L’encefalite da zecca (TBE) è una malattia che si trasmette grazie al morso di una zecca infetta. Si tratta una delle encefaliti più pericolose e negli ultimi 30 anni il numero di casi è aumentato di quasi il 400%. Un dato importante, data la pericolosità di questa patologia che può portare anche alla morte.
In Italia, questa malattia non è ancora ben conosciuta: questo causa una sottovalutazione del problema e una mancata informazione della popolazione sugli eventuali rischi e sui metodi di prevenzioni che possiamo mettere in pratica. Secondo l’OMS questa patologia provoca nel mondo dai 10.000 ai 12.000 casi ogni anno, rendendo il fenomeno certamente non trascurabile.
Gran parte delle infezioni avvengono a seguito di una puntura di zecca durante lo svolgimento di attività all’aria aperta. Hanno più alte probabilità di contrarla i lavoratori che trascorrono parecchio tempo nelle zone con un’elevata presenza di zecche, ma non è raro essere morsi da questi parassiti anche durante semplici escursioni, gite fuori porta o attività ricreative nel verde.
Cos’è esattamente l’encefalite da zecca, come si trasmette e come prevenirla?
Indice
Encefalite da zecca: quanto è conosciuto il problema?
L’attuale situazione di rischio viene confermata da una ricerca di GfK SE effettuata per conto di Pfizer, che è stata condotta in Europa e ha coinvolto oltre 50.000 persone tra i 18 e i 65 anni. L’obiettivo era quello di analizzare il grado di conoscenza di questa patologia e le sue eventuali forme di prevenzione.
La ricerca è stata condotta in paesi differenti per grado di endemicità, dove la TBE è costantemente presente e ha rilevato un grado variabile di conoscenza della malattia e delle sue forme di prevenzione. Questa patologia è purtroppo diffusa in molti paesi dell’Europa settentrionale e centro orientale, compresa la nostra penisola: qui il primo caso di encefalite da zecca è stato identificato nel 1994 a Belluno.
Finlandia, Austria, Repubblica Ceca, Germania, Svizzera e soprattutto alcune parti dell’Italia (come il Triveneto) sono aree fortemente endemiche e in queste zone il 63% conosce la malattia, il 43% sa che esiste un vaccino e il 33% di questi l’ha fatto per prevenirla.
In Italia, nonostante alcuni territori siano considerati aree endemiche, la situazione è la seguente: su oltre 2.000 intervistati solo 1 su 3 conosceva la TBE, 1 su 10 sa dell’esistenza del vaccino per prevenire il rischio e solo il 2% della popolazione generale ha effettuato il vaccino.
Cos’è l’encefalite da zecca?
L’encefalite da zecca, anche conosciuta come Tick-Borne Encephalitis (TBE) o encefalite primaverile-estiva, si tratta di malattia infettiva virale che coinvolge il sistema nervoso centrale. A causarla è un arbovirus del genere flavivirus, simile a quelli responsabili della febbre dengue e della febbre gialla.
Tale patogeno è stato isolato per la prima volta negli anni ‘30 e include diversi sottotipi:
- il sottotipo europeo, trasmesso dalla zecca Ixodes ricinus, che è endemico soprattutto nelle zone rurali e nelle foreste dell’Europa settentrionale, centrale e orientale;
- il sottotipo dell’estremo oriente, che viene diffuso soprattutto dalla zecca Ixodes persulcatus, endemico nelle zone della Russia e nelle foreste di Giappone e Cina;
- il sottotipo siberiano, trasmesso sempre dalla zecca Ixodes persulcatus ma endemico nella zona est della Russa, nella regione degli Urali, in Siberia, nonché in alcune zone dell’Europa nord-orientale.
Le zecche sopra menzionate fungono da serbatoi della malattia e da vettori, insieme anche a quelle del genere Dermacentor o “zecca del cane” e alle Haemaphysalis.
Sono spesso gli animali selvatici o domestici, ad esempio pecore, roditori, caprioli e capre, a essere infettati dalla malattia. Questi, trasmettono il virus ad altre zecche, amplificando la diffusione della patologia. Anche gli uccelli contribuiscono alla diffusione della malattia, trasportando le zecche anche a parecchi chilometri di distanza.
Dove e quando si hanno i maggiori rischi?
