Febbre del Nilo, come si manifesta e come si previene

La Febbre del Nilo di solito non dà particolari problemi, ma in qualche caso può essere estremamente pericolosa

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Hanno fatto scalpore, negli ultimi giorni, i casi di infezione da West Nile Virus (il nome del virus nasce dalla zona in cui è stato isolato per la prima volta, cioè dal distretto di West Nile in Uganda) che si sono verificati in Italia. L’infezione spesso non dà particolari problemi, ma in qualche caso può essere estremamente pericolosa: viene trasmessa attraverso la puntura delle zanzare, mentre non è possibile il contagio da uomo a uomo.

Zanzare sotto accusa

La malattia, che ha un’incubazione media variabile da cinque giorni a due settimane, è causata da un virus della famiglia dei flavivirus: questi ceppi sono noti per la loro capacità di aggredire il sistema nervoso centrale, in particolare l’encefalo, tanto da essere responsabili dell’encefalite giapponese e altre patologie simili.

L’agente patogeno passa all’uomo e ad altri animali – come i cavalli – attraverso la puntura della zanzara. Si può diffondere soprattutto attraverso gli uccelli migratori, che vengono punti dagli insetti e che portano il virus al loro interno. Una volta pizzicati dalla zanzare, questi animali possono poi rilasciare il virus, che si trasmette a sua volta in un nuovo ospite.

Le zanzare quindi vengono infettate dal contatto con uccelli infetti, che possono fare circolare il virus nel loro sangue per alcuni giorni. Gli insetti infettate possono trasmettere il virus del Nilo occidentale agli esseri umani ed agli animali, che diventano gli ospiti “terminali” del virus, quando le zanzare pungono per prelevare il sangue e nutrirsi.

Il virus risiede nelle ghiandole salivari della zanzara: mentre queste succhiano il sangue, possono iniettarlo nell’animale o nell’uomo, dove si moltiplica e, di conseguenza, portare alla malattia. Il contagio da animale ad animale non avviene, mentre la trasmissione tra esseri umani, in teoria, si potrebbero verificare solamente in pochissimi casi, come ad esempio dopo un trapianto d’organo.

Ricorda l’influenza

La Febbre del Nilo nell’uomo ha un’incubazione media variabile da cinque giorni a due settimane e può avere manifestazioni molto diverse da caso a caso.

Nella maggior parte dei casi decorre come una comunissima sindrome parainfluenzale, con febbre, mal di testa e dolori muscolari che tendono a passare da soli in pochi giorni. Abbastanza comune è anche l’interessamento delle ghiandole linfatiche, così come possono essere presenti arrossamenti localizzati della pelle.

Solo in alcune persone, soprattutto negli anziani, l’infezione può determinare l’encefalite, che può risultare mortale o anche lasciare come “eredità” dell’avvenuto contatto con il virus problemi neurologici.

In questi casi il quadro clinico è molto diverso: possono infatti essere presenti severi mal di testa, rigidità del collo (simile a quella della meningite), debolezza muscolare e perdita di coscienza. La febbre è quasi sempre molto alta e si mantiene tale per diversi giorni.

Si tratta comunque di un quadro globalmente poco comune: secondo alcune statistiche meno di una persona su cento tra le infettate sviluppa l’encefalite. Sul fronte delle cure, non esiste un trattamento antivirale specifico: il ricovero in ospedale è fondamentale nelle forme con encefalite, perché occorre sostenere la respirazione, assicurare un’adeguata nutrizione e prevenire infezioni secondarie, magari causate da batteri, potenzialmente mortali. In chiave preventiva, purtroppo non esiste ancora un vaccino specifico.