Reni: come funzionano, patologie ed esami

La MRC (Malattia Renale Cronica) è una delle malattie croniche più diffuse in Italia: sintomi, cure, conseguenze e prevenzione

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Come ricordano gli esperti della società Italiana di Nefrologia (SIN), la MRC (Malattia Renale Cronica) è una delle malattie croniche più diffuse in Italia, dove la sua prevalenza è stimata intorno all’ 8% della popolazione ed è, purtroppo, in continuo aumento, anche a causa dell’invecchiamento della popolazione generale. Circa 50.000 pazienti in Italia sono in dialisi ed altrettanti sono portatori di trapianto renale.

Numerosissimi studi hanno evidenziato che la MRC è un’importante causa di eventi cardiovascolari fatali e non-fatali e si associa ad una elevata mortalità da tutte le cause.  Negli ultimi 25 anni la mortalità da MRC è aumentata di oltre il 40% e la storia naturale della patologia ha portato alla dialisi o al trapianto renale, e gli ultimi dati del registro europeo di dialisi e trapianto mostrano come l’incidenza in dialisi nelle ultime due decadi non sia diminuita ma anzi sia ancora oggi in crescita. Per questo ogni anno il 9 marzo si celebra la Giornata Mondiale del Rene (WKD – World Kidney Day), un’occasione importante per scoprire quanto contano per il benessere questi organi, che spesso soffrono in silenzio, senza dare alcun segnale delle difficoltà che incontrano a svolgere il loro lavoro.

 Come sono fatti i reni 

Ricordano un fagiolo, grande più o meno come una saponetta, e si trovano ai due lati della colonna vertebrale. Il loro colore tende al rosso – marrone. I reni sono organi fondamentali per l’organismo, capaci di “riempirsi” continuamente di sangue con uno scopo preciso. Ripulire il prezioso liquido da tutte quelle sostanze che potrebbero essere nocive per il corpo. In un minuto quasi un litro di sangue viene pompato all’interno dei reni dall’aorta, attraverso l’arteria renale Il rene è collegato con il resto dell’organismo nella sua zona centrale, che si chiama pelvi.

Nel suo interno sono riconoscibili due grandi porzioni: una zona più esterna che si chiama corticale e un’altra più interna denominata zona midollare. La midollare, a sua volta, è formata da una serie di “piramidi”, mediamente il loro numero si aggira tra le 12 e le 18, che confluiscono tutte nella pelvi. Nelle piramidi viene prodotta l’urina che poi, dopo essere stata accumulata in un naturale raccoglitore chiamato “bacinetto”, entra nell’uretere, un tubicino che collega il rene con la vescica. Da questa, poi, viene emessa all’esterno.  

 Come funzionano i reni? 

 Apparentemente si tratta di un sistema estremamente semplice, ma perché il rene funzioni correttamente occorrono diversi elementi. A partire dalle unità che operano in questa sorta di “impresa” di pulizia, i nefroni, capaci di agire come vere e proprie stazioni di filtraggio. Nei due reni questi nefroni sono quasi due milioni. Ed ogni nefrone è percorso da piccolissimi capillari di sangue ed ha al suo interno un complesso sistema di tubicini, che hanno il compito di aumentare la quantità di liquido depurata da ogni nefrone. Quanto più questa rete è ampia, infatti, tanto maggiore è la quantità di sangue può essere filtrata. Oltre a “produrre” l’urina in cui verranno eliminate le sostanze di scarto per l’organismo, i nefroni ricuperano l’acqua necessaria al corpo e anche i principi chimici utili per l’organismo. In questo modo il nefrone, piccola unità operativa del rene, concorre a mantenerci in piena forma. Arrivando addirittura a trasformare, nelle varie “centrali” dei due reni, poco meno di duecento litri di sangue al giorno.  

