Il tempo è cervello. Prima si arriva con la diagnosi di ictus, prima iniziano e trattamenti. E la prognosi cambia, anche in termini di deficit permanenti. Ogni minuto diventa prezioso. Ed ogni segnale va colto, per essere FAST, ovvero rapidi, con l’acronimo che non si limita a ricordare l’importanza della rapidità, ma indica anche a cosa prestare attenzione. Associando anche oggetti della vita quotidiana che possono aiutarci a tenere a mente la lezione.
A proporre questa narrazione, per innalzare la consapevolezza sull’ictus, è l’iniziativa che in occasione di Aprile mese della prevenzione, lancia A.L.I.Ce. Italia Odv (Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale). L’hashtag è “#sepotesseroparlare. Si punta a dare voce all’inanimato per sottolineare un paradosso potente: gli oggetti non possono parlare, ma i segni dell’ictus sì. Il problema è saperli ascoltare.
Cosa propone l’iniziativa
“L’ictus cerebrale rappresenta una delle principali cause di morte e disabilità nel mondo – segnala Andrea Vianello, presidente di A.L.I.Ce. Italia Odv. Nel nostro Paese, ogni anno, si registrano tra i 100.000 e i 120.000 nuovi casi, eppure la consapevolezza dei sintomi e della necessità di un intervento immediato è ancora insufficiente. Il tempo è un fattore critico: riconoscere i segnali precoci e agire tempestivamente può fare la differenza tra il recupero e danni neurologici permanenti.
La finestra terapeutica per un trattamento efficace è inoltre estremamente ridotta, per questo vogliamo sensibilizzare la popolazione sull’importanza di chiamare subito i soccorsi in caso di sospetto ictus”.
Grazie ad un tono coinvolgente, immediato e di forte impatto, capace di catturare l’attenzione, la campagna crea un senso di urgenza e consapevolezza, facendo leva su elementi della quotidianità che tutti conoscono, ma che in questa narrazione assumono un nuovo significato. L’obiettivo è far riflettere il pubblico senza bisogno di spiegazioni esplicite, portandolo ad intuire da solo il messaggio e spingendolo a ricordarlo nel tempo.
Il concept gioca sulla sorpresa e sulla consapevolezza: “E se gli oggetti potessero parlare, cosa direbbero?” La risposta è chiara: i segni dell’ictus parlano già da soli, bisogna solo saperli ascoltare e riconoscerli tempestivamente. Ogni elemento visivo stimola empatia e immedesimazione, rendendo il pericolo dell’ictus concreto e vicino.
Gli oggetti che “parlano”
Gli oggetti scelti non sono casuali: ognuno di loro ricalca e dà forma ai quattro segnali chiave della regola FAST, aiutando a riconoscere i sintomi e a intervenire in tempo:
(F) Face – Lo specchio riflette un volto asimmetrico, rivelando il primo segnale d’allarme. Quando metà del viso non risponde, è il momento di agire.
(A) Arms – Il bicchiere diventa inafferrabile, il braccio non fa più presa. Se un arto perde forza all’improvviso, il segnale è chiaro.
(S) Speech – Il telefono diventa un interlocutore senza risposta: la voce esce confusa, le parole si spezzano, il messaggio non arriva chiaro. Come se fosse la linea disturbata, ma il problema è un altro.
(T) Time – L’orologio scandisce inesorabilmente il tempo che passa, ricordando che ogni secondo perso può compromettere il futuro.
Questa costruzione narrativa non solo cattura l’attenzione, ma spinge all’azione, facendo emergere con forza il messaggio centrale: “Gli oggetti non parlano, ma i segni dell’ictus dicono molto. Riconoscili in tempo.”
Quanto conta fare presto
“Time is brain”. Il tempo è cervello. Quando non arriva sangue ai neuroni, le cellule nervose, questi muoiono. E per quanto si possa fare con la riabilitazione, ciò che conta è arrivare il prima possibile con le cure. È questa la prima regola da tenere presente in caso di sintomi che possono far pensare ad un ictus. Arrivare presto in ospedale significa riconoscere le cause della carenza di sangue ad una determinata area del cervello, poter mettere in atto le cure più efficaci e monitorare la situazione al meglio, all’interno di strutture dedicate che si chiamano “Stroke Units”.
Come per il cuore dopo un infarto esistono le unità coronariche, così per il cervello ci sono queste sale in cui si seguono attimo per attimo la situazione generale e la salute degli organi principali. Il tutto, ovviamente, deve partire dalla diagnosi. Perché non tutti gli ictus hanno la stessa origine. La causa più frequente è un’ischemia, che può coinvolgere sia le grandi arterie, come ad esempio le carotidi, come i piccoli vasi intracranici.
L’ictus emorragico, invece si manifesta in circa il 15 per cento dei casi ed è legato alla rottura delle pareti di un’arteria che quindi perde sangue e va a comprimere il tessuto cerebrale. Tra le cause possono esserci un drastico aumento della pressione, che porta i vasi a rompersi, oppure la rottura di un aneurisma, cioè di una dilatazione patologica della parete arteriosa spesso nemmeno percepibili. Ci sono poi casi in cui si creano le cosiddette emorragie subaracnoidee, con il sangue che si accumula tra il cervello e il suo rivestimento esterno.