Dieta per l’ipotiroidismo: i menù da portare in tavola quando la tiroide funziona “poco”

Importante è usare il sale iodato, mangiare la giusta quantità di pesce ogni settimana e portare in tavola cibi ricchi di selenio

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Luana Trumino

Editor specializzata in Salute & Benessere

Laureata in Scienze dell’Alimentazione e Nutrizione Umana, da oltre 15 anni scrive di benessere, occupandosi prevalentemente del rapporto tra nutrizione e salute.

Sensazione di freddo, sbalzi d’umore, sonnolenza, stanchezza e difficoltà di concentrazione, gonfiori, capelli secchi e fragili: sono alcuni dei sintomi percepiti da chi soffre di ipotiroidismo, una delle malattie endocrine più diffuse. Colpisce prevalentemente il sesso femminile con una più alta frequenza nella menopausa e in post menopausa, ma si può manifestare fin dall’età pediatrica, nell’adolescenza e nell’età adulta.

Una volta diagnosticata “la malattia insospettabile”, definita così a causa dall’aspecificità dei sintomi riconducibili anche a tante altre patologie, il medico stabilisce una terapia integrativa a base di ormoni tiroidei: il paziente, cioè, assume quella quantità di ormone che il suo organismo non è in grado di produrre autonomamente. Ma anche la dieta, come vedremo di seguito, può fare molto.

Cos’è l’ipotiroidismo

Si parla di ipotiroidismo quando la tiroide lavora poco, ossia produce una quantità insufficiente di ormoni. È la malattia tiroidea più diffusa: si stima colpisca il 7-8% delle donne in pre-menopausa e arriva al 10-15% dopo la menopausa. Una vita “a rallentatore”, quella vissuta dalle persone affette dalla malattia: l’ipotiroidismo, infatti, si associa in modo caratteristico a un rallentamento generalizzato delle funzioni corporee, dall’attività fisica alla funzionalità mentale, cardiovascolare, gastrointestinale e neuromuscolare.

I sintomi tendono ad apparire gradualmente, nell’arco di un lungo periodo di tempo.

Ipotiroidismo e peso corporeo

Sul fatto che l’ipotiroidismo possa rappresentare una causa di obesità si sono consumati molti falsi miti. “Un concetto errato, ma purtroppo molto diffuso – spiega il dott. Corrado Pierantoni, medico specialista in endocrinologia e malattie del ricambio e nutrizionista clinico a Lanciano (Ch) -. In realtà, il deficit di ormoni tiroidei può determinare un aumento di peso, però di lieve entità, e comunque solo quando l’ipotiroidismo è particolarmente avanzato. Il lieve incremento di peso causato dall’ipotiroidismo franco è in gran parte caratterizzato da ritenzione di liquidi e in minor misura da aumento del grasso corporeo. Gli ormoni tiroidei, però, sono implicati in tutti i processi metabolici dell’organismo. Pertanto, nell’ipotiroidismo più o meno grave si ha un proporzionale rallentamento del metabolismo, con un ridotto consumo energetico e quindi una diminuzione della produzione di calore”.

La dieta per l’ipotiroidismo

A livello mondiale, compreso il nostro Paese, le carenze alimentari di iodio sono una delle più comuni cause d’origine dell’ipotiroidismo. In molti pensano che basti una passeggiata in riva al mare per fare il pieno di questo importante minerale, ma purtroppo non è così. Lo iodio si assume solo attraverso gli alimenti, in particolare il pescato marino, e la carenza è sostanzialmente dovuta ad una errata alimentazione.

“Il sale iodato, ossia il sale da cucina con l’aggiunta di ioduro – suggerisce il dott. Pierantoni – è la principale risorsa per prevenire la carenza di iodio. È opportuno salare i cibi a crudo e mai in cottura, perché lo iodio ha un’alta volatilità ed evapora con le alte temperature. Il sale iodato ha lo stesso sapore e le stesse caratteristiche del sale comune, e secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità andrebbe usato a tutte le età e in tutte le condizioni fisiologiche in sostituzione del sale normale, tenendo presente che si tratta pur sempre di sale e sarebbe opportuno non abusarne (soprattutto per gli ipertesi)”.