 Urina: cos’è e cosa contiene 

 L’urina è un liquido organico prodotto dai reni attraverso cui vengono espulsi gli scarti del corpo che vengono dalle varie reazioni chimiche necessarie per produrre energia. Uno degli elementi più rappresentati dopo l’acqua, che rappresenta il 95 per cento del contenuto urinario, è quindi l’azoto, che viene eliminato dopo essere stato utilizzato per la produzione delle proteine. In realtà nelle urine non si trova solamente azoto, ma bensì le varie strutture chimiche che da esso derivano, come l’urea, l’acido urico e la creatinina.

All’interno dell’urina, poi, ci sono molti sali minerali. E il compito del rene, in questo caso, è quello di riconoscere di quali sostanze ha bisogno l’organismo per evitarne la dispersione con l’urina, e allo stesso tempo di individuare quelle in eccesso per eliminarle. Questo meccanismo è fondamentale per mantenere sotto controllo i valori del calcio, del sodio, del ferro e del magnesio. Basti pensare solamente che una carenza di controllo da parte dei reni nei confronti dell’equilibrio tra sodio e potassio può mettere in difficoltà il cuore, favorendo la comparsa di gravi aritmie.

L’acqua eliminata con le urine varia invece in base alle necessità dell’organismo, ed anche il liquido può essere più o meno concentrato. Ad esempio se si rimane o lungo in un ambiente molto caldo oppure si suda profusamente per uno sforzo fisico intenso il rene si “rende conto”, attraverso l’azione di speciali ormoni, che occorre risparmiare la massima quantità di liquidi. E quindi riduce la quantità di urina (che comunque non deve mai scendere sotto il mezzo litro al giorno). Al contrario, se si beve molto e se il clima è particolarmente rigido, la produzione di urina aumenta.  

 Come si controllano i reni 

 A controllare l’attività dei reni, anche sulla base di quanto accade alle altre vie di eliminazione di liquidi come le feci o il sudore, provvede una sorta di “stazione di controllo” che si trova all’interno del cranio. Il suo nome è ipotalamo e, tra gli altri compiti di regolazione, fa anche in modo che la quantità dei liquidi presenti nel corpo (in media il corpo di una persona adulta è fatto per il 55-60 per cento da acqua) non si modifichi troppo.

Se il volume del liquido nel sangue cala, l’ipotalamo dà il via all’ipofisi (una piccola ghiandola del cervello) perché produca ormone antidiuretico che “informa” i reni sulla necessità di assorbire l’acqua e non eliminarla con l’urina. Quando invece siamo “carichi” di liquidi, arriva l’indicazione opposta. Cala la secrezione di ormone antidiuretico e quindi la produzione di urina aumenta. In questo formidabile sistema di controllo anche il rene riesce però a ritagliarsi un ruolo autonomo, grazie al cosiddetto sistema renina-angiotensina. Infatti quando la quantità di sodio nel sangue cala, e con essa la pressione arteriosa, il rene produce un particolare enzima che si chiama renina. Questa sostanza, attraverso una serie di reazioni, porta a due fenomeni.

Da un lato le ghiandole surrenali aumentano la secrezione di aldosterone, un ormone che favorisce il ricupero del sodio nel rene. Dall’altro l’angiotensina fa aumentare la pressione e quindi aumenta il lavoro del rene che filtra più sangue. Infine, viene stimolata anche la produzione di ormone antidiuretico da parte dell’ipotalamo per aumentare la sete. Questi fenomeni normalmente vengono “bloccati” quando la situazione ritorna normale, ma in alcuni casi, nelle persone che hanno la pressione alta, si mantengono peggiorando la situazione del rene. 

 Insufficienza renale o malattia renale cronica, i sintomi 

Il rene è un organo molto sensibile, e quindi si può ammalare facilmente risentendo di patologie che interessano l’intero organismo come il diabete oppure diventando sede di infezioni. Quando però si instaura una malattia cronica come l’ipertensione, lo stesso diabete oppure gravi quadri di aterosclerosi a carico delle arterie che portano il sangue ai reni e attraverso questi organi oppure un’infezione crea un danno tale da non poter essere riassorbito, si può andare verso l’insufficienza renale.

