Troppi antibiotici nelle donne aumentano il rischio di problemi cognitivi

Un eccessivo ricorso a terapie antibiotiche, quando non necessarie, può alterare l'attività dell'intestino con ripercussioni sul sistema nervoso

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Ce lo dicono sempre. Ce lo raccomandano ogni giorno. Non bisogna mai fare l’errore di utilizzare gli antibiotici senza una precisa prescrizione medica. E soprattutto, occorre seguire coscienziosamente i trattamenti, ai dosaggi e per la durata indicata. Altrimenti si corre il rischio di contribuire a selezionare ceppi batterici che, progressivamente, risponderanno sempre meno a questi farmaci salvavita.

Insomma: non autoprescrivetevi gli antibiotici e soprattutto ricordate che utilizzarne troppi (quando ovviamente non ce n’è necessità) nelle donne di mezza età potrebbe anche influire sulla salute futura del sistema nervoso. A segnalare questo legame, che fa riflettere ulteriormente sul tema, è uno studio apparso su Plos One, condotto dagli esperti del Massachusetts General Hospital e dell’Università di Harvard, in collaborazione con studiosi del Rush Medical College e del Brigham and Women’s Hospital.

La chiave è nel microbiota

Avete presente l’asse intestino-cervello? È quella rete così importante, che in modo impercettibile e in maniera bidirezionale, mette in relazione quanto avviene nella parte finale del tubo digerente grazie all’azione (o per la sua carente attività) dei batteri che compongono il microbiota con il benessere psicologico e l’attività del sistema nervoso. È quindi intuitivo che un eccessivo ricorso a terapie antibiotiche, ovviamente se non giustificate da quadri clinici che ne richiedano l’impiego, andando ad influenzare anche la composizione e la varietà dei ceppi che vivono e  “lavorano” nell’apparato gastrointestinale risenta di questa situazione.

Ora però, lo studio americano aggiunge un tassello alle conoscenze, con specifica attenzione per le donne: terapie protratte con antibiotici intorno ai 50-60 anni appaiono correlate con potenziali deficit cognitivi negli anni successivi. Per arrivare a questa conclusione gli esperti hanno preso in esame le informazioni derivanti dal Nurses’ Health Study II.

Questo studio tiene sotto osservazione una popolazione di operatrici sanitarie nel tempo. In questa specifica analisi, gli esperti hanno valutato le infermiere di mezza età, intorno ai 55 anni, correlando l’impiego di antibiotici in questa fascia anagrafica e i testi cognitivi eseguiti a distanza di anni. ogni infermiera considerata (in tutto erano oltre 12.000) è stata inserita in una graduatoria specifica in base all’impiego di antibiotici, dal non utilizzo a oltre due mesi di utilizzo. Risultato: a sette anni di distanza le infermiere che avevano assunto antibiotici per almeno due mesi hanno ottenuto punteggi più bassi nei test cognitivi rispetto a quelle che avevano fatto solo brevi terapie o non avevano avuto bisogno di questi farmaci. In termini di peso sull’età che avanza, la “variabile” del trattamento con questi farmaci potrebbe pesare anche si alcuni anni sull’insorgenza dell’invecchiamento.

Cosa ci modifica il microbiota

Ce ne accorgiamo ogni giorno. Quando siamo particolarmente stressati, l’attività dell’intestino tende ad alterarsi, come se ci fosse un fattore che in qualche modo collega l’emozione che si mantiene nel tempo con il normale benessere intestinale. Si sa infatti che lo stress emotivo può innescare cambiamenti nella composizione dei microrganismi del microbiota, che risentono anche dei cambiamenti dei nostri normali ritmi. Se per un certo periodo ad esempio andiamo a dormire o ci svegliamo ad orari diversi, questo si ripercuote sul nostro benessere anche attraverso questa via.

Non solo: aumentano anche le osservazioni che correlano il microbiota al sistema nervoso e alla psiche, con possibili relazioni tra i batteri dell’intestino e la comparsa o l’aggravamento di ansia e alterazioni emotive. Insomma: spesso il nostro benessere psicologico e mentale può anche essere condizionato dalle condizioni di relativa tranquillità e giusta varietà dei batteri che popolano il nostro tubo digerente e si comportano come veri e propri laboratori, utilissimi per farci star bene. È evidente che le terapie antibiotiche possono portare perturbazioni in questa situazione. Per questo, se non è il medico a consigliarne l’uso, evitiamo di assumere farmaci che oltre a non servire potrebbe addirittura avere effetti collaterali da non provare.