Resilienza: cos’è e come svilupparla per vivere meglio

Resilienza è una parola molto usata. Scopri cosa significa e come fare a diventare resilienti, con i consigli dell’esperta.

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Serena Allevi

Editor specializzata in Salute & Benessere

Da sempre innamorata della scrittura e dei libri, lavora come editor e copywriter da circa vent’anni nel mondo del benessere a tutto tondo.

Pubblicato: 10 Dicembre 2020 13:04

Resilienza (dal latino resilis, che significa rimbalzare, ritornare in fretta) è un termine sempre più in voga, soprattutto in questi ultimi tempi. Si tratta di una parola dal significato diverso da “resistenza”, benché il contesto in cui si sviluppa questa capacità risulti sovrapponibile: un evento difficile da affrontare. Situazioni stressanti o anche traumi sono infatti legati a ciò che si intende per resilienza.

Abbiamo approfondito il tema con l’aiuto della dottoressa Chiara Alfano, Psicoterapeuta sistemico-relazionale.

Cos’è

Cosa significa esattamente questo termine? «La resilienza indica il processo attraverso il quale reagiamo a eventi traumatici o stressanti e riorganizziamo in maniera positiva la nostra vita e il nostro futuro. Rappresenta la capacità di riprendersi e di uscire più forti e pieni di risorse dalle avversità» spiega l’esperta.

La resilienza è dunque un atteggiamento che ci permette di trarre vantaggio dalle situazioni complesse e dolorose che la vita ci pone di fronte, una risorsa a cui ciascuno di noi può attingere per trasformare un evento negativo in un’opportunità di crescita e miglioramento.

Identikit della persona resiliente

Spesso la resilienza è associata ad un atteggiamento leggero, inconsapevole, poco sensibile e superficiale. È davvero così?

«Alcuni pensano che le persone resilienti siano quelle che superano le crisi in maniera disinvolta, senza patire sofferenza e dolore. Ma non è così: in realtà, la resilienza è un processo che richiede la sperimentazione di questi vissuti e che permette, attraverso di essi, l’emergere di risorse utili a superare le difficoltà. Nella nostra cultura è diffusa l’abitudine a evitare o negare le esperienze stressanti e dolorose: si perde, di fatto, la possibilità di attivare processi di resilienza, di generare nuove competenze, di scoprire risorse che non sapevamo di avere» spiega la dottoressa Alfano.

Come si diventa resilienti

La resilienza non è una caratteristica che è presente o assente in un individuo, ma un atteggiamento che può essere consapevolmente appreso, allenato e sviluppato.

«Alcune pratiche e idee possono certamente sostenere lo sviluppo di un atteggiamento resiliente: sviluppare una rete di connessioni sociali, considerare le crisi come opportunità e non come un problema insormontabile, accettare che il cambiamento faccia parte della vita, mirare alla realizzazione dei propri obiettivi, prendersi cura di sé e avere una visione ottimistica del futuro» continua l’esperta «Ma più che una qualità, la resilienza è un processo che tiene conto dell’individuo nel suo sistema di appartenenza: le persone resilienti sono quelle che hanno trovato in se stesse, nelle relazioni umane, nei contesti di vita, gli strumenti e la forza per superare le avversità. L’intelligenza, il temperamento, la creatività del soggetto sono dunque strettamente connessi al sostegno emotivo fornito dalle relazioni familiari e sociali, al contesto culturale e ai valori della comunità di appartenenza».

Lavorare sulla propria autostima, relazionarsi con gli altri in modo empatico e altruistico, esprimere la propria creatività e guardare alla vita con ottimismo sono tutte leve utili ad allenare e sviluppare un atteggiamento resiliente. Per cominciare, prova con un semplice esercizio, da svolgere ogni sera prima di andare a dormire: ripensa all’intera giornata e individua una cosa positiva. In questo modo, il cervello si allena a diventare più abile nel cogliere situazioni piacevoli e opportunità.

Differenza tra resilienza e resistenza

«La resilienza non è resistenza: non è opporsi all’urto ma assorbirlo, ammortizzarlo, se possibile trasformarlo in un’occasione di rinnovamento» spiega la dottoressa Alfano «Come cantava Leonard Cohen “C’è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce”: le crepe generate dagli urti diventano quindi un’occasione per far entrare la luce, per apprendere nuove competenze da sfruttare in futuro. Se la resistenza rappresenta il tentativo di non essere modificati dalle avversità, la resilienza comporta invece una ristrutturazione del sistema, che non può tornare esattamente come prima ma cambia e si evolve».

La resilienza si può quindi racchiudere nel concetto “mi piego ma non mi spezzo”, contrapponendosi alla resistenza e alla rigidità, in cui “mi spezzo ma non mi piego”.

Benefici della resilienza

«Le crisi e le avversità possono far emergere risorse e abilità impensabili, un po’ come ci suggerisce l’ideogramma cinese della parola “crisi” che è un simbolo composto da due segni che indicano rispettivamente il “pericolo” e l’“opportunità”. Il paradosso della resilienza è proprio questo: i nostri momenti peggiori possono rivelarsi molto vantaggiosi poiché permettono l’emersione di parti “nuove” e “positive” di noi» continua l’esperta.

E la resilienza si rivela estremamente importante in un momento storico come quello presente, che ha portato l’instaurarsi di una situazione stressante, di allerta e preoccupazione.

«La pandemia rappresenta a tutti gli effetti un evento che può attivare il processo della resilienza: ci offre infatti la possibilità di apprendere a sostare nel dolore e nella sofferenza attingendo alle nostre risorse e costruendo nuovi strumenti. Come dicevamo, il contesto sociale e l’aspetto relazionale sono fondamentali quando parliamo di resilienza. Nonostante l’isolamento forzato ed il distanziamento sociale, le persone sono state in grado di sviluppare modalità alternative di relazione e condivisione, come l’utilizzo dei social network, la psicoterapia online, gli eventi in diretta web, le azioni di solidarietà lanciate sulle piattaforme virtuali, ma anche i canti dai balconi, gli striscioni, e così via. Dal punto di vista individuale, le persone sono state costrette a fermarsi con se stesse e a sperimentare la propria forza. In quanti di noi, solamente un anno fa, avrebbero detto che di fronte ad uno scenario del genere, privati di cose fondamentali come i rapporti umani dal vivo, il lavoro in presenza e così via, sarebbero riusciti a reinventarsi una routine, una quotidianità? E invece, la maggior parte delle persone ce la sta facendo, con fatica certo, ma dimostra che è possibile uscirne più forti e guardare al futuro con speranza e fiducia» conclude la dottoressa Alfano.