C’è chi teme che i virus dell’influenza in arrivo siano particolarmente aggressivi. Capita più o meno ad una persona su due. E la percentuale è simile se si considera Covid: per più di una persona su due sarebbe solo una “normale infezione virale”.
Insomma, leggendo le cifre della ricerca condotta da Human Highway per Assosalute, si manifesta una volta di più una sorta di “divisione” nell’atteggiamento degli italiani nei confronti dei virus di stagione. C’è chi tende a sottovalutarli e c’è chi li teme in modo particolare.
Ma cosa dobbiamo aspettarci? Proviamo a capire assieme a Fabrizio Pregliasco, Direttore della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva – Università degli Studi di Milano – Direttore Sanitario dell’I.R.C.C.S. Ospedale Galeazzi Sant’Ambrogio di Milano.
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Quali virus ci attendiamo
Complice anche il diffondersi, spesso con segni e sintomi leggeri, delle diverse varianti del virus sars-CoV-2 e dei tanti ceppi circolanti anche nei mesi estivi, si ha la sensazione che non ci siano più le classiche stagioni di tosse, mal di gola, febbre e sintomi respiratori.
“Anche durante l’estate – fa notare Pregliasco – a causa degli sbalzi termici, i livelli di contagio non sono scesi sotto la soglia critica, con una persistenza di infezioni causate non solo da virus influenzali, ma anche da “virus cugini”, come il virus respiratorio sinciziale (RSV), il rinovirus, il metapneumovirus e i virus parainfluenzali, insieme al contributo del Covid-19 e di alcuni batteri che hanno provocato problemi polmonari.”
Ed allora? Allora aspettiamoci la classica recrudescenza dei mesi invernali, con questi virus e tanti altri ceppi parainfluenzali che continueranno a circolare anche nei prossimi mesi. Il che significa che per molti ci sarà da affrontare qualche giorno di malessere, genericamente definito influenza anche se non si tratta di ciò.
Secondo Pregliasco, mescolando tutti i virus, c’è da attendersi una stagione “piuttosto intensa, simile a quella del 2022 e più vivace rispetto allo scorso anno, con circa 14 milioni e mezzo di casi di influenza e infezioni respiratorie, tra cui il SARS-CoV-2. Se tra i principali virus in circolazione, per l’influenza segnalo l’A/H1N1 e l’A/H3N2 per quanto riguarda il Covid19, la variante che si diffonderà nei prossimi mesi è la Xec che è immunoevasiva. Ci aspettiamo quindi in autunno una presenza importante del SARS-CoV-2”.
Quando si deve parlare di influenza e come proteggersi
L’influenza si distingue dagli altri virus respiratori per tre caratteristiche principali: un esordio rapido della febbre alta superiore ai 38 gradi, la presenza di almeno un sintomo respiratorio (come tosse o mal di gola) e almeno un sintomo sistemico, come dolori muscolari, articolari o una sensazione di spossatezza generale. Questi segnali aiutano a riconoscerla rispetto ad altre infezioni virali.
Sul fronte della prevenzione, la vaccinazione rappresenta una difesa ottimale. “La vaccinazione contro il Covid-19 e l’influenza rimane altamente raccomandata, e i richiami sono essenziali per mantenere una protezione adeguata – fa sapere l’esperto. Negli anni precedenti, la campagna di vaccinazione antinfluenzale aveva visto un notevole incremento, in parte dovuto alla preoccupazione per il Covid-19, che aveva spinto molte persone a vaccinarsi.
Tuttavia, attualmente si osserva una certa flessione nella copertura vaccinale. Circa il 50% delle persone oltre i 65 anni si vaccina contro l’influenza, una percentuale che rimane insufficiente per garantire una protezione efficace a livello di popolazione. È fondamentale considerare la vaccinazione antinfluenzale non solo come un’opportunità per proteggersi, ma anche come una raccomandazione sempre più importante, soprattutto per gli anziani e le persone fragili”.
La ricerca peraltro dice che per molti, il vaccino antinfluenzale è ormai una routine (40,7%), spesso consigliata dal medico (nel 25% dei casi). La motivazione principale è proteggere sé stessi e i propri cari, specialmente dai rischi di contagio dei bambini. In vista della prossima stagione influenzale, il 34% degli intervistati ha dichiarato l’intenzione di fare il vaccino, mentre il 47% lo ritiene improbabile. I più propensi alla vaccinazione sono gli over 45 (40%), sotto consiglio del medico, e gli over 65 (60,5%) che dichiarano di volerla fare prossimamente.
Cosa non dobbiamo fare
Secondo Pregliasco, è importante evitare di mettersi in situazioni di rischio e di contagiare gli altri quando si è malati. Il concetto di “non fare gli eroi” implica non esporre le persone vulnerabili a rischi aggiuntivi e non minimizzare la propria condizione per continuare a interagire socialmente. La responsabilità è fondamentale per proteggere le persone fragili, come gli anziani, da infezioni.
Capitolo cure. Ricordiamo sempre che gli antibiotici non sono efficaci contro le infezioni virali e il loro uso eccessivo o sbagliato può portare a resistenza agli antibiotici. È essenziale che i pazienti siano consapevoli che gli antibiotici devono essere prescritti dal medico e solo quando strettamente necessario, ad esempio in caso di complicazioni batteriche. L’uso indiscriminato di antibiotici può aggravare la problematica della resistenza e non contribuisce al trattamento delle infezioni virali.
Come ci comportiamo di fronte ai sintomi dell’influenza (e non solo)?
Secondo l’indagine di Human Highway, gli italiani sembrano continuare ad adottare buone pratiche di comportamento. Il 49,3% ritiene che la scelta più prudente, in caso di malessere, sia riposare, assumere medicinali da banco (o di automedicazione) e contattare il medico solo se dopo tre giorni non si osserva alcun miglioramento.
Un altro 22,4% preferisce, invece, rivolgersi immediatamente al medico di base alla comparsa dei primi sintomi, sebbene questa percentuale sia in calo rispetto ai picchi del 2020/2021. Le donne, in particolare, sono più inclini al ricorso ai farmaci di automedicazione: il 57% di loro considera riposo, medicinali da banco e il contatto del medico solo in caso di mancato miglioramento la scelta migliore, rispetto al 42,5% degli uomini.
Gli over 65, invece, mostrano una maggiore propensione a contattare subito il medico e attribuiscono un’importanza superiore alla vaccinazione antinfluenzale. In caso di comparsa dei sintomi da raffreddamento, il 40% degli italiani considera corretto eseguire un tampone antigenico, 1 su 3 adotta un approccio flessibile, mentre il 24,1% ritiene non sia necessario. Sono i giovanissimi (18–24 anni) e la fascia d’età 55-64 anni i più favorevoli al test, con quasi il 47% che lo considera una buona pratica.