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Cos’è
Da qualche decennio oramai si sono accesi i riflettori sulla sessualità femminile; anche le difficoltà sono sempre più spesso condivise soprattutto grazie all’uso del web, i gruppi Facebook e i blog, che hanno aiutato a parlare anche in modo anonimo di un dolore tanto intimo, dolore del corpo che causa dolore psicologico e fatica nella relazione. Parliamo di vulvodinia, una patologia caratterizzata da un dolore vulvare e di cui sempre più spesso sentiamo parlare. La vulvodinia è il nome di una patologia e non soltanto del sintomo anche se in questo tipo di patologia il sintomo dolore diventa la patologia stessa. È una patologia che colpisce una percentuale di donne variabile tra il 9 ed il 15%; tanto più invasiva perché colpisce le donne e le coppie nella loro intimità, limitando o annullando la vita sessuale. Il dolore vulvare diventa centrale al punto da dare il nome alla patologia stessa.
Da un punto di vista sintomatologico, la sua caratteristica principale è proprio la presenza di un dolore a livello vulvare, dolore che ha come caratteristica quello di essere percepito come bruciore, punture di spilli, scossa elettrica, sensazione simile ad un’ustione. Il dolore deve persistere da almeno 3 mesi per poter parlare di vulvodinia e devono essere escluse altre cause biologiche.
Questo dolore può essere percepito in modo spontaneo, cioè la donna che ne soffre può sentire dolore in qualsiasi momento della giornata indipendentemente da uno stimolo preciso nell’area vulvare, in questo caso parliamo di vulvodinia spontanea. Nel caso in cui invece il dolore vulvare venga percepito solo in occasione di uno stimolo nell’area vulvare, come per esempio un rapporto sessuale oppure la visita ginecologica, allora parliamo di vulvodinia provocata, più frequente della vulvodinia spontanea. Oppure, ancora, possiamo trovarci di fronte ad una vulvodinia mista. Il dolore percepito può essere localizzato in una determinata area della vulva (per esempio nel vestibolo vaginale) oppure può essere diffuso a tutta la vulva, in base a questo distinguiamo una vulvodinia localizzata ed una vulvodinia diffusa, meno frequente della precedente.
Non sappiamo cosa determina l’insorgenza della patologia, la cosa più probabile è che contribuiscano fattori predisponenti cioè situazioni psicologiche o biologiche che costituiscono un terreno fertile su cui poi agiscono i fattori che ne determina l’accensione cioè i fattori scatenanti e poi fattori che contribuiscono a mantenere il dolore vulvare, i fattori di mantenimento. All’interno dei diversi fattori troviamo componenti organiche, psicologiche e relazionali. Molto spesso la vulvodinia si associa ad altri sindromi da dolore, come per esempio la sindrome del colon irritabile, la vescica dolorosa, la fibromialgia, l’emicrania, a evidenziare una vulnerabilità biologica al dolore persistente.
Sintomi
I sintomi possono essere:
- bruciore di intensità variabile nell’area vulvare
- dispareunia introitale: cioè dolore che viene avvertito all’inizio della penetrazione o al semplice sfioramento della vulva
- bruciore postminzionale (dopo aver fatto pipì)
- cistiti recidivanti anche postcoitali
La condizione di dolore vulvare si associa spesso anche a ipertono della muscolatura pelvica con specifiche punti muscolari dolorosi che rinforzano il vissuto di dolore durante il rapporto. L’ipertono del pavimento pelvico può essere certamente preesistente all’insorgenza del dolore vulvare, ma può anche rappresentarne la conseguenza; in entrambi i casi può agire come fattore di mantenimento del dolore stesso. Si attiva un circolo vizioso di dolore e contrazione difensiva al dolore stesso che contribuisce anche a mantenere sintomi co-presenti al dolore come per esempio la stipsi, la difficoltà a svuotare la vescica, la necessità di urinare spesso o di alzarsi di notte per urinare.
Trattamento
La vulvodinia è una patologia multifattoriale, per questo motivo è importante che l’approccio al trattamento del dolore vulvare preveda l’intervento di più specialisti che si occupano dei diversi fattori coinvolti. Il trattamento prevede generalmente:
- un approccio farmacologico, il cui obiettivo è quello di contrastare il dolore attraverso la sua modulazione sia a livello centrale che periferico, ridurre la scarica dolorosa diretta verso i centri superiori e aumentare l’efficacia dei meccanismi che bloccano il dolore. Questo si ottiene attraverso l’uso di farmaci come anticonvulsivanti ed antidepressivi molto spesso utilizzati nelle patologie da dolore neuropatico.
- L’approccio all’aspetto muscolare e riabilitativo è realizzato attraverso l’intervento di terapisti della riabilitazione; gli obiettivi sono molteplici, si va dalla consapevolezza della muscolatura del pavimento pelvico, all’apprendere la differenza tra contrazione e rilassamento e aumentare la capacità di gestire volontariamente questo complesso muscolare, ridurre il tono muscolare laddove è aumentato e sciogliere le tensioni localizzate.
- Altro aspetto assolutamente non trascurabile è l’aspetto psicologico e sessuale. Si propone spesso un percorso psicosessuologico che corre parallelo agli altri trattamenti. Anche in questo caso gli obiettivi sono molteplici e variabili in base al vissuto della donna. Dare senso e significato al dolore, aumentare le strategie di coping, elaborare idee nuove e positive rispetto alla sessualità che possano sostituire pensieri e cognizioni negative e limitanti. Inoltre là dove presenti ansia e depressione sostenere e facilitare un percorso di cura considerando anche come questi stati emotivi pesano sulla percezione del dolore.
Ultima cosa non banalizzare né normalizzare il dolore, non credere alla convinzione che il dolore è fisiologico in certe circostanze e attivarsi prima possibile per arrivar rapidamente ad una diagnosi certa.