici, ma anche nella popolazione generale e dobbiamo cercare di avere un impatto anche a livello politico affinché ci sia un cambio della regolamentazione che renda l’autopsia obbligatoria specie nelle morti improvvise in giovane età”.

Fondamentale agire subito

In caso di arresto cardiaco, i fattori chiave che portano a una migliore sopravvivenza sono semplici e ben noti: massaggio cardiaco immediato e l’uso di un defibrillatore prima dell’arrivo dei soccorsi.

“Le recenti esperienze Europee e Giapponesi dimostrano che se il massaggio cardiaco e la defibrillazione vengono effettuati entro pochi minuti dall’evento, è possibile raggiungere tassi di sopravvivenza superiori all’80% tra i più giovani che praticano sport al momento dell’evento – sottolinea l’esperta, ricordando che: ogni minuto che passa, perdiamo il 10% di possibilità di sopravvivenza”. Questo scenario è ben differente dalle medie nazionali (valide nella maggior parte delle nazioni) dove si riscontra una sopravvivenza inferiore al 10%.

“Dobbiamo educare la popolazione all’esecuzione delle manovre di rianimazione cardiopolmonare, iniziando a farlo nelle scuole, dobbiamo installare defibrillatori in luoghi pubblici, lavorare su nuovi strumenti che portino i defibrillatori in loco (es. droni) e dobbiamo rendere obbligatorie le certificazioni per la rianimazione cardio-respiratoria – segnala ancora Crotti. L’obbiettivo della commissione è quello di raggiungere gradualmente un incremento della sopravvivenza dopo un arresto, puntiamo ad un 30% entro il 2030 e a un 50% entro il 2050”.

Bisogna migliorare la riabilitazione dopo l’evento acuto

Altre raccomandazioni, oltre a prevenzione e rianimazione, includono un terzo aspetto, ovvero quello della riabilitazione dei sopravvissuti. “Solo perché il paziente è stato abbastanza fortunato da uscire vivo dall’ospedale non significa che abbia superato tutto. Il paziente va aiutato a recuperare da eventuali disturbi neurologici e cognitivi, e inoltre spesso si sottovaluta l’impatto psicologico che un arresto cardiaca ha su un paziente e anche sui suoi famigliari – dice l’esperta. Bisogna quindi anche lavorare per un miglioramento della qualità di vita, dando gli adeguati supporti psicologici. Infine è fondamentale capire le cause dell’arresto e identificare eventuali forme familiari, per cui specie negli arresti cardiaci in giovane età anche i familiari vanno presi in carico”.