SMA o Atrofia Muscolare Spinale, cos’è, come si presenta e come si può affrontare

La SMA è una malattia genetica rara che provoca la perdita progressiva delle capacità motorie. Ne esistono di tre tipi di gravità diversa: le cure disponibili

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 4 Marzo 2025 18:44

L’Atrofia Muscolare Spinale (SMA) è una malattia genetica rara in cui si perdono progressivamente le capacità motorie.  Colpisce le cellule nervose delle corna anteriori del midollo spinale. Da queste cellule (motoneuroni) partono i nervi diretti ai muscoli, principalmente quelli più vicini al tronco.

Questa condizione porta ad una debolezza dei muscoli che può essere di grado variabile, a seconda della forma clinica, dove l’interessamento delle gambe è generalmente maggiore delle braccia. A fronte della gravità variabile del quadro, fondamentale è riconoscere presto la patologia, anche perché le cure possono iniziare sempre più presto.

Tra le opzioni disponibili in questo senso, frutto della ricerca che ha portato a varie opportunità d’approccio alla malattia, c’è un ulteriore passo avanti: il via libera per un farmaco (risdiplam) anche per i neonati sotto i due mesi. In un pianeta che vede diversi avanzamenti terapeutici, la certezza che la scienza va avanti.

Come si sviluppa e come si presenta la SMA

La SMA si conosce da tempo. almeno sul fronte clinico. Poi, nel 1989, si è identificato il gene che si correla alla malattia. Nella sua forma di gran lunga prevalente, la patologia si definisce autosomica recessiva. Questo significa che si manifesta solo se entrambi i genitori sono portatori sani della mutazione genetica responsabile della malattia. Perché il nascituro sia affetto da SMA è necessario quindi che riceva la mutazione da entrambi i genitori.

Nel caso in cui entrambi i genitori siano portatori sani, la probabilità che il gene venga trasmesso da entrambi al nascituro rendendolo affetto da SMA è del 25%, cioè un caso su quattro.

Sul fronte clinico (quasi in due casi su tre), la forma di SMA più diffusa è anche quella più grave, il tipo I, che spesso può essere mortale nei primi mesi di vita e richiede un’assistenza continuativa altamente specializzata.

Un bambino affetto da SMA1 non è in grado di stare seduto da solo, talvolta ha difficoltà a sollevare la testa o di compiere i normali progressi fisici e motori. La deglutizione e l’alimentazione possono essere difficoltose. C’è una debolezza generale ed anche nei muscoli respiratori intercostali e accessori (muscoli situati fra le costole). Per questo motivo è spesso necessario un supporto per mangiare e respirare. La terapia riabilitativa deve essere costante per contrastare la progressione della malattia.

La diagnosi del tipo II della malattia viene quasi sempre formulata prima dei due anni di età, con una netta maggioranza di casi diagnosticati tra i 6 e i 18 mesi. I bambini affetti da questo tipo mostrano una debolezza generalizzata dei muscoli (meno grave che nella forma di tipo I) riescono ma mantenere la posizione seduta ma non camminano autonomamente. Tuttavia le modalità con le quali si manifesta la malattia possono essere variabili da bambino a bambino.

I bambini affetti da SMA II utilizzano la carrozzina manuale o elettronica per spostarsi. È importante monitorare l’alimentazione e la respirazione oltre che eseguire la terapia riabilitativa regolarmente.

Infine esiste una SMA Tipo 3 o lieve, chiamata anche malattia di Kugelberg-Welander o atrofia muscolare spinale giovanile. La patologia viene riconosciuta ad un’età variabile che va da poco dopo i diciotto mesi di età alla prima adolescenza.

Tutti i pazienti sono in grado di deambulare autonomamente ma con difficoltà progressivamente crescenti, fino a perdere questa abilità. È possibile riscontrare tremore nelle dita in estensione. Le difficoltà nella masticazione e nella respirazione sono molto rare. Anche in queste forme è importante eseguire la terapia riabilitativa per contrastare la progressione della malattia.

Importante la diagnosi precocissima

Arrivare presto, in questa ed altre patologie che si possono manifestare fin dai primi giorni di vita, è fondamentale. E lo screening sui neonati, che deve essere assicurato ovunque, offre un “alert” che si conferma poi con esami mirati per la patologia.

“Poter usufruire delle opportunità terapeutiche disponibili fin dai primi giorni di vita dei bambini permette un ulteriore miglioramento della qualità di vita delle persone con SMA – è il parere di Anita Pallara, Presidente Famiglie SMA. Questa approvazione pone, inoltre, le basi per lavorare maggiormente sulla richiesta dell’estensione dei programmi di screening neonatale in tutte le Regioni d’Italia, per garantire in egual misura su tutto il territorio nazionale un dritto alla salute imprescindibile”.