Questa condizione patologica comporta un progressivo calo dell’attività del rene, che non è più in grado di “depurare” il sangue e di assicurare i normali meccanismi di controllo dei liquidi del corpo, producendo quindi urine che non rispondono alle reali necessità dell’organismo, perché troppo o poco concentrate. Negli anni l’insufficienza renale che inizialmente non dà alcun disturbo comincia a dare segni della sua presenza. Uno dei primi sintomi può essere l’incremento della quantità di urina, legata alla sua scarsa concentrazione, che induce il bisogno di alzarsi più volte durante la notte. Oppure cala di molto la quantità di urina prodotta nelle 24 ore, che arriva a scendere fino al mezzo litro al giorno. O ancora il colore dell’urina si fa più scuro, indice di possibile perdita di sangue. Oppure una forte stanchezza, accompagnata da prurito e inappetenza.

Infine, se il rene perde in maniera significativa la sua capacità di rispondere alle richieste del corpo si possono manifestare gonfiori (i cosiddetti edemi) localizzati soprattutto alle gambe, e legati all’impossibilità da parte dei reni di eliminare i liquidi in eccesso. Per lo stesso motivo si può manifestare una disidratazione. Infatti se il rene è malato non è in grado di ridurre la produzione di urina quando si suda molto o si è vittime di una forte diarrea, con il risultato che al corpo vengono a mancare sali minerali fondamentali. 

Quando la situazione tende ad aggravarsi ulteriormente, poi, il rene stesso modifica la sua struttura diventando più piccolo, quasi rattrappito. Si tratta della fase in cui si parla di “rene grinzo”, e in cui le varie componenti del rene non sono più in grado di filtrare correttamente il sangue. Prende quindi il via la fase più drammatica dell’insufficienza renale con accumulo di sostanze tossiche oppure solo nocive nell’organismo, capaci comunque di danneggiare pesantemente il corpo. Comincia così la fase dell’uremia, definibile come una sorta di intossicazione generalizzata dell’organismo. 

 Cos’è l’uremia e come si riconosce 

 Se l’insufficienza renale arriva all’uremia, l’intero organismo viene danneggiato. Ecco, in sintesi, i problemi che più comunemente vengono riscontrati nei malati di insufficienza renale grave. 

  • Difficoltà respiratorie, legate alla formazione di liquido all’interno dei polmoni in quello che viene definito edema polmonare. 
  • Dolori alle ossa, per perdita di calcio e fosforo e mancanza di vitamina D, con conseguente osteoporosi. 
  • Debolezza, legata all’anemia provocata dalla carente produzione di eritropoietina (ormone che stimola la sintesi di globuli rossi) da parte del rene malato. 
  • Nervosismo, ansia, insonnia, dovuti alla presenza di sostanze nocive che non vengono eliminate dai reni e alterano i sistemi di controllo del sistema nervoso. 
  • Prurito, causato dall’accumulo di sostanze che normalmente vengono eliminate dai reni ma che se presenti in quantità elevata possono anche stimolare questo fastidio a carico della pelle. 
  • Nausea e vomito, per la presenza di una cattiva digestione legata all’impossibilità di utilizzare i principi nutritivi. 
  • Ipertensione, causata dall’insufficiente eliminazione del sodio. Questo quadro può avere ripercussioni anche sul cuore, che col tempo tende a sforzarsi eccessivamente proprio per la pressione troppo elevata. 

 Esami per verificare la salute dei reni 

 Caso per caso il medico indica una serie di controlli. Ma esistono comunque esami che vengono fatti più spesso per valutare la salute renale. Eccone alcuni.  

