Emicrania, così agiscono gli anticorpi monoclonali

L'emicrania colpisce soprattutto le donne: nuovi farmaci bloccano il dolore. Vanno impiegati in casi selezionati e su indicazione medica

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

“Non fa morire, ma non lascia vivere”. Dovendo descrivere l’intensità del dolore in una grave crisi di emicrania, queste sette parole esprimono tutta la sofferenza e di chi soffre delle crisi. Si tratta soprattutto di donne. Gli attacchi durano dalle 4 alle 72 ore, tendono a migrare ma di solito sono localizzati in un solo lato della testa con un dolore pulsante aggravato dalle attività fisiche e spesso associato a nausea, vomito, fastidio ai rumori e alle luci. Per fronteggiare le crisi sono ora disponibili anticorpi monoclonali specifici, l’ultimo dei quali si chiama galcanezumab. Sono indicati in pazienti specifici ed hanno un meccanismo d’azione unico.

Obiettivo, spegnere la crisi

“Gli anticorpi monoclonali anti-CGRP si caratterizzano per un meccanismo d’azione molecolare molto selettivo e specifico: è la prima volta che abbiamo farmaci che bloccano un neuropeptide o il suo recettore in maniera così precisa” – spiega Pierangelo Geppetti, Presidente della SISC, Società Italiana per lo Studio delle Cefalee.

Prosegue l’esperto: “Questo comporta due risultati: da un lato si ha la possibilità di inibire il meccanismo che genera il dolore e la costellazione di sintomi dell’attacco emicranico, dall’altro che, proprio perché il meccanismo che viene inibito è così specificamente dedicato a produrre questo tipo di dolore, l’uso di questi farmaci ha portato all’evidenza di un profilo di sicurezza molto buono, se non addirittura eccellente”.

Il fatto di non avere eventi avversi come invece producono i farmaci comunemente usati fino a ora (parestesie, aumento di peso, depressione, disturbi del comportamento, ipotensione e altri ancora) accanto agli effetti benefici, per una popolazione di pazienti costituita soprattutto da donne in giovane età (20-50 anni) rappresenta un grande vantaggio.

Gli anticorpi monoclonali anti-CGRP sono somministrati o per via endovenosa ogni tre mesi o per via sottocutanea una volta al mese, come galcanezumab. Il nome CGRP indica peptide correlato al gene della calcitonina. Questo neuropeptide viene prodotto e liberato da neuroni sensitivi primari presenti nei gangli delle radici dorsali e nel ganglio del nervo trigemino; sono neuroni che portano le sensazioni dolorifiche dalla periferia al midollo spinale per poi giungere al cervello.

Una serie di scoperte prodotte negli ultimi trent’anni ha dimostrato che questi neuroni, oltre alla funzione primaria di trasmettere il dolore, liberano dai terminali periferici dei neurotrasmettitori come il CGRP, che producono vasodilatazione e trasformano le sensazioni tattili normali in eventi dolorosi, protagonista principale dell’emicrania. Tre anticorpi monoclonali anti-CGRP, tra cui galcanezumab, sono diretti a bloccare il neuropeptide CGRP, un quarto anticorpo monoclonale inibisce invece il recettore. Il risultato finale è tuttavia è lo stesso: il blocco del sistema di trasmissione dolorifica attivato da CGRP.

Obiettivo, rompere l’isolamento

Questi farmaci, come detto, vanno impiegati solo in casi specifici. Ciò che conta, in ogni caso, è fare in modo che chi soffre di emicrania non si senta solo e venga seguito correttamente. Secondo gli esperti la presa in carico del paziente emicranico dovrebbe prevedere un percorso diagnostico-terapeutico che contempli la figura del centro cefalee, con uno specialista che imposti la terapia più adatta al singolo paziente.

Fino ad oggi le terapie di prevenzione sono state condotte utilizzando farmaci nati ed impiegati per patologie diverse dall’emicrania, gravati da importanti effetti collaterali: l’introduzione degli anticorpi monoclonali anti-CGRP rappresenta in questo senso un’opzione terapeutica molto interessante vista anche la mancata risposta ai trattamenti preventivi dell’emicrania: su scala internazionale si stima che circa il 40 per cento dei pazienti che fa uso di farmaci preventivi abbia una storia di fallimento o ha cambiato almeno tre farmaci.

L’emicrania è imprevedibile, invadente e irrompe nella quotidianità come una tempesta. Il carico, lo stigma e le barriere che i pazienti devono affrontare sono enormi.

“Dobbiamo adattarci a vivere una vita intera con un dolore a volte insopportabile e con terapie che non danno i risultati sperati e con effetti collaterali molto importanti che ci cambiano profondamente – dice Lara Merighi, Coordinatore di Al.Ce. (Alleanza Cefalalgici) Group Italia. Trovo ingiusto, ora che sono disponibili le nuove cure con gli anticorpi monoclonali, terapie per la prima volta studiate appositamente per il nostro mal di testa e prive di effetti collaterali, che non possiamo accedervi se non dopo aver provato tutte le altre terapie gravate da effetti collaterali alle volte devastanti e spesso inefficaci. La maggior parte delle persone colpite da emicrania sono donne giovani, dobbiamo arrivare al cuore e alla mente di chi ci crede invisibili e dire basta alla sottovalutazione e al pregiudizio che ci accompagnano da sempre”.