Ricordiamolo. La SMA è causata dall’assenza o alterazione del gene SMN1, che comporta una quantità insufficiente di proteina funzionale del motoneurone di sopravvivenza (SMN). Per accelerare la presa in carico dei pazienti con SMA, in linea con l’autonomia delle Regioni in ambito sanitario, negli ultimi anni i governi regionali si sono organizzati per includere la SMA nei programmi di screening neonatale.

Sono attualmente 13 le Regioni in cui sono partiti progetti pilota: Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Liguria, Puglia, Piemonte, Valle d’Aosta, Toscana, Trentino e Veneto. In alcuni casi alcune realtà si sono poi stabilizzate ma “con altre realtà in cui bisogna continuare anche al termine del progetto pilota – fa notare Pallara”.

Insomma. In assenza di una linea uniforme a livello nazionale per aggiornare il panel delle patologie da sottoporre a screening neonatale esteso, le Regioni si sono mosse in maniera autonoma per offrire il test che consente di individuare in maniera precoce la SMA e prendere precocemente in carico il paziente.

“Questi anni di ricerca ed esperienza clinica ci hanno dimostrato quanto sia fondamentale intervenire il prima possibile nel trattamento della SMA – fa sapere Valeria Sansone, direttore clinico scientifico del Centro Clinico NeMO di Milano e professore ordinario di neurologia dell’Università degli Studi di Milano – Oggi allora possiamo parlare di un’opportunità in più per i bambini di età inferiore ai due mesi nel rallentare precocemente la progressione della patologia con somministrazione per via orale. A questo si unisce, come sempre, la necessità imprescindibile di un approccio di cura mirato e multidisciplinare, in grado di accompagnare e supportare adeguatamente la crescita di questi piccoli”.

Presente e futuro

“Le cure modificano la traiettoria della malattia in maniera straordinaria, a patto che si arrivi presto – commenta Giacomo Comi, Professore Ordinario di Neurologia presso la Fondazione I.R.C.C.S. Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Per questo lo screening neonatale e il trattamento più precoce possibile sono fondamentali. Le terapie che hanno modificato il quadro lo hanno fatto nella vita quotidiana”.

In particolare, il farmaco è una piccola molecola che permette di ripristinare la produzione della proteina SMN funzionale, riducendo così i sintomi della malattia e rallentandone la progressione. Viene somministrato quotidianamente a domicilio sotto forma di sciroppo, per via orale o tramite sondino nasogastrico.

Aiuta ad incrementare e sostenere la produzione della proteina SMN a livello del sistema nervoso centrale e nei tessuti periferici. Questa proteina si trova in tutto il corpo ed è fondamentale per il mantenimento della salute dei motoneuroni e di altre funzioni come la deglutizione, il linguaggio, la respirazione e il movimento.

“L’estensione della autorizzazione all’impiego di risdiplam in bambini di età inferiore a due mesi, con difetto genetico di SMN1 causativo di atrofia muscolare spinale, amplia il repertorio farmacologico disponibile in un momento estremamente critico dell’adattamento alla vita extrauterina ed alle primissime fasi dello sviluppo – riprende l’esperto.

È, infatti, noto da solidissimi studi di base e dagli studi clinici controllati che la cascata di eventi di perdita dei motoneuroni si verifica in modo tumultuoso nei primissimi giorni di vita durante i quali la funzione della proteina denominata “Survival Motor Neuron” (Sopravvivenza del motoneurone) è estremamente critica. La validità della implementazione universale dello screening neonatale viene ulteriormente rafforzata da questa approvazione, fondamentale anche per la cura di pazienti che abbiano criteri di esclusione rispetto ad altre terapie efficaci. È un nuovo successo per l’innovazione terapeutica in una malattia genetica invariabilmente fatale se non trattata nella sua forma di tipo 1 e grandemente invalidante in tutte le altre manifestazioni cliniche”.

E in futuro, forse, si potrebbe arrivare a trattare già la gestante per curare il bambino. A patto di disporre dell’informazione relativa alla mutazione genetica. per non parlare di altre possibili terapie che agiscano anche su altri fronti della malattia, magari agendo direttamente sulla ripresa dei muscoli. E senza dimenticare i risultati del trattamento genico. Per cure future da valutare caso per caso. Sempre arrivando prima possibile con le terapie.