Covid-19, non lasciamoci vincere dalla paura

Il Covid-19 fa parte delle nostre vite: ciò non vuol dire che dobbiamo farci vincere dalla paura, ma che dobbiamo reagire e prevenirlo

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Rispettiamo le regole. Vacciniamoci secondo gli schemi proposti, manteniamo il distanziamento ed usiamo le mascherine. Ma non lasciamo che la pandemia da Covid-19, con la stanchezza e l’impatto psicologico che ha sul nostro essere, diventi in qualche modo padrona della nostra vita. E non lasciamo che i timori vincano sulle nostre opportunità di benessere e incidano sul nostro futuro.

In sintesi: cerchiamo di stare attenti e di osservare quanto ci viene indicato, ma non abdichiamo alla nostra vita, magari pensando con rassegnazione che “tanto la prenderemo tutti”. Il passo dall’attenzione all’ipocondria può essere molto breve, con pesanti ripercussioni sul nostro benessere psicologico. A lanciare questa raccomandazione sono i presidenti della Società Italiana di Psichiatria, Massimo di Giannantonio ed Enrico Zanalda.

Attenzione alle parole

Ogni persona, sia chiaro, risponde in modo soggettivo agli stimoli imposti dalle parole che si sentono in Tv e si leggono sui giornali e sui social. Anche se la personalità non si modifica, occorre sempre avere atteggiamenti positivi nei confronti del timore dell’infezione, in un caleidoscopio di percezioni che impattano sul benessere psicologico. Questo significa mantenere quella lucidità che ci permette di far fronte sia alla negazione quanto all’allarmismo, passando dalla sottovalutazione all’eccessiva prudenza.

Bisogna quindi mantenere la barra diritta, sul fronte psicologico, modulando le reazioni ed integrando fra loro la consapevolezza di quanto avvenuto e i rischi attuali e futuri di ritorno dell’infezione. Così si diventa consapevoli e si evitano atteggiamenti di chiusura e di eccessiva paura. Lo confermano gli esperti: per combattere l’ipocondria unitamente al percorso di cura specialistico nei casi più gravi, è necessario adottare alcune strategie utili nella quotidianità.

“Alcuni accorgimenti possono concorrere a disinnescare l’escalation nelle manifestazioni compulsive dei sintoni e a ridimensionarne il peso” – sottolineano i due Presidenti della Società Italiana di Psichiatria. Basta fare riferimento ai grandi fenomeni del passato come la peste, la Spagnola o la prima guerra mondiale: questo modo di parlare agli italiani rischia di rendere le persone più sensibili invece di responsabilizzare e rendere più attivi i comportamenti che possono limitare la diffusione del virus. Fondamentale è anche evitare di parlare solo di malattie e timori, perché ciò non fa altro che alimentare l’ansia, e ridurre i controlli diagnostici superflui e ingiustificati”.

Occhio alla percezione del rischio

Due anni di pandemia – mancano poche settimane al primo caso italiano di Covid-19, hanno inciso pesantemente sulla visione del presente e del futuro di molti di noi. Ma attenzione. Dobbiamo trovare le armi per rispondere in chiave positiva a questa situazione. “Dire che il Covid ci sta trasformando in una società di malati non è vero ma di ipocondriaci è un è pericolo concreto – è la conclusione degli esperti. Il fatto che ogni giorno possiamo scontrarci con un problema sanitario che ci riguarda personalmente o indirettamente, è ormai presente nel vissuto di tutti noi e rischia di alterare e condizionare la percezione della malattia, interpretando in modo esagerato sensazioni di pericolo e malessere, con importanti ripercussioni dal punto di vista psichico.

“Si sta ponendo un gigantesco problema di vissuti” – precisa di Giannantonio. Siamo tutti sottoposti a un continuo stress generato dal pensiero del rapporto con la malattia, con se stessi e con gli altri, come potenziali veicoli di infezione e contagi. Ormai gli italiani sono chiamati tutti a farsi un’autotesting sul proprio corpo e basta uno starnuto a insinuare il dubbio di essere contagiati. Tutto questo fa crescere la paura di ammalarsi che può diventare un elemento fuori controllo e rendere le persone eccessivamente vulnerabili alla percezione del rischio potenziale, anche a fronte di situazioni reali, dove il rischio non c’è”.