  • Esami del sangue. I più richiesti sono la valutazione dell’azotemia e della creatininemia. Se i loro valori salgono si può sospettare che i reni non riescano a svolgere bene la loro funzione, che è quella di filtrare, depurare e smaltire la grande quantità di tossine che ogni giorno il nostro corpo produce. E che, attraverso le urine “filtrate” da queste “lavatrici” naturali del sangue vengono eliminate all’esterno. Più specificamente, l’azoto, come del resto l’urea, altro parametro significativo, deriva dalla “distruzione” degli aminoacidi, i componenti naturali delle proteine. La creatinina è invece un composto organico presente nei muscoli dei mammiferi, quindi anche dell’uomo. Questi due parametri sono estremamente sensibili ed un loro incremento indica la sofferenza del rene, legata ad esempio a un’infezione o a una leggera insufficienza renale. Tuttavia in molti casi la sola valutazione della creatinina nel sangue non basta ed occorre eseguire la “clearance” della creatinina. Si tratta di un esame che prevede l’utilizzo della creatininemia e della creatinina nel sangue delle 24 ore. Unendo i due valori, si può stabilire con buona approssimazione lo stato di salute del rene perché mentre sale la creatinina nel sangue scende la capacità di “depurare” da parte del rene, appunto la clearance.  
  • Biopsia renale. Serve per capire meglio la natura di una malattia del rene. Viene praticata in ospedale e permette di prelevare un piccolo campione di tessuto dell’organo che può poi essere studiato al microscopio. Si pratica con un ago che viene introdotto nella schiena dopo un’anestesia locale. Subito dopo il test, e comunque anche nei giorni successivi, il malato deve rimanere a riposo. 
  • Ecografia. L’esame non crea problemi all’organismo perché non utilizza raggi X e quindi può essere ripetuta più volte. Con l’ecografia si generano immagini degli organi grazie agli ultrasuoni che vengono riflessi diversamente dai tessuti. L’indagine dura circa venti minuti e, al termine, si torna immediatamente a casa. L’ecografia si basa sugli ultrasuoni che sono estremamente utili per lo studio degli organi addominali, rene compreso. Solo che, per ottenere immagini chiare che non vengano “alterate” da zone di scarsa visione causate proprio dalla presenza dell’aria all’interno dell’addome, occorre eliminare l’aria presente con quella che i medici definiscono “preparazione”. Una sorta di “cocktail” tra dieta attenta e sostanze in grado di “assorbire” naturalmente l’aria presente nell’intestino. A volte, per valutare anche la circolazione all’interno dell’organo, si pratica l’esame eco-doppler, che controlla anche il flusso di sangue nei vasi. 
  • Esame delle urine: il test segnala diverse alterazioni dell’organismo, soprattutto a carico dell’apparato urinario. Se le urine non sono concentrate a sufficienza e sono presenti albumina, proteine e zuccheri, che normalmente non dovrebbero passare attraverso il filtro naturale,  significa che i reni non lavorano a dovere. O comunque, per il glucosio, la presenza nelle urine può indicare che la sostanza raggiunge livelli elevati nel sangue e non può essere “tamponata” dall’organismo. Quindi la glicosuria può anche segnalare un diabete latente. Altrettanto importante è la valutazione della proteinuria, ovvero della presenza di proteine nelle urine. Normalmente non dovrebbero esserci. Ma se il test risulta positivo diventa necessaria un’ulteriore analisi, ben più precisa, e cioè la valutazione della proteinuria nelle 24 ore. Occorre cioè conservare tutte le urine di una giornata e poi portarle in laboratorio, dove non si scopre solamente quante proteine sono presenti ma anche di che tipo sono. Non va sottovalutata poi la presenza di sangue nelle urine, con il liquido che diventa scuro o comunque arrossato. Potrebbe indicare una sofferenza del rene. Infine la presenza di germi o altri segnali di infezione, come una grande quantità di globuli bianchi, può anche indicare che è in corso una cistite o un’altra infezione delle vie urinarie, che potrebbe interessare anche il rene. 

