Quanta acqua serve per produrre i cibi che mangiamo?

Quanta acqua si utilizza per gli alimenti che portiamo a tavola e quali sono i cibi che fanno consumare quantità maggiori di acqua?

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Tatiana Maselli

Erborista ed Editor specializzata in Salute & Benessere

Laureata in Scienze e Tecnologie Erboristiche, ambientalista e appassionata di alimentazione sana, cosmesi naturale e oli essenziali, scrive per il web dal 2013.

Il consumo di acqua

L’acqua è una risorsa preziosa e quella potabile non è purtroppo disponibile per tutti. Al contrario, circa il 39% della popolazione mondiale non ha accesso all’acqua potabile: parliamo di quasi tre miliardi di persone. Anche in Europa, l’acqua abbonda in alcune zone e scarseggia in altre e noi italiani siamo la nazione con il maggior consumo di acqua. L’acqua è una risorsa limitata e il processo per ottenere acqua potabile richiede molta energia, così come il trattamento delle acque reflue o di scarico. A causa della crisi climatica, in un futuro non molto lontano potremmo non avere più a disposizione acqua come siamo abituati oggi, dunque è importante che ognuno di noi si impegni per evitare inutili sprechi.

Ci sono tante piccole strategie per limitare gli sprechi, come chiudere il rubinetto quando ci laviamo i denti, utilizzare erogatori che consentano di risparmiare acqua, riutilizzare il più possibile l’acqua piovana o quella usata per cucinare e lavare le verdure.

L’acqua che consumiamo per i nostri bisogni quotidiani ammonta però a circa 150-300 litri al giorno: esiste una quantità di acqua che consumiamo in modo indiretto decisamente molto superiore. Si tratta dell’acqua che viene utilizzata per produrre tutti i beni e i servizi di cui usufruiamo, inclusi ovviamente i cibi che mangiamo. Secondo gli esperti, ognuno di noi consuma in modo indiretto ben 4000 litri di acqua al giorno e buona parte deriva proprio dall’industria alimentare. Ecco perché quando si parla di risparmio di acqua e della necessità di limitare il consumo e gli sprechi, non si può non tenere conto di ciò che mettiamo a tavola, scegliendo quando possibile prodotti a basso impatto idrico.

Acqua per il cibo

Non è facile stimare la quantità esatta di acqua necessaria per produrre i cibi che mangiamo. Sicuramente la carne e i loro derivati sono i prodotti alimentari maggiormente idrovori, ma anche tra gli alimenti di origine vegetale ne troviamo alcuni la cui produzione fa consumare parecchia acqua.

Carne e prodotti di origine animale

In cima alla classifica dei cibi che fanno consumare più acqua troviamo la carne di bovino. Per produrre un chilo di carne di manzo servono infatti oltre 15mila litri di acqua. A seguire ci sono carne di agnello, per la quale si consumano più di 10mila litri di acqua e carne di maiale, che necessita di 6300 litri di acqua per ogni chilo di prodotto finito. La carne che fa consumare meno acqua – circa 4000 litri per chilo – è quella avicola, cioè di pollo e tacchino.

Rimanendo nella categoria degli alimenti di origine animale, il formaggio fa consumare circa 5mila litri per chilo di prodotto, mentre uova e pesce si aggirano attorno ai 2500 litri, sempre per chilo e il latte scende a mille litri.

Alimenti di origine vegetale

L’acqua necessaria per produrre alimenti di origine vegetale è molto variabile perché dipende dal metodo di coltivazione, dalla provenienza e dal clima, che cambia nelle diverse aree ma anche da una stagione all’altra. Ad esempio, per un chilo di pane o di riso servono circa 1500 litri di acqua, mentre per un chilo di pasta ne bastano 900 litri e per una pizza si sale a 1200.

Verdura e patate sono gli alimenti che hanno bisogno della minor quantità di acqua, in media poco più di 300 litri per chilo, mentre per la frutta ne servono più del doppio, circa 750 litri. I legumi necessitano invece di più di 4000 litri di acqua, l’olio di girasole 6800, alcune varietà di frutta secca come nocciole e noci fanno salire il consumo a 9000 litri per ogni chilo.

Impronta idrica

Come abbiamo anticipato, calcolare la quantità esatta di acqua che serve a produrre gli alimenti non è semplice. Questo perché non è sufficiente stimare l’acqua necessaria, ma occorre anche valutare l’impronta idrica o water footprint, concetto simile all’impronta ecologica e all’impronta carbonica.