Gli alimenti consigliati

Importante, dunque, usare il sale iodato al posto del comune sale da cucina, per incrementare l’assunzione di iodio. Un minerale che si trova anche in altri alimenti in dosi variabili. “Tra i cibi più ricchi di iodio – spiega il dott. Pierantoni – ci sono i crostacei e i pesci di mare, i mitili e gli alimenti provenienti dal mare in generale. Anche le uova, lo yogurt, alcuni formaggi e la carne ne contengono in certe quantità, che dipendono essenzialmente da cosa hanno mangiato gli animali: per questa ragione il contenuto può essere molto variabile”.

“I vegetali, invece, sono poveri del minerale, la cui quantità dipende dalle quantità contenute nel terreno. Ma cereali come grano, orzo e noci – così come patate, lenticchie, fagioli neri, barbabietole, prezzemolo e kefir sono ricchi di selenio, altro minerale dalle spiccate proprietà antiossidanti, importante nel trattamento dell’ipotiroidismo poiché capace di convertire l’ormone T4 in T3”, racconta il medico. Esistono, inoltre, studi che mettono in guardia dal pericolo di eventuali carenze congiunte di iodio e selenio, non solo nello sviluppo e nel mantenimento di quadri ipotiroidismo, ma anche di patologie autoimmuni a carico della tiroide, come le tiroiditi autoimmuni.

La settimana alimentare

Utilizzare al massimo 5 grammi di sale iodato al giorno al posto del sale comune (massimo consentito per un adulto) apporta di 160μg di iodio.

1 vasetto di yogurt di latte intero apporta circa 78µg di iodio.

1 porzione di pesce di mare (sgombro, cefalo, baccalà, merluzzo) apporta circa 150µg di iodio, consigliate 3 porzioni a settimana.

Crostacei (gamberi, mazzancolle, astici, aragosta, granchi, ecc.) 1 porzione inserita nella dieta 1 volta a settimana, può sostituire un secondo di carne perché è un’ottima fonte di proteine e apporta circa 120µg di iodio.

I primi piatti o le insalate possono essere condite con vongole, cozze, bottarga di muggine o tonno: anche solo 20 grammi di questi alimenti apportano circa 30µg di iodio.

I mitili (vongole e cozze) andrebbero consumati saltuariamente perché contengono parecchio colesterolo: 100 grammi di parte edibile apportano 140μg di iodio.

1 uovo di gallina contiene circa 35µg di iodio, consumare 2-3 uova a settimana come prevede l’equilibrata alimentazione, non di più perché ricche di colesterolo.

Formaggi. Una dieta equilibrata prevede quest’alimento 2-3 volte a settimana come secondo, 100 grammi di formaggio come taleggio, latteria, fontina, mediamente contengono 45 µg di iodio, mentre quelli stagionati (provolone, pecorino romano o grana padano) circa 38µg.

Si possono consumare 2-3 porzioni di carne alla settimana (preferibilmente quella di vitellone parte muscolo senza grasso visibile o il fegato).

Sì poi alla frutta secca a guscio, senza mai dimenticare di consumare 5 porzioni quotidiane di frutta e verdura. Per incrementare lo iodio è preferibile consumare anche anacardi, noci, pistacchi senza esagerare perché apportano molte calorie anche se provenienti da grassi insaturi benefici per la salute.

“Il consiglio, però, è quello di rivolgersi a un nutrizionista che, insieme al medico endocrinologo, possa mettere a punto un piano alimentare personalizzato in base alle esigenze specifiche del paziente. Quando si parla di tiroide – conclude l’esperto – bisogna stare attenti a molti fattori. Una dieta ad personam diventa indispensabile”.

 

I menù della giornata tipo

 

APPENA SVEGLI: Bevanda di acqua e limone

COLAZIONE: 1 yogurt intero (HD, se si soffre di gonfiore addominale); 3 cucchiai di cereali senza zucchero; 1 cucchiaino di semi oleaginosi misti

SPUNTINO MATTINA: 1 frutto di stagione; 1 tazza di tè verde; 3 noci

PRANZO: Pasta con le vongole; insalata mista

SPUNTINO POMERIGGIO: 1 frutto di stagione; 1 tazza di tè verde; 40 g di cioccolato fondente all’80%

CENA: Fegato alla veneziana; purè di patate