 Come si cura la malattia renale cronica 

 In termini di terapia, il trattamento per le diverse patologie che possono sfociare nell’insufficiente funzione del rene va sempre scelto dal medico. Ma come segnalano gli specialisti, in termini generali, l’approccio terapeutico alla malattia renale cronica sta cambiando radicalmente rispetto al passato grazie alla recente o prossima introduzione nella farmacopea nefrologica di farmaci innovativi, quali i chelanti del potassio indicati nella terapia cronica della MRC, le gliflozine, gli antagonisti recettoriali dei mineralocorticoidi non steroidei, le ultime due nuove classi di farmaci indicati nella MRC proteinurica, nonché gli stabilizzatori orali dell’hypoxia inducible factors-HIF, che consentono una correzione più fisiologica dell’anemia da MRC ed una minore richiesta di supplementazione marziale rispetto all’eritropoietina.

La combinazione di questi farmaci con la terapia tradizionale consente di ridurre le principali complicanze della MRC (ipertensione, anemia, iperpotassiemia, eventi cardiovascolari) e di rallentare la progressione del danno renale, ritardando anche di 10 anni la necessità di ricorrere alla terapia sostitutiva (dialisi e trapianto renale). 

 Come si mantiene in salute il rene 

 Alcune semplici regole preventive possono aiutare a mantenere i reni in buona salute: 

  • privilegiare l’alimentazione “mediterranea”, gloria e vanto della nostra Italia ma spesso dimenticata a favore di meno salutari regimi alimentari
  • mantenere una adeguata introduzione di acqua (quando le urine sono concentrate, colore “giallo oro”, il rene sta chiedendo acqua per funzionare bene!)
  • evitare un consumo eccessivo di proteine e grassi animali
  • evitare un eccessivo introito di sale 
  • evitare condizioni di sovrappeso ed obesità
  • Evitare l’assunzione di farmaci potenzialmente nefrotossici senza stringente necessità
  • Evitare l’assunzione di prodotti non facilmente identificabili per la loro potenziale tossicità 
  • Astensione assoluta dal fumo
  • Mantenere per tutta la vita una adeguata attività fisica, commisurata all’età ed alle condizioni cliniche

Reni, le differenze tra uomini e donne

I reni non sarebbero identici nell’uomo e nella donna. E non solo per dimensioni ma anche per capacità di funzionamento. A scoprirlo, grazie ad una ricerca sui topi, sono stati alcuni ricercatori americani coordinati da Andrew McMahon, direttore dell’ Eli and Edythe Broad Center for Regenerative Medicine and Stem Cell Research dell’Università della California del Sud. Nello studio che spiega questa diversità di genere, pubblicato su Developmental Cell, gli esperti hanno per la prima volta ottenuto un organo completo partendo dai costituenti di un’unica cellula, valutando anche le componenti genetiche che entrano in gioco nello sviluppo dell’organo, con un “livello di dettaglio mai visto fino ad ora – spiega lo stesso Mc Mahon”.

Nella loro ricerca gli esperti americani hanno combinato il sequenziamento dei micro-RNA di cellule topi adulti di entrambi i sessi e poi hanno confrontato le cellule renali in laboratorio. Sono così emerse chiare differenze di genere, prima di tutto nell’espressione dei geni che regolano la produzione ormonale, come ad esempio quelli che “inviano” le istruzioni per i sistemi autonomi di monitoraggio della pressione arteriosa.

Ma non basta: pur se si tratta sempre di animali, e quindi il passaggio all’essere umano non è automatico, anche le unità operative dei reni, i nefroni, avrebbero capacità lievemente diverse nei due sessi. Ad esempio, si potrebbero avere differenze nel riassorbimento del glucosio, che normalmente non dovrebbe passare nelle urine, ed anche nei processi di detossificazione dei farmaci. Anche per questo i medicinali potrebbero avere effetti lievemente diversi, così come i problemi legati alla tossicità, nei due sessi.

Fonti bibliografiche

FIR, Fondazione Italiana del Rene

SIN Reni, Società Italiana di Nefrologia