Belve, pagelle della prima puntata: Impacciatore autentica (9), Guetta faticosa (5)

Belve riparte con Impacciatore emotiva, Jacobs sincero, Guetta confusa e una Fagnani più morbida del solito. Ma il morso, quando serve, c’è

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Francesca Secci

Giornalista

Sarda, ma anche molto umbra. Giornalista pubblicista, sogno di una vita, da maggio 2023, scrive soprattutto di argomenti che riguardano l’attualità.

Pubblicato: 30 Aprile 2025 06:00

Rieccoci qua: Belve è tornato e ci era mancato. Dopo una settimana di pausa, la nuova stagione del programma di Francesca Fagnani ha debuttato su Rai 2 martedì 29 aprile con una puntata ricca di nomi, momenti ironici e confessioni forti. L’apertura è nel segno dell’umorismo tagliente della conduttrice: la prima ospite, Sabrina Impacciatore, è “l’unica star internazionale che può vantare sia il Cruciverbone che una candidatura agli Emmy”; il secondo, Marcell Jacobs, è “venuto di corsa”, e la terza, Nathalie Guetta, “voleva diventare un personaggio di Fellini e invece è diventata la perpetua di Don Matteo. Vabbè, dai, c’eravamo quasi”.

Ad accompagnare la puntata anche la voce di Serena Brancale, presenza fissa in studio con reinterpretazioni musicali in stile personale. Per lei non bastano le pagelle, ci vorrebbe un registro intero per mettere i voti alti a mille zeri.

Tre interviste, tre modi di raccontarsi e una certezza: Belve resta uno dei pochi spazi dove gli ospiti riescono a dire davvero qualcosa. Vediamo com’è andata.

Sabrina Impacciatore, emotiva e incontenibile. Voto 9

Se qualcuno cercava una definizione vivente di “verginità emotiva”, l’ha trovata. Sabrina Impacciatore, ospite della prima puntata di Belve, ha confermato quello che già sapevamo: non si può prevedere, contenere o classificare. Un flusso ininterrotto di emozioni, parole, associazioni mentali e confessioni intime, senza alcun filtro e con una vulnerabilità così trasparente da disarmare. La sua belva? “Sono lo zoo”, dice. Poi salmone, cavallina imbizzarrita, lucciola, daino.

L’intervista è viva, intensa, trascinante, ma a tratti anche segnata da una certa sovrabbondanza di orgoglio personale che rischia di traboccare e sbrodolare. Ma in fondo è un momento di enorme rivalsa per lei, e quindi glielo perdoniamo. La Impacciatore rivendica i propri successi con un entusiasmo che in alcuni momenti rischia di scivolare nella celebrazione di sé, soprattutto quando parla della candidatura agli Emmy, dei riconoscimenti internazionali, o del fascino che esercita da sempre sul mondo queer.

Racconta con naturalezza anche la dolorosa esclusione da Non ti muovere e la scoperta della sua parte maschile in una notte d’amore con una donna. Sabrina è così: sempre al confine tra recita e verità, capace di essere sia emozionante che, a tratti, eccessiva. Ma è proprio in questa imperfezione che riesce a conquistare. Voto 9.

Marcell Jacobs, sincero e trattenuto. Voto 7

Marcell Jacobs si racconta con un tono sobrio, senza mai scivolare nella retorica o nell’autocelebrazione. Non cerca alibi, non indulge in drammi inutili. Parla con lucidità del padre assente, della madre che lo ha cresciuto da sola, del muro che si era costruito dentro di sé e che ha dovuto abbattere prima delle Olimpiadi. Insomma, un atleta vero.

Jacobs porta con sè tutte le ferite mal ricucite di traumi avuti da bambino, come il fatto di crescere senza un papà che lo amasse. Ricorda i disegni scolastici in cui raffigurava solo la madre e descrive con sincerità il senso di vuoto che si portava dietro. Non c’è autocommiserazione, solo la necessità di spiegare come la fatica personale si sia intrecciata con quella sportiva.

