Lo scandalo del pandoro gate ha portato sotto i riflettori Fabio Maria Damato, l’ormai ex general manager e braccio destro di Chiara Ferragni. Molti lo hanno conosciuto dopo The Ferragnez, il documentario su Prime Video in cui l’imprenditrice digitale raccontava la sua vita insieme all’ex marito Fedez. E, in effetti, è stato a lungo una figura a dir poco fondamentale e determinante per l’imprenditrice digitale e influencer. Fino al caso Balocco, che ha cambiato la vita di entrambi e che ha reso popolare Damato, anche lui indagato per truffa aggravata come la Ferragni.
Chi è Fabio Maria Damato, ex general manager e braccio destro di Chiara Ferragni
Originario di Barletta, Fabio Maria Damato (non è nota la sua data di nascita ma dovrebbe essere nato negli anni Ottanta) si è trasferito giovanissimo a Milano. Qui si è laureato in Economia Aziendale alla Bocconi. Prima di incontrare Chiara Ferragni ha lavorato come fashion editor per Class Editori e per il Corriere della Sera e ha scritto di moda per diverse pubblicazioni tra cui Amica e MF Fashion.
Nel 2017 è diventato general manager di The Blonde Salad e di Chiara Ferragni Collection e della TBS Crew Agency, l’agenzia di marketing fondata dalla Ferragni nel 2009. Ma ha ricoperto anche il ruolo di stylist di Chiara Ferragni: si è occupato, ad esempio, di alcuni look sfoggiati al Festival di Sanremo 2023. È stato inoltre uno dei produttori del film Chiara Ferragni Unposted.
“Uno dei miei più cari amici, è il mio braccio destro, sinistro, tutto. Mi aiuta in qualsiasi attività lavorativa”, l’ha definito una volta Chiara Ferragni. Un sodalizio professionale e privato che è durato svariati anni e che, secondo i gossip, sarebbe stato anche motivo di screzi tra l’influencer e l’ex marito Fedez.
Il rapper non ha apprezzato il comportamento di Fabio Maria Damato dopo lo scandalo del pandoro e l’ha pubblicamente attaccato in un’intervista rilasciata a Francesca Fagnani a Belve: “Ci tengo a dire una cosa indipendentemente dalla vicenda giudiziaria: Chiara ha sbagliato e non lo dico in termini legali, si poteva gestire meglio. Ma una cosa so: sono sicuro che non ci sia cattiva fede, mi spiace perché lei ha deciso di prendersi tutte le responsabilità quando poteva e doveva spiegare che le responsabilità, se ci sono, non sono solo sue. Dei suoi manager? Di uno solo”.
Chiara Ferragni e Fabio Maria Damato: la rottura dopo lo scandalo del pandoro
Nel 2024, in seguito al pandoro gate, si è spezzato l’idillio tra Chiara Ferragni e Fabio Maria Damato. Entrambi indagati per truffa aggravata, hanno deciso di dividere le proprie strade professionali. Con un comunicato stampa l’imprenditrice digitale ha annunciato l’uscita di Damato dalle sue società: “A partire dal 16 giugno 2024, Fabio Maria Damato cesserà dalla funzione di direttore generale e consigliere di entrambe le aziende per perseguire altre opportunità professionali. Il cambiamento fa parte di un percorso di rinnovamento aziendale”.
Al suo posto Marina Di Guardo, la madre di Chiara Ferragni, che ha assunto formalmente il ruolo di direttore generale della Sisterhood, holding che gestisce anche Fenice e Tbs Crew. E poi Lorenzo Castelli, manager selezionato nel 2021 da Forbes Italia tra gli Under 30 più promettenti della categoria Venture Capital, e Alessandro Marina, un consulente noto nel mondo della moda milanese. In un lungo post su Instagram, Damato ha spiegato la sua versione dei fatti circa l’allontanamento dalla Ferragni.
Fabio ha assicurato di non essere stato licenziato: “Lo scorso febbraio, infatti, dopo attente e inevitabili riflessioni, ho deciso di dare le dimissioni (quindi no, non sono stato licenziato) dalle aziende con cui ho condiviso un percorso professionale incredibile, e per le quali negli anni ho dato tutto me stesso in termini di assoluta dedizione, idee, cuore e testa, sempre onorando i valori di onestà e correttezza che mi contraddistinguono”.
“Ho accolto fino alla fine le necessità delle società che mi hanno chiesto di restare fino a giugno, nonostante le operazioni di comunicazione poste in essere dal 17 dicembre 2023 in avanti non hanno visto il mio coinvolgimento, ha aggiunto. Poi per la prima volta ha parlato dello scandalo del pandoro: “Non mi è permesso in questo momento entrare nel merito del caso pandoro ma essendo diventate pubbliche alcune e-mail insistentemente a me attribuite, devo precisare come nessuna di queste e-mail fosse la mia“.
Non è mancata una frecciatina ai media, per il profilo che hanno tracciato di lui: “Resto amareggiato per come questa vicenda abbia messo in ombra anni di duro e onesto lavoro fatto dalle società e dalle persone coinvolte. Un lavoro sempre in salita, costellato di tanti ostacoli e altrettanti successi, che chiunque si ritenga intellettualmente onesto non può attribuire solo al caso o alla fortuna. Mi ferisce la sofferenza inflitta ai dipendenti di tutte le società che s sono sentiti attaccati pubblicamente e hanno visto messe in pericolo le aziende per cui lavorano e di conseguenza i loro posti di lavoro”.
Nel lungo messaggio social anche una menzione ai presunti guadagni stellari: “Ho letto una certa ossessione circa i miei presunti incredibili guadagni. Purtroppo (per me) non solo le cifre circolate sul mio stipendio di lavoratore dipendente sono lontane dalla realtà, ma non ho mai nemmeno percepito da membro dei due consigli di amministrazione quei fantastici compensi di cui scrive, perché sono ruoli che ho ricoperto a titolo gratuito fino alla mia uscita volontaria”.
Damato ha stoppato anche le indiscrezioni sulla liquidazione monstre che avrebbe richiesto: “Per finire, nel segno della coerenza al momento delle mie dimissioni volontarie da tutte le cariche non ho chiesto nessuna liquidazione aggiuntiva, tantomeno di 4 milioni di euro e nulla in più mi è stato versato se non gli oneri previdenziali spettanti d legge a qualsiasi lavoratore dipendente”.
Infine la rettifica al comunicato diramato da Fenice e TBS Crew: “In questi mesi difficili non ho mai replicato a provocazioni o a informazioni errate circolate sul mio conto perché da dipendente credevo non fosse corretto farlo visto il rispetto per le persone, le gerarchie e per le aziende per cui ho lavorato. Ma oggi è opportuno anche rettificare come la mia uscita sia stata una scelta autonoma e volontaria, e non, come diffuso dall’azienda, che “il cambiamento fa parte di un percorso di rinnovamento aziendale. Grazie”.