Il virus Sars-CoV-2, entrato in scena all’inizio del 2020, ha modificato pesantemente la nostra vita. Ed anche le patologie come depressione o ansia risentono dell’impatto della pandemia. Ma bisogna favorire la diagnosi precoce, far emergere le situazioni di disagio, combattere uno stigma che non ha significato ed offrire a chi soffre le risposte di cui ha bisogno. Lo ricordano gli esperti in occasione della Giornata Mondiale per la Salute Mentale, il 10 ottobre in tutto il mondo.
I numeri preoccupano
Gli studi scientifici sono fin troppo eloquenti, in termini numerici. I sintomi depressivi nella popolazione sono quintuplicati, quelli gravi sono aumentati addirittura più di sette volte in pochi mesi. Dalle ricerche emerge un incremento dei disturbi sia nelle persone già affette da una malattia mentale, sia in chi è stato contagiato dal coronavirus, sia nella popolazione generale.
Si stima, inoltre, che la psicosi potrebbe colpire fino al 4 per cento sia delle persone con disturbi mentali che di coloro che sono venuti in contatto con il virus. Emerge infine che Covid-19 possa provocare conseguenze neuropsichiatriche nel lungo termine individuate ad oggi in un caso su tre e causate dallo stato di grave infiammazione indotto dal virus.
Queste cifre fanno riflettere e rendono ancora più importante il ruolo dei centri dedicati: purtroppo l’Italia è fanalino di coda in Europa per le risorse a loro destinate. Occorre quindi fare di più per sensibilizzare su una realtà che incide sul benessere della persona e delle famiglie, come propone campagna nazionale “Insieme per la salute mentale”.
“Quest’anno la Giornata Mondiale della Salute Mentale ha una valenza ancora maggiore, perché la pandemia sta provocando un incremento considerevole del disagio psichico – spiega Claudio Mencacci, Presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia (SINPF) e Direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’ospedale Fatebenefratelli – Sacco di Milano. Sono per esempio in aumento i disturbi psicotici nei pazienti che già soffrono di una patologia mentale e sono in crescita le richieste di aiuto ai centri di salute mentale, inoltre sta emergendo – con sempre maggiore evidenza – la possibilità di sequele neuropsichiatriche da COVID-19 nei pazienti contagiati.
Gli studi scientifici, italiani e internazionali, indicano inoltre un incremento netto dei sintomi depressivi nella popolazione generale: i sintomi della depressione sono complessivamente quintuplicati nel nostro Paese, quelli moderati sono quasi quadruplicati e i più gravi sono cresciuti di sette volte e mezzo.
L’impoverimento e la crisi economica che stiamo iniziando ad affrontare mettono in pericolo soprattutto le persone con redditi al di sotto dei 15.000 euro e i disoccupati, fra i quali il rischio di depressione è triplo. Incidono anche l’isolamento sociale, la paura del contagio e aver perso un congiunto a causa della malattia: si stima che almeno il 10 per cento degli oltre 100.000 italiani che hanno avuto un lutto familiare a causa di COVID-19 andrà incontro a un episodio depressivo maggiore nei prossimi mesi. Siamo perciò di fronte a una situazione in cui il disagio psichico sta crescendo e dobbiamo essere pronti ad affrontarlo”.
Più risorse per affrontare i problemi
“È fondamentale che sia garantito un maggior sostegno economico ai centri di salute mentale o non riusciremo a contenere l’ondata di pazienti del prossimo futuro: l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva previsto che i disturbi mentali sarebbero diventati i più diffusi al mondo entro il 2030, ma tutti gli indicatori suggeriscono che con la pandemia il sorpasso sia già avvenuto” – interviene Massimo Di Giannantonio, Presidente della Società Italiana di Psichiatria (SIP) e Professore all’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti-Pescara.
“Oggi sulla carta i centri di salute mentale dovrebbero ricevere il 5 per cento del budget sanitario, ma nella realtà siamo ampiamente al di sotto, attorno al 3,5 per cento: così stiamo assistendo per esempio a una riduzione continua del personale sanitario e dei servizi disponibili, che rendono sempre più difficile garantire un equo e adeguato accesso alle strutture. È giunto il momento di allinearci al resto dell’Europa, che destina alla salute mentale anche oltre il 7 o l’8 per cento del PIL, per venire incontro alla richiesta d’aiuto della popolazione: la salute mentale è un diritto che deve essere garantito a tutti, ovunque”.