Frequentando alcuni ambienti si risulta particolarmente esposti al rischio di essere morsi da una zecca. Ad esempio, le aree boschive o le zone con elevata presenza di cespugli, erba alta, letti di foglie, sottobosco, zone di confine tra boschi e prati e spazi con presenza di acqua, umidi e poco soleggiati.
In tutte le zone incolte o poco frequentate è particolarmente facile che le zecche trovino un habitat tranquillo dove proliferare, infestando gli animali selvatici che le popolano.
Il picco di diffusione delle zecche è la primavera-estate, ma anche in autunno, a seconda delle temperature, questi aracnidi possono essere nel loro periodo di massima attività.
I sintomi dell’encefalite da zecca
Nel 70% dei casi essere il morso di una zecca portatrice del virus può provocare un’infezione asintomatica o dai sintomi lievi, passando sostanzialmente inosservata. Invece, nel restante 30% i sintomi che si manifestano sono di maggiore entità. Tra i disturbi più frequenti ci sono:
- febbre
- stanchezza
- mal di testa
- dolore muscolare o articolare
- nausea
- mal di gola
Compaiono dai 3 ai 28 giorni dopo il morso e durano all’incirca 2-4 giorni. In seguito, la situazione si risolve spontaneamente, senza lasciare conseguenze sul fisico.
Ci sono però alcuni, rari, casi da considerarsi più gravi dove la problematica può coinvolgere il sistema nervoso centrale e provocare sintomi neurologici, che possono perdurare anche a lungo termine. In una percentuale compresa tra il 3 e il 5% dei casi il virus non viene eliminato dall’organismo, ma si diffonde nelle meningi o nel cervello, scatenando i sintomi tipici della meningite o dell’encefalite.
Generalmente questo secondo stadio della malattia esordisce dopo un periodo privo di disturbi di circa 8-20 giorni, in seguito al quale compaiono:
- febbre improvvisa
- rigidità nucale
- nausea e vomito
- mal di testa
- convulsioni
- fotofobia
- confusione o senso di disorientamento
- difficoltà nel parlare
- paralisi
Cosa fare in questi casi? Rivolgersi immediatamente al più vicino pronto soccorso è indispensabile, per avere una diagnosi corretta e una cura tempestiva. Anche questi sintomi più severi tendono a regredire nel giro di qualche settimana, ma in una piccola percentuale di soggetti creano nell’organismo scompensi e complicanze a lungo termine, come:
- epilessia
- problemi cronici nel linguaggio
- cambiamenti comportamentali
- problemi di memoria e difficoltà di concentrazione
- difficoltà nei movimenti
- pesante stanchezza
Nell’1% circa dei casi l’encefalite da zecca ha esito mortale. I soggetti più a rischio sono quelli di età avanzata, mentre giovani e bambini piccoli manifestano una sintomatologia attenuata.
Come si diagnostica l’encefalite da zecca?
Quando si ha il sospetto di essere stati morsi da una zecca e di avere sintomi compatibili con quelli di un’encefalite, è utile rivolgersi al proprio medico o a un PS, per avere una diagnosi precisa di Tick-Borne Encephalitis. Quali esami possono contribuire alla diagnosi?
- Analisi del sangue (soprattutto test che evidenzino la presenza di specifici anticorpi IgM, con un aumento degli anticorpi anti TBE di almeno 4 volte la soglia normale, o la presenza diretta del virus nel sangue).
- Analisi del liquido cerebro-spinale.
Inoltre, ogni caso sospetto o conclamato dev’essere segnalato alle autorità competenti, per contribuire a tracciare una mappa corretta e aggiornata della diffusione della malattia.
Prevenire e curare l’encefalite da zecca
Per prevenire l’encefalite da zecca a strategia migliore è senza dubbio quella di evitare di essere morsi dai parassiti che la causano. Ad oggi, infatti, non c’è nessuna cura per la TBE (molti degli intervistati nell’indagine sopra menzionata pensano che si possa trattare con l’assunzione di antibiotici ma non è corretto). L’unica cosa che si può fare è attuare un meccanismo di prevenzione, vaccinandosi e seguendo una serie di regole quotidiane per evitare la possibilità di contrarre la malattia.
Quali?
- Nel caso si resti per lungo tempo in zone a rischio o si facciano escursioni in tali aree, è bene indossare vestiti protettivi con maniche e pantaloni lunghi e stivali sui quali spruzzare un appropriato insetticida. È raccomandabile, inoltre, preferire capi di colore chiaro (che mettono in evidenza le zecche), infilare i pantaloni nelle calze, indossare scarpe alte ed eventualmente dei guanti.
