Non solo antibiotici, quali farmaci possono influenzare il microbiota e quando può accadere il contrario

I principi attivi di alcuni farmaci possono influire sulla qualità dei batteri che compongono il microbiota e anche in modo prolungato: cosa accade

Foto di Federico Mereta

Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato:

Un aggregato di cellule eucariote, procariote e di archibatteri o archaea. Così si può definire il microbiota del tubo digerente, ed in particolare dell’intestino. Mantenerlo in equilibrio è fondamentale per il benessere dell’intero organismo, anche sul fronte psicologico. E non sempre è facile, soprattutto se si assumono farmaci o si sono seguite terapie farmacologiche.

In una sorta di rapporto bidirezionale, infatti, i principi attivi di alcuni medicinali possono andare ad influenzare qualità e quantità dei ceppi batterici che abitano il nostro intestino e può anche accadere il contrario, con il microbiota che influisce sui farmaci.

Si tratta di aspetti da non sottovalutare, considerando che le cellule microbiche che albergano nel corpo umano sono in numero più che decuplicato rispetto a quello delle cellule eucariote La maggior parte di queste cellule procariote si trova nell’intestino umano, e anche sotto il profilo genetico i genomi di questi batteri contiene un numero di geni più che centuplicato rispetto a quello dell’uomo.

I farmaci lasciano tracce anche nel tempo

Se pensate che il microbiota reagisca solamente di fronte ai farmaci che abbiamo assunto nei giorni precedenti e poi “scordi” gli stimoli ricevuti siete fuori strada. Lo dice una ricerca condotta dagli esperti dell’Istituto di Genomica dell’Università di Tartu.

Lo studio ha preso in esame campioni fecali e prescrizioni di terapie in più di 2.500 persone dell’Estonian Biobank, una banca dati. Ed ha permesso di scoprire che la maggior parte dei farmaci analizzati è associata a cambiamenti misurabili nel microbioma intestinale.

Non solo: Molti di questi cambiamenti si sono mantenuti a lungo dopo l’interruzione dell’assunzione dei farmaci. E non si tratta solo di antibiotici: antidepressivi, beta-bloccanti, inibitori della pompa protonica e benzodiazepine hanno lasciato tracce sui batteri.

La ricerca, quindi, impone di ricordare che anche l’uso di farmaci in passato potrebbe influire sul microbiota. In particolare, occorre fare attenzione quando si parla di trattamenti con benzodiazepine, comunemente prescritte per l’ansia.

Questi farmaci sono stati associati ad alterazioni della componente batterica delle vie digerenti simili a quelle osservate con gli antibiotici ad ampio spettro. Lo studio ha anche rivelato che i farmaci della stessa categoria, come diazepam e alprazolam, possono variare nell’entità del disturbo dell’equilibrio microbico intestinale. come detto, poi, si sospetta una potenziale relazione causa-effetto tra assunzione di medicinali e risposta dei batteri intestinali anche con altri farmaci, magari assunti tempo prima. È il caso ad esempio degli inibitori della pompa protonica.

Attenzione ai batteri

Questa ricerca è solo una delle tante prove della grande attenzione che oggi la scienza dedica agli invisibili abitanti dell’organismo, testimoniata dal gran numero di ricerche dedicate all’influsso del microbioma, così viene definito modernamente il genoma batterico, sull’ospite umano e sulla sua salute. Infatti, anche se siamo abituati a pensare ai batteri solo come fonte di infezione, la nostra vita dipende (anche) da loro.

Il microbiota, quindi la composizione quali-quantitativa della flora batterica presente nel tubo digerente, entra infatti in gioco in numerosi processi fisiologici dell’organismo umano. Ad esempio favorisce e regola la digestione degli alimenti, grazie ad una serie di enzimi che sono in grado di trasformare molte delle sostanze che arrivano nel canale digerente con i cibi come lipasi, proteinasi, diastasi.

Inoltre le cellule batteriche sono veri e propri laboratori invisibili, entro i quali si svolgono alcune attività enzimatiche fondamentali per la replicazione degli stessi germi, mentre altri composti enzimatici vengono liberati all’esterno, nel canale intestinale, e quindi possono diventare attivi sulle sostanze in transito o sulle cellule della mucosa. Infine il microbiota oltre ad assicurarci la produzione di vitamine del gruppo B, e in particolare della B12, favorisce la sintesi di energia disponibile per l’organismo.

Il rapporto con i farmaci

I farmaci potrebbero avere un’azione sul microbiota, soprattutto dopo trattamenti prolungati, con meccanismi diversi. Direttamente possono infatti modificare l’equilibrio, magari facilitando lo sviluppo di ceppi non propriamente “buoni”. Non solo.

Si è visto che l’assunzione cronica di specifici farmaci antidepressivi si può associare all’incremento di specifiche tipologie di batteri, così come altre terapie potrebbero agire direttamente su ceppi batterici implicati nei processi metabolici dell’organismo e nel buon funzionamento dell’apparato difensivo.

Nella via a ritroso, il microbiota può agire su assorbimento e metabolismo dei farmaci direttamente, limitando quindi l’effettiva disponibilità del principio attivo contenuto, sia influenzando la stessa efficacia del trattamento come si è visto per alcuni tipi di immunoterapie. Ovviamente il benessere intestinale e la regolarità nell’alimentazione e nell’andare di corpo sono fondamentali per mantenere ottimale la composizione quali-quantitativa del microbiota e quindi agire positivamente sulla situazione.

Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.