Quando racconta del suo percorso verso Tokyo, non cerca mai di rendersi più eroico di quello che è. Apre uno spiraglio sulle sue paure, sulla tensione insostenibile vissuta alla vigilia delle gare, sulla necessità di rivolgersi a una mental coach per superare il blocco. “Questa la vinco io”, dice di aver pensato ai blocchi di partenza, mostrando quella determinazione silenziosa che lo distingue.

Risponde anche sulle accuse di doping senza mai irrigidirsi. Non si lamenta, ma ribadisce quanto sia pesante sopportare il sospetto dopo anni di lavoro e sacrifici. Aggiunge un dettaglio che pesa: il dolore più grande non viene dalle accuse esterne, ma dai sospetti di chi dovrebbe essere al suo fianco.

Jacobs racconta anche la solitudine che si è scelto. Non ha amici nel suo ambiente, dice di non fidarsi, si definisce pigro fuori dalla pista e perfino bugiardo “per tenere tutto tranquillo”.

Consegna un autoritratto realistico: non un eroe perfetto (o come lo descriverebbe una certa intellighenzia da social, un eroe-postmoderno), ma un uomo che ha costruito la sua forza anche attraverso le proprie debolezze. Voto 7.

Nathalie Guetta, un monologo stanco. Voto 5

Nathalie Guetta arriva a Belve portandosi dietro tutto il personaggio che conosciamo da anni. Il problema è che non lo lascia mai fuori dalla porta. L’intervista scorre tra digressioni confuse, risposte che sembrano un flusso di coscienza e una recitazione continua che, invece di incuriosire, sfianca. Si fatica a seguirla, si fatica a capirla, e soprattutto si fatica a trovare un momento in cui emerga qualcosa che non sembri parte di un copione già visto. Il rischio è che non si distingua mai la persona dalla maschera, e dopo un po’ la maschera stanca. Però è questo che al pubblico piace, e Nathalie, da attrice vera, attrice vecchia scuola che non mostra mai troppo di sé, della vera sé, lo accontenta.

Eppure, tra i momenti più sinceri, Guetta racconta di sentirsi abitata da più anime, di aver vissuto una vita in solitudine senza mai riuscire davvero a cambiare, di aver desiderato essere diversa, più aggressiva, più libera. Parla del suo rapporto difficile con l’immagine di sé, della difficoltà a riconoscersi nello specchio, della paura di vivere senza filtri. Sono spunti interessanti, ma è come se ogni emozione venisse subito sovraccaricata da una recitazione che le toglie autenticità. Forse è paura di farsi vedere per quello che è, la paura di farsi guardare attraverso una finestra televisiva. Forse è ora di non assecondare il grande pubblico, la sua intervista è un racconto straziante di solitudine.

Anche Francesca Fagnani, solitamente abile nel riportare il ritmo, questa volta sembra in difficoltà. Una grande occasione persa per Guetta, che poteva raccontarsi davvero e invece è rimasta imbrigliata nella Perpetua che tutti conoscono. Voto 5.

Francesca Fagnani, meno belva del solito. Voto 7

Francesca Fagnani torna a Belve con la sua consueta precisione, ma appare meno affilata del solito. Nella prima puntata della nuova stagione mantiene il ritmo, ma si nota una maggiore morbidezza nei toni, quasi una scelta consapevole di rallentare quando gli ospiti toccano punti troppo intimi. Con Nathalie Guetta rinuncia a incalzare davvero, con Marcell Jacobs dosa con attenzione l’insistenza. Più osservatrice che belva, forse per rispetto, forse per una fase diversa del programma.

Resta comunque una padrona di casa capace di gestire silenzi, sbavature e confessioni con equilibrio. La regia invisibile di Belve continua a funzionare, ma questa volta sembra meno graffiante. Il programma rimane uno dei pochi spazi dove si raccontano ancora storie autentiche, anche se viene da chiedersi: cosa è successo alla Fagnani che non aveva paura di mordere? Voto 7.