- Come antiparassitario è utile usare prodotti a base di N,N-dietil-n-toulamide (DEET), di benzoato di benzile, di dimetil-ftalato, di acaricidi o di permetrina, applicandoli sulla pelle almeno ogni 2 o 3 ore.
- Va ispezionato bene il corpo dopo aver effettuato un’attività all’aria aperta in una zona endemica e, se si nota la presenza di zecche, è bene eliminarle prontamente utilizzando delle pinzette dalla punta sottile, assicurandosi di rimuovere completamente anche la testa del parassita.
- Ultimo, ma non meno importante, evitare il consumo di latte e derivati non pastorizzati nelle aree a rischio. Infatti, l’infezione può essere trasmessa anche tramite l’ingestione di latte contaminato, anche se basta una cottura a 72° per 10 secondi per inattivare il virus.
- Esiste anche un vaccino contro l’encefalite da zecca, che è consigliato soprattutto ai lavoratori impegnati in zone dove l’encefalite è endemica, nonché alle popolazioni residenti in tali aree. Il vaccino è entrato in commercio in Italia nel 2006 e prevede la somministrazione di 3 dosi iniziali e, successivamente, di richiami triennali. È meglio effettuare il ciclo durante l’inverno, per farsi trovare pronti alla stagione di massima diffusione delle zecche, ossia quella estiva.
Possono essere vaccinati anche i bambini, sempre con tre dosi all’età di 0, 1/3 mesi e 9/12 mesi, sempre procedendo poi con richiami a cadenza triennale. Il vaccino si somministra nella zona deltoidea per via intramuscolare. È possibile, se occorre, effettuare un ciclo ravvicinato di vaccinazioni, che però non porta alla stessa risposta anticorpale della procedura consigliata.
È utile anche evitare la proliferazione delle zecche nell’ambiente, mettendo in sicurezza le aree boschive e le aree verdi urbane. Ad esempio, si può pulire il terreno da fogliame, erba alta, sterpaglie e cespugli, ma anche non lasciare a lungo ferme le cataste di legna e tenendo in ordine i prati privati e i sentieri. È possibile effettuare all’occorrenza anche apposite disinfestazioni, che impediscono la proliferazione delle zecche potenzialmente contagiose.
Cosa fare se si è stati morsi da una zecca?
È importante capire come intervenire, se ci si accorge di essere stati morsi da una zecca, in modo da rimuoverla per tempo e ridurre il rischio di un possibile contagio.
Per rimuovere la zecca dalla cute occorre afferrarla con una pinzetta apposita, o con una semplice pinzetta con le punte sottili, tirandola con un movimento delicato mentre la si ruota leggermente. È bene tenere la pinzetta il più vicino possibile alla cute, ed estrarre l’animale evitando che la testa si stacchi e resti all’interno della pelle. Se ciò dovesse accadere, la si potrebbe rimuovere con un ago sterile.
Durante tutta l’operazione è bene indossare dei guanti usa e getta, da buttare una volta terminata l’estrazione e prima di lavarsi accuratamente le mani. Una disinfezione finale della zona è utile, insieme anche all’applicazione di eventuali creme antibiotiche.
L’alternativa valida e consigliabile è quella di rivolgersi al medico o al Pronto Soccorso, dove personale medico specializzato saprà come intervenire.
Fonti bibliografiche
- Encefalite da zecca, Istituto Superiore di Sanità
- Meningoencefalite da zecche, EpiCentro (ISS)
- Encefalite da zecche, Ministero della Salute
FAQ
I sintomi iniziali sono simili all'influenza, come mal di testa, mal di gola, febbre, dolori articolari. Se l’infezione progredisce, possono osservarsi i sintomi tipici dell'encefalite o della meningite (rigidità nucale, nausea, vomito, confusione).
L'encefalo si trova all'interno del cranio e viene protetto dalle ossa che formano la scatola cranica. Con encefalico si intendono tutte le strutture anatomiche contenute nella scatola cranica.
Oltre all’encefalite, le zecche possono trasmettere patologie come rickettsiosi, la borreliosi di Lyme e la febbre emorragica di Crimea-Congo. Si tratta di malattie di grave entità, da individuare e trattare con prontezza.