Insonnia, come incide sulla mobilità delle donne: a rischio muscoli e articolazioni

L'insonnia può influire sulle possibilità di movimento, specialmente nelle donne: perché è un disturbo che non va sottovalutato

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 1 Aprile 2025 15:13

Quando si parla d’insonnia, ci si riferisce ad una malattia che impatta non solo sul riposo notturno ma su tutte le 24 ore. E non solo sul fronte psicologico, perché se dormiamo male ci sentiamo più stanchi o irritabili.

Perché in caso d’insonnia il software all’interno del nostro cervello presenta qualche alterazione: se è troppo debole o funziona male porta l’individuo ad avere dei problemi con questa sorta di pilota automatico. Queste difficoltà, magari legate a risvegli precoci, difficoltà di addormentamento, riposo interrotto, diventano una minaccia anche per l’attività fisica. Al punto da influire sulle possibilità di movimento, nel tempo, almeno nelle donne. Anche e soprattutto se fanno i conti con malattie croniche.

Attenzione alle apnee notturne diabete ed artrosi

La ricerca che associa capacità di movimento e disturbi del sonno è stata pubblicata su Sleep Epidemiology ed è stata condotta dagli esperti dell’Università del Michigan. I ricercatori hanno preso in esame le informazioni del Nurse’s Health Study, che segue nel tempo oltre 70.000 infermiere donne seguite nel tempo con sondaggi ripetuti ogni due anni, concentrandosi sull’impatto del sonno sulla mobilità futura, con un’attenzione particolare alle condizioni di salute croniche che notoriamente influenzano la mobilità.

Cosa emerge? Sostanzialmente che chi presenta una cattiva salute del sonno tende ad avere un declino della mobilità negli otto anni successivi a una diagnosi di malattia cronica. In particolare si è visto che le donne con diabete, artrosi ed altre malattie reumatologiche o sclerosi multipla che presentavano anche segni o sintomi di apnea notturna ostruttiva avevano maggiori probabilità di avere problemi di mobilità futuri rispetto a chi non soffriva di apnee.

“Il sonno poco soddisfacente è spesso trascurato o ritenuto una conseguenza dell’invecchiamento, del declino funzionale o della disabilità in coloro che soffrono di condizioni di salute croniche – segnala in una nota uno degli autori, Tiffany J. Braley. Tuttavia, i disturbi del sonno possono anche essere un fattore a monte di questi problemi”.

Importante affrontare l’insonnia per muoversi bene

Identificare e trattare le problematiche del sonno, insomma, può favorire anche una migliore mobilità. “Nelle nostre esperienze cliniche in contesti medici e riabilitativi, abbiamo osservato che il modo in cui una persona dorme può avere un impatto diretto sul modo in cui si impegna in attività fisiche come parte del suo trattamento o autogestione – è il parere del primo autore Daniel Whibley, dell’Università del Michigan”.

Oltre alle apnee notturne, insomma, bisogna anche fare in modo che le persone per star bene abbiano un riposo valido per quantità e qualità. Dalla ricerca emerge infatti che i segni di apnea notturna ostruttiva, una durata del sonno diversa da quella consigliata nelle linee guida raccomandate o comunque la percezione di un sonno inadeguato sono tutti fattori che si associano ad un incremento dell’uso futuro di dispositivi di assistenza per aiutare la mobilità, come un bastone o una sedia a rotelle. Per questo è importante “non dormirci sopra” considerando anche che nella maggior parte dei casi i disturbi del sonno possono essere affrontati.

Come affrontare l’insonnia

Il primo grande passaggio da fare è parlare delle proprie difficoltà a prendere sonno con il medico. E non bisogna considerare esclusivamente la durata del riposo notturno.  L’insonnia si manifesta infatti in molti modi: alcuni individui lamentano difficoltà a prendere sonno, altri si addormentano subito ma si svegliano dopo quattro ore e non riescono più ad addormentarsi o rimangono uno stato di dormiveglia, poi ci sono quelli che prendono sonno ma si svegliano spesso, si riaddormentano e si svegliano ancora.

Infine, esistono soggetti geneticamente mattutini e altri che, sempre su base genetica, tendono a svegliarsi molto tardi. Per questo, caso per caso, è importante trovare soluzioni mirate che debbono comunque partire dalle tecniche di “igiene del sonno” ovvero una serie di regole e comportamenti che è bene seguire e adottare per favorire un riposo notturno di qualità. Starà poi al medico definire altri percorsi, a partire dalla terapia cognitivo-comportamentale per giungere a soluzioni farmacologiche.

L’importante è darsi da fare. Chi fa i conti con l’insonnia, solo per citare un esempio, vedere aumentare di tre volte il rischio di andare incontro ad umore cupo e depressione rispetto a chi ha un sonno normale. E spesso può essere poco motivato a dedicarsi all’esercizio fisico o per partecipare ad attività sociali. Aprendo così un circolo vizioso che porta appunto ad aver meno voglia di muoversi. Con le conseguenze di cui sopra.

Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.