Polmonite da Pneumococco, come riconoscerla e perché si confonde con la ricaduta dell’influenza

L'influenza tende a lasciare strascichi invisibili. Un campanello d'allarme per la polmonite è la tosse persistente: cosa fare

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 28 Gennaio 2025 13:06

I virus che circolano sono tanti. Non passa giorno che le cronache non riportino casi di influenza in crescita ma anche la diffusione a tappeto di altri ceppi virali che attaccano le vie respiratorie. Pensate solo al Virus Respiratorio Sinciziale o RSV, allo stesso Sars-CoV-2 responsabile di Covid nelle più recenti varianti, a virus meno problematici ma pur fastidiosi come i Rhinovirus o gli Adenovirus.

I sintomi di queste infezioni vanno dal naso chiuso e dagli starnuti fino al mal di testa, alla debolezza e alla febbre, più tipici delle forme influenzali. Come accade con i virus, i disturbi iniziano, raggiungono un picco e poi dopo qualche giorno si autolimitano.

Le terapie, quindi, hanno il compito di lenire i sintomi, senza agire direttamente sul virus responsabile del quadro. Il problema è che l’influenza tende a lasciare strascichi invisibili, più di altri virus più leggeri, soprattutto per le persone più fragili per età o per patologia. Per questo si consiglia fortemente il vaccino preventivo, al fine di limitare per quanto possibile impatto della patologia influenzale.  Ma non bisogna dimenticare che l’influenza può ridurre le difese immunitarie. In pratica, ci rende più esposti. E può capitare che i sintomi riprendano, magari anche più intensi. In questi casi il medico può sospettare una sovrainfezione. E spesso si parla di polmonite da pneumococco.

La tosse che non si ferma

C’è un sintomo che non va mai sottovalutato, specie se la febbre e gli altri sintomi sono ormai calati e il quadro sembra riaccendersi come fosse una recidiva della stessa infezione virale. La polmonite batterica, in particolare, si può sospettare quando la tosse non tende a limitarsi e persiste per alcuni giorni. Ancor di più deve preoccupare una tosse inizialmente secca, senza catarro.

In questi casi, e si tratta solo di esempi, bisogna fare riferimento al medico per un approccio specifico, anche considerando il ruolo dello pneumococco o Streptococcus pneumoniae. Si tratta di un batterio che viene trasmesso e si diffonde per via aerogena attraverso la tosse, gli starnuti, le goccioline di saliva durante la fonazione.

Solitamente, quando avviene il contatto con un organismo e la conseguente infezione, lo pneumococco si posiziona a livello delle vie aeree superiori, nel tratto oro-faringeo che viene colonizzato dal batterio il quale inizia a riprodursi e a spostarsi nei siti dove trova l’ambiente più congeniale a provocare la malattia.

Le sedi privilegiate nei bambini sono l’orecchio medio, l’otite media è una manifestazione molto frequentemente causata da una precedente infezione da pneumococco, i seni paranasali con conseguente sinusite, e i polmoni dove il batterio può causare bronchiti e polmoniti.

Perché può essere pericoloso

A volte lo pneumococco può anche spostarsi in sedi più vitali come il cervello, quando oltrepassa la barriera emato-encefalica, causando meningite e, sempre a livello polmonare, può dare una compromissione pleurica; nel caso in cui lo pneumococco diffonde nel peritoneo, invade il sangue provocando una batteriemia, malattia molto grave che può evolvere in sepsi. La polmonite batteriemica insieme alla meningite e alla sepsi formano la triade delle malattie invasive da pneumococco, patologie a maggiore severità e con elevato livello di letalità.

Ovviamente le malattie da pneumococco vengono favorite da alcune particolari situazioni, la più importante delle quali è l’età. La popolazione che invecchia perde sempre più l’efficacia immunitaria che ha un’azione di controllo sui microrganismi e le infezioni, ne consegue che le persone anziane sono maggiormente soggette a malattie pneumococciche più severe, un esempio è la polmonite, malattia assai frequente tra gli anziani che spesso richiede un ricovero, a volte tanto severa da richiedere l’ingresso in rianimazione e gravata da un elevato rischio di mortalità.

Come si arriva alla diagnosi

Lo pneumococco è uno di quei microrganismi che si avvale della minore capacità della risposta immunitaria nei suoi confronti. E per questo un’infezione virale delle vie respiratorie può aprire la porta al batterio specie per alcune persone. Oltre all’età avanzata, bisogna ricordare che tutte le malattie croniche si instaurano con la complicità di un sistema immunitario che funziona ma non al meglio. Una qualunque di queste malattie indebolisce l’organismo e lo rende meno capace di rispondere alle infezioni.

Lo pneumococco, come altri microrganismi, ne approfitta dando luogo a forme più gravi tanto che abbiamo tassi di ospedalizzazione in soggetti con malattie croniche 10-15 volte maggiori rispetto a soggetti della stessa età senza malattie croniche.

Una volta avvenuto il contagio, il batterio si riproduce e può, come abbiamo detto, invadere un organo o entrare nel circolo sanguigno. La malattia, che rappresenta la fase successiva all’infezione, si può manifestare con una sintomatologia piuttosto ampia ma specifica: difficoltà respiratoria, dolore toracico, febbre elevata, mal di testa, eventuali sintomi meningei, spossatezza, tosse, reperto radiologico di effusione dei polmoni se questi sono colpiti, grande gravità del quadro clinico generale in caso di batteriemia.

A quel punto il sospetto è forte, il soggetto viene ricoverato e sottoposto ad esami ematochimici specifici e ad esami strumentali come la Tac. I dati di laboratorio indicano un coinvolgimento batterico per l’aumento dei globuli bianchi, degli indici di flogosi e infiammazione. A questo punto viene fatta la diagnosi e, tramite tecniche colturali e di biologia molecolare, si può procedere anche alla identificazione del patogeno e del sierotipo coinvolto. Certamente tra i tanti patogeni, lo pneumococco è quello che determina le polmoniti più gravi.

Cosa si può fare

Gli anziani sono i soggetti che pagano il maggior tributo in termini di severità di malattia da pneumococco. La maggior parte delle polmoniti severe (più di due su tre) interessa soggetti over- 65 anni di età e persone con da malattie croniche. Insomma è l’anziano che, per la sua fragilità, rischia di più di ammalarsi di malattia pneumococcica e di grado più severo. Per quanto riguarda le polmoniti più gravi, lo pneumococco è il microrganismo più frequentemente implicato nella genesi dei quadri, che possono anche portare al ricovero in molti casi.

Insomma. Le polmoniti sono una malattia importante e molto frequente che, soprattutto negli anziani, aumentano come tasso di ricovero e maggiore severità nella popolazione avanti con gli anni. e si possono prevenire con la vaccinazione.