Un sipario si chiude, e lo fa nel modo più amaro. I negozi fisici di Chiara Ferragni, simbolo di un impero costruito sullo scintillio dell’influencer marketing e sull’estetica del rosa e dei cuoricini, non esistono più. Dopo la chiusura delle boutique di Milano (piazza Gae Aulenti) e Roma (via del Babuino), arriva ora la parola fine: la società che li gestiva, Fenice Retail Srl, è stata ufficialmente messa in liquidazione.
A confermare la notizia è stata l’agenzia Radiocor, che ha avuto accesso ai documenti societari: in due anni, la Fenice Retail ha perso 1,2 milioni di euro, bruciando ricavi e margini in un settore che, nel caso Ferragni, si è rivelato meno solido di quanto il branding lasciasse immaginare.
Chiara Ferragni, la caduta del regno rosa confetto
La boutique di Milano, la prima ad aprire nel 2017 nel cuore futurista della città, era stata il biglietto da visita del Ferragni-world nel mondo reale. Poi era arrivata Roma, in via del Babuino, una delle vie più eleganti della capitale, inaugurata nel 2023, ironia della sorte proprio quando esplodeva il caso più eclatante della sua carriera: il Pandoro Gate. Lo scandalo legato alla collaborazione con Balocco e alla comunicazione fuorviante sul reale valore benefico dell’operazione ha cambiato tutto.
La multa dell’Antitrust, il clamore mediatico e il successivo crollo reputazionale hanno minato le fondamenta di un impero costruito sull’immagine pubblica dell’influencer. E se sui social i numeri hanno cominciato a rallentare, nei negozi la crisi si è fatta ancora più evidente. La Ferragni vendeva il proprio lifestyle: dai vestiti ai trucchi, dai gioielli alla cartoleria glitterata. Ma la magia, pare, si è dissolta.
Fenice Retail in liquidazione: i numeri che raccontano la crisi
I dati parlano chiaro: 644 mila euro di ricavi in due anni, a fronte di circa 2 milioni di euro di costi tra affitti stellari e personale. Un gioco in perdita, difficile da sostenere anche per un marchio noto come Chiara Ferragni. La Fenice Retail, controllata al 100% dalla holding principale Fenice Srl, è finita così in fondo a un bilancio già in rosso: le perdite della sola società retail sono state di 530mila euro nel 2023 e di 684mila euro nel 2024, anno in cui gli effetti dello scandalo natalizio si sono fatti sentire con più forza.
La mossa finale è stata guidata da Claudio Calabi, nuovo amministratore nominato nel novembre scorso, che ha avviato un’operazione di taglio ai costi. Dietro la parola “liquidazione” si cela una precisa strategia di sopravvivenza: ridurre le spese e puntare solo su ciò che ancora funziona, ovvero l’ecommerce e le collaborazioni esterne.
Una crisi che si riflette anche dentro casa Ferragni
La Fenice Srl, società madre e vero cuore dell’attività imprenditoriale della Ferragni, è stata oggetto di un aumento di capitale da 6,8 milioni di euro. Un’operazione di salvataggio firmata proprio da lei, Chiara, che così facendo ha aumentato la sua quota fino al 99,8%. Il socio di minoranza, l’imprenditore Pasquale Morgese, ha sollevato diverse perplessità sul bilancio della partecipata Fenice Retail, mai condiviso in assemblea in maniera dettagliata.
Le tensioni interne, unite alle cifre in rosso, hanno contribuito a un contesto già fragile. Si parla di una crisi reputazionale diventata crisi economica, in cui il capitale di fiducia – quel valore intangibile costruito nel tempo – si è improvvisamente sgonfiato. Non è un caso se, secondo i documenti, la perdita complessiva del gruppo tra 2023 e 2024 ha superato i 10,2 milioni di euro.