L’impronta idrica misura la quantità di acqua impiegata per produrre un bene o un servizio e tiene conto dell’uso diretto, di quello indiretto e dell’acqua che viene contaminata o inquinata durante il ciclo produttivo. L’impronta idrica comprende però tre tipologia di acque differenti:

  • acque verdi, cioè l’acqua piovana che viene assorbita dalle piante e che da esse traspira. L’impronta idrica verde è rilevante soprattutto per i prodotti agricoli e forestali;
  • acque blu, che includono l’acqua dolce prelevata da risorse superficiali o sotterranee che non viene restituita o che viene reimmessa nell’ambienta in un momento o luogo diverso. L’acqua impiegata nell’industria e quella per uso domestico possono avere un impronta blu significativa;
  • acque grigie comprendono infine tutta l’acqua necessaria per diluire gli inquinanti ed esprime dunque il volume dei corpi idrici contaminati.

Per calcolare la sostenibilità di un prodotto in funzione dell’impronta idrica non è dunque sufficiente valutare l’acqua complessiva usata, ma distinguere il consumo di acqua in verde, blu e grigia. Può infatti succedere che alimenti o altri prodotti e servizi abbiano lo stesso impatto idrico totale ma che in realtà, suddividendo le tre diverse impronte idriche, uno risulti più sostenibile rispetto all’altro.

Nella valutazione dell’impronta idrica, infatti, sono particolarmente importanti il rapporto acqua verde e blu e il volume di acqua grigia usata. Gli alimenti che hanno un rapporto elevato tra acqua verde e blu impiegano soprattutto acqua fornita in modo naturale dall’ambiente e usano quantità limitate di acqua prelevata dai corpi idrici, dunque sono più sostenibili rispetto quelli che hanno un basso rapporto tra acque verdi e blu. Una coltivazione in luoghi con precipitazioni scarse potrebbe avere la stessa impronta idrica totale della stessa coltura dove le piogge abbondano, ma analizzando il dato si scoprirebbe che la prima ha un impatto maggiore rispetto alla seconda perché utilizza principalmente acque blu anziché verdi.

Allo stesso modo, risultano più sostenibili gli alimenti con un ridotto valore di acqua grigia, mentre se il valore è elevato significa che il prodotto è decisamente ad alto impatto. Per fare un esempio, degli oltre 15mila litri di acqua usata per produrre un chilo di carne di manzo, ad esempio, circa il 93% sarebbe verde, il 4% blu e il 3% grigia.

Dunque, per calcolare l’impronta idrica di un alimento occorre andare oltre la quantità di acqua utilizzata e analizzare più nel dettaglio i dati. Ciò non toglie la necessità di risparmiare acqua, una risorsa preziosa per noi e per il Pianeta.

Impronta idrica degli alimenti

Alimento Impronta idrica media globale (L/kg)
Pomodoro 214
Lattuga e cavolo 237
Patata 287
Cetriolo e zucca 353
Arancia 560
Banana 790
Mela 822
Pesca (frutto) 910
Latte 1020 (255 litri per un bicchiere da 250 ml)
Mais 1222
Pane 1608
Riso 1849
Formaggio 2497
Uova 300 (196 litri per un uovo di 60g)
Carne avicola 4325
Burro 5553
Carne suina 5988
Carne bovina 15415
Cioccolato 17196

Fonte: Water Footprint Network

Come ridurre il consumo di acqua

In base ai numeri che abbiamo visto è abbastanza chiaro quali sono gli alimenti che fanno salire il nostro consumo di acqua giornaliero. Se vogliamo limitare il consumo di acqua e far bene all’ambiente, meglio seguire una dieta basata prevalentemente su alimenti di origine vegetale come la verdura e i cereali che provengano da zone dove viene usata prevalentemente acqua verde; nel caso del nostro Paese, ha senso optate per alimenti a chilometro zero. Per quanto riguarda le fonti proteiche, si possono scegliere quelle a minor impatto idrico, come i legumi. Si stima che grazie a scelte consapevoli a tavola ognuno di noi potrebbe diminuire il proprio consumo giornaliero di acqua di circa 2500 litri. Riducendo il consumo di carne e di altri cibi ad alto impatto idrico come i cibi che subiscono molte trasformazioni o confezionati, potremmo diminuire complessivamente l’impronta idrica europea del 23%.

Limitare la frequenza con cui si mangia carne, soprattutto carne rossa, fa bene anche alla salute e al benessere, così come avviene se si riduce il consumo di alimenti confezionati e trasformati. Grazie a una dieta sana e bilanciata, fatta di cibi veri e per la maggior parte di origine vegetale, è infatti possibile tenere sotto controllo il peso corporeo, la glicemia, la pressione sanguigna e i livelli di colesterolo e di trigliceridi ematici fornendo contemporaneamente al proprio organismo acqua, fibre, vitamine, minerali e sostanze dall’azione antiossidante. Scegliere alimenti più sostenibile fa quindi bene all’ambiente e a noi stessi, anche in modo diretto e immediato.