Chi è la Donna Selvaggia, secondo la psicologia

L’archetipo della Donna Selvaggia spiega la forza autentica, creativa e intuitiva che vive nella psiche femminile

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Donatella Ruggeri

Psicologa

Psicologa, fondatrice di “Settimana del Cervello”. È una nomade digitale: lavora da remoto e lo fa viaggiando.

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Nel panorama della psicologia del profondo, pochi concetti hanno suscitato tanto interesse e dibattito quanto quello della “Donna Selvaggia”. Per comprendere appieno questo concetto, è necessario prima chiarire cosa intendiamo per “archetipo”: si tratta di modelli universali di comportamento e immagini primordiali che, secondo la teoria junghiana, risiedono nell’inconscio collettivo e influenzano profondamente il nostro modo di percepire, sentire e agire.

Gli archetipi rappresentano schemi innati della psiche umana che si manifestano attraverso simboli, miti e pattern comportamentali ricorrenti in tutte le culture.

L’archetipo della Donna Selvaggia, magistralmente descritto da Clarissa Pinkola Estés nel suo celebre lavoro “Donne che corrono coi lupi”, rappresenta una di queste strutture primordiali della psiche femminile che merita un’analisi approfondita dal punto di vista sia clinico che teorico.

Comprendere il significato di “Selvaggia”

Quando utilizziamo il termine “selvaggia” nel linguaggio comune, tendiamo automaticamente ad associarlo a connotazioni negative: una persona fuori controllo, impulsiva, poco educata.

Questo pregiudizio deriva da una lunga storia culturale che ha privilegiato l’adattamento sociale e la conformità, spesso a discapito dell’autenticità e dell’espressione istintuale.

Tuttavia, in ambito psicologico, particolarmente nella tradizione junghiana, la “Donna Selvaggia” assume un significato profondamente diverso. Non si tratta di una forza distruttiva o caotica, ma di una parte profonda e innata della psiche femminile che rappresenta l’energia vitale, la creatività, l’intuizione e la capacità di trasformazione.

Essere “selvagge” non significa quindi essere fuori controllo, ma piuttosto essere sane e complete, connesse con la propria natura autentica e capaci di fare scelte consapevoli.

Le radici archetipiche

L’archetipo della Donna Selvaggia si manifesta attraverso i miti universali in figure come la lupa, la strega saggia, la madre della terra. In “Donne che corrono coi lupi“, Estés la descrive come anima istintiva, una forza archetipica radicata nel Sé femminile.

Le storie di Vassilissa, Baba Jaga, Artemide-Diana rappresentano, secondo la psicologia junghiana, modelli comportamentali che esprimono l’irriducibilità della natura delle donne.

Dal punto di vista teorico, questo concetto rappresenta una facoltà innata di trasformazione, potenza creativa e istintuale che può essere attivata particolarmente in momenti di crisi o cambiamento. Sin dall’infanzia, ogni donna porta dentro di sé questa “cellula psichica luminosa”, fonte di intelligenza vitale e consapevolezza.

L’analisi antropologica rivela come la presenza di questo archetipo attraversi i secoli e le culture con una straordinaria consistenza. Analisi comparative hanno riconosciuto manifestazioni della Donna Selvaggia in tradizioni apparentemente distanti tra loro, dove assume invariabilmente il ruolo di guida nei processi di iniziazione, protettrice del gruppo e custode delle conoscenze ancestrali.

In queste diverse culture, la donna “selvaggia” emerge come figura di mediazione tra il mondo terreno e quello spirituale, incarnando la resilienza, la capacità di adattamento e l’autonomia spirituale. Questa universalità suggerisce che non si tratti di una costruzione culturale specifica, ma di una struttura psichica fondamentale che trova espressione attraverso simboli e rituali differenti ma funzionalmente equivalenti, confermando la validità della teoria archetipica junghiana applicata alla comprensione della psiche.

Quando la connessione selvaggia si perde

Dal punto di vista clinico, è fondamentale comprendere le conseguenze della disconnessione da questo archetipo. La ricerca in psicologia del profondo evidenzia che la repressione della Donna Selvaggia genera una serie di sintomi: perdita di energia, alienazione, insicurezza, tristezza e uno stato di stasi emotiva. Quando una donna si trova disconnessa da questa parte di sé, può sperimentare sensazioni di vuoto, blocco e insicurezza cronica.

Gli studi antropologici evidenziano che la Donna Selvaggia incarna la resilienza, la capacità di adattamento, il senso di protezione verso il gruppo e l’autonomia spirituale. La sua negazione può condurre a quello che viene definito “Silent Child”, la parte che reprime le emozioni fino a generare rabbia, dolore e distacco da sé stesse.

Manifestazioni nella vita quotidiana

L’archetipo della Donna Selvaggia si manifesta in diversi ambiti della vita quotidiana. Nelle relazioni personali, si esprime attraverso la ricerca di autenticità, nella selezione consapevole delle relazioni, nell’autonomia emotiva e nella capacità di porre limiti sani.

A livello comportamentale, emerge nella voglia di libertà, nell’energia propulsiva verso nuove attività creative, nell’arte, nella scrittura, nella danza e nella terapia espressiva. È particolarmente evidente in alcune fasi della vita: nei momenti di perdita, cambiamento, maternità o passaggi di crescita, molte donne sperimentano un “risveglio” dell’archetipo attraverso la crisi e la ridefinizione delle proprie scelte.

La psicologia archetipica evidenzia che il cammino verso l’individuazione personale avviene spesso quando la donna attraversa sfide importanti, come una separazione, una malattia, un lutto o la nascita di un figlio, sfide che possono portare alla rivalutazione dei propri valori, ideali, confini e limiti.

Luce e ombra dell’archetipo

Come ogni struttura archetipica, la Donna Selvaggia presenta aspetti sia luminosi che ombra.

Gli aspetti positivi includono la capacità di curare, proteggere, creare, nutrire e trasformare. È fonte di creatività, intuizione, resistenza, pienezza emotiva e coraggio.

Tuttavia, quando negata o repressa, può manifestare il suo lato ombra attraverso insicurezza cronica, senso di impotenza, isolamento, depressione e difficoltà espressive.

La fragilità della Donna Selvaggia può emergere anche nel rischio di estremismo, impulsività, incapacità di accettare la vulnerabilità o di relazionarsi costruttivamente con gli altri.

Riconnessione terapeutica

Dal punto di vista terapeutico, riconnettersi con l’archetipo della Donna Selvaggia significa recuperare una relazione autentica con il proprio sé profondo, imparare a riconoscere i propri bisogni e a vivere con libertà (e responsabilità). Questa riconnessione rappresenta una forza che accompagna nei momenti difficili e spinge a ritrovare il coraggio di essere autentiche, al di là delle maschere sociali.

Le pratiche suggerite includono diversi approcci integrati, che puoi provare se vuoi riconnetterti alla tua parte selvaggia:

  • Scrittura intuitiva: ad esempio la pratica delle “morning pages”, che consiste nello scrivere almeno tre pagine ogni mattina senza giudizi né censura, per contattare il Sé istintivo e processare le emozioni più profonde. Questa tecnica può essere ampliata con attività di journaling sulle memorie infantili legate alla vitalità e all’autenticità;
  • Espressione artistica: danza libera, pittura intuitiva, canto, lavoro corporeo e rituali con oggetti simbolici che rappresentano la forza selvaggia. Dedicare tempo a una pratica creativa libera, senza giudizio, permette all’espressione autentica di emergere;
  • Connessione con la natura: camminate nei boschi, bagni al mare, osservazione delle fasi lunari e dei cicli naturali come strumenti di riconnessione corporea. La Donna Selvaggia si risveglia nei momenti di percezione corporea, ascolto dei sensi e immersione nelle pratiche somatiche;
  • Pratiche di consapevolezza: meditazione focalizzata sulla sensazione di libertà, autoanalisi dei sogni e delle intuizioni. È fondamentale riservare uno spazio settimanale per sé stesse, per ascoltare i propri desideri più profondi;
  • Rituali di gruppo: la condivisione delle storie personali e il sostegno reciproco favoriscono la riemersione della natura istintiva, creando un contesto di solidarietà e sorellanza.

Essere donne selvagge nel contesto culturale contemporaneo

Nella cultura contemporanea, l’archetipo della Donna Selvaggia trova una risonanza particolare nel movimento di emancipazione femminile che, dalle sue origini storiche, ha sempre cercato di restituire alle donne la loro autenticità e autonomia. Il recupero di questo archetipo rappresenta una risposta psicologica profonda ai modelli restrittivi di femminilità imposti dalla società, promuovendo non solo libertà ed empowerment, ma anche solidarietà e sorellanza tra donne.

L’evoluzione del movimento femminista, dalle prime rivendicazioni per i diritti politici e civili fino alle più recenti questioni di autodeterminazione e libertà espressiva, può essere letta come un progressivo riconoscimento della necessità di riconnettersi con quella dimensione “selvaggia” che per secoli è stata repressa. I media contemporanei che raccontano figure femminili controcorrente, l’arte e la letteratura che celebrano la diversità e l’autenticità femminile, rappresentano manifestazioni culturali di questo archetipo che cerca di riemergere nella coscienza collettiva.

Il libro-culto citato in apertura, che ha cambiato la vita di milioni di donne, “Donne che corrono coi lupi”, è stato un successo mondiale che si è aggiudicato un posto nella classifica dei best seller del New York Times e oggi viene considerato un classico, un’opera imprescindibile nella letteratura sulla psiche femminile. L’autrice, Clarