Risonanza magnetica: in cosa consiste e quando è richiesta

La risonanza magnetica è una tecnica di imaging diagnostico che utilizza potenti campi magnetici e onde radio per creare immagini dettagliate degli organi e delle strutture interne del corpo

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Ivan Shashkin

Medico

Medico appassionato di immunologia ed ematologia con interesse e esperienza in ambito di ricerca.

Pubblicato: 7 Maggio 2024 12:12

Esame diagnostico di primaria importanza, la risonanza magnetica (RM) consente di visualizzare l’interno del corpo umano in modo del tutto sicuro per il paziente: si tratta, infatti, di una metodica radiologica, che sfrutta i campi magnetici e che non espone il corpo a radiazioni ionizzanti (motivo per cui è indicata anche per chi necessita di sottoporsi a numerosi esami in un breve lasso di tempo).

Inizialmente impiegata per indagare anomalie del sistema nervoso centrale, viene oggi utilizzata per lo studio di tutti i distretti (cervello, midollo spinale, torace, addome, articolazioni, muscoli, sistema scheletrico) e per la diagnosi e lo studio evolutivo di patologie infiammatorie e infettive, tumori, patologie traumatiche e degenerative. È dunque uno strumento diagnostico ma anche preventivo, in quanto consente di individuare tempestivamente tumori o metastasi.

Cos’è la risonanza magnetica e come si svolge

La risonanza magnetica – grazie alla sua precisione, ai suoi limitati effetti collaterali e alle sue scarse controindicazioni – viene prescritta per la diagnosi di numerose patologie: l’ernia del disco, la diagnosi, la stadiazione e la valutazione di condizioni oncologiche, ma anche le conseguenze di eventi traumatici ai danni di ossa, muscoli e articolazioni.

La macchina per la RM è dotata di un grande magnete da cui si generano campi magnetici, capaci di creare immagini tridimensionali e dettagliate di tutta una serie di distretti del corpo umano. Tali campi, infatti, modificano l’orientamento degli atomi di idrogeno che le cellule del distretto interessato contengono. Una volta che viene disattivato il magnete, questi ripristinano il loro orientamento originale e, compiendo questa azione, emettono energia: il macchinario la capta attraverso i suoi rilevatori e l’elaborazione software permette di creare le immagini diagnostiche che il medico specialista (oncologo, neurochirurgo, cardiologo ecc.) analizzerà.

Il paziente che si sottopone a risonanza magnetica non deve compiere particolari azioni: deve semplicemente stendersi su un lettino che viene fatto scorrere all’interno della macchina. Per tutta la durata dell’esame (che dipende dal distretto da indagare e che dura in genere 30-45 minuti) dovrà stare fermo e rilassato all’interno del “tubo” che è aperto alle estremità ed è dotato di un sistema per la comunicazione con gli operatori in caso di necessità.

Preparazione alla risonanza magnetica

A prescindere dal distretto da indagare, la risonanza magnetica non necessita di alcuna preparazione (neppure se si andrà ad effettuarla con mezzo di contrasto): si può mangiare normalmente e non bisogna sospendere i propri farmaci. Se il paziente è un soggetto allergico, tuttavia, il medico può agire preventivamente sulle potenziali reazioni al mezzo di contrasto paramagnetico e può prescrivere la misurazione della creatininemia per assicurarsi che non vi sia un’alterazione nella funzionalità renale. Se la paziente allatta al seno, è consigliabile che estragga il latte da dare al neonato per le 24 ore successive alla risonanza magnetica, se fatta con mezzo di contrasto, in modo da evitare che la sostanza utilizzata sia ceduta al bambino.

L’unica raccomandazione, il giorno dell’esame, riguarda l’abbigliamento: è bene indossare capi privi di bottoni automatici, cerniere, spille e altri parti metalliche (sebbene, di norma, il paziente venga invitato a restare in biancheria intima e ad indossare il camice fornito in dotazione dall’ospedale/centro diagnostico). Occorrerà togliere anche piercing e orecchini, occhiali, orologi, apparecchi per l’udito, protesi dentarie, busti e – talvolta – persino il make-up.

Controindicazioni della risonanza magnetica

La risonanza magnetica è un esame che presenta poche controindicazioni.

Si tende a non prescrivere questo esame alle donne in gravidanza soprattutto in alcuni momenti specifici, per esempio, durante il primo trimestre, quando gli organi del feto sono in fase di sviluppo, solitamente si cerca di evitare qualsiasi procedura di imaging non necessaria, inclusa la RM. Dopo il primo trimestre, in alcuni casi il medico potrebbe dover eseguire un esame di imaging; in tali situazioni, la risonanza magnetica è decisamente preferibile.

Non può essere prescritta in caso il paziente porti il pacemaker cardiaco non compatibile o un neurostimolatore, in quanto i campi magnetici della macchina potrebbero comprometterne il funzionamento.

Si sconsiglia l’esame anche ai portatori di strutture metalliche in seguito a interventi chirurgici o incidenti (protesi, chiodi, viti, proiettili), poiché potrebbero spostarsi o surriscaldarsi per effetto dei campi magnetici.

Quando è richiesta la risonanza magnetica

La risonanza magnetica permette di indagare i tessuti molli e, a differenza di altre tecniche diagnostiche, consente di discriminare tra le diverse tipologie di tessuti.

Le sue applicazioni sono numerose: essendo una metodica di diagnostica per immagini di recente invenzione, e di elevata affidabilità, viene utilizzata per diagnosticare una serie di condizioni patologiche a carico di diversi organi e tessuti. In particolare, la risonanza magnetica permette di valutare lo stato di salute di:

  • sistema nervoso (tumori cerebrali e del midollo spinale, ictus, epilessia, morbo di Alzheimer);
  • apparato muscolo-scheletrico (ernie del disco, patologie dei dischi intervertebrali, danni ai muscoli e alle articolazioni, fratture di ossa e cartilagini);
  • sistema cardio-circolatorio, per valutare la vascolarizzazione degli organi e dei tessuti, e la corretta circolazione venosa;
  • apparato respiratorio (tumori polmonari);
  • apparato gastrointestinale (tumore a stomaco, pancreas e intestino, morbo di Crohn).

La sua primaria applicazione è dunque in campo oncologico: la risonanza magnetica permette, infatti, di effettuare diagnosi, stadiazione e valutazione della risposta al trattamento di diversi tipi di tumore. Grazie all’impiego dei campi magnetici, e alla loro capacità di indagare i tessuti molli, il tumore viene studiato come un’area di segnale alterato all’interno di un organo o di un tessuto: la sua diagnosi sarà dunque più accurata e per lo specialista sarà più semplice definire gli step terapeutici successivi.

Risonanza magnetica e TAC

Sia la risonanza magnetica sia la TAC (tomografia assiale computerizzata) sono due modalità di diagnostica per immagini, ma le loro differenze sono sostanziali: mentre la prima si avvale dell’uso di campi magnetici, la seconda sfrutta le radiazioni ionizzanti (raggi X). Tuttavia, in merito alle possibili applicazioni, non differiscono molto: sono infatti similmente efficaci nel confermare una diagnosi.

La risonanza magnetica viene maggiormente impiegata per la diagnosi delle patologie a carico dell’apparato muscolo-scheletrico, mentre la TAC è in genere prescritta in campo oncologico e per il rilevamento di emorragie interne, malattie vascolari (aneurismi, coronaropatie), stati infiammatori (pancreatite, encefalite) e di esiti vascolari, sugli organi e sullo scheletro conseguenti un forte trauma.

La TAC ha una durata minore (5-10 minuti), la risonanza magnetica può durare tra i 15 e i 90 minuti. Inoltre, mentre la prima espone il paziente a radiazioni ionizzanti ed è sconsigliata per tutta la durata della gravidanza e per i bambini (salvo rare eccezioni), i campi magnetici prodotti dalla seconda non sono dannosi per l’essere umano.

A grandi linee la RM offre vantaggi significativi nella visualizzazione dei tessuti molli e delle strutture anatomiche senza l’uso di radiazioni ionizzanti, mentre la TC può essere preferibile per la sua rapidità di acquisizione, relativa economicità e la sua capacità di fornire immagini dettagliate dei tessuti ossei e delle lesioni traumatiche.

Risonanza magnetica con mezzo di contrasto

Una particolare tipologia di risonanza magnetica è rappresentata dalla risonanza magnetica con mezzo di contrasto. Questo, iniettato per via endovenosa, consente di ottenere immagini ancor più dettagliate e si rende particolarmente utile quando è necessario indagare i vasi sanguigni, gli organi e i tessuti.

La risonanza magnetica con mezzo di contrasto viene offerta dagli ospedali e dai centri diagnostici più avanzati che, solitamente, impiegano il gadolinio: questo, che viene poi eliminato attraverso l’urina, favorisce una migliore distinzione i diversi tipi di lesione. Oggi, a seguito di una revisione condotta dall’EMA (European Medicine Agency), che ha raccomandato di sospendere l’impiego di mezzi di contrasto lineari, vengono utilizzati per la risonanza magnetica i mezzi di contrasto macrociclici (gadobutrolo, acido gadoterico e gadoteridolo), che risultano più stabili e scongiurano il rischio accumulo del gadolinio a livello cerebrale.

La risonanza magnetica con mezzo di contrasto viene impiegata spesso per lo studio di:

  • tumori,
  • stati infiammatori a carico di organi, tessuti, ossa e articolazioni,
  • irrorazione sanguigna di organi e tessuti,
  • stato di salute di vene e arterie,
  • lesioni a carico degli organi e dei tessuti.

La sua affidabilità è elevata e i rischi connessi al mezzo di contrasto sono decisamente ridotti.

Fonti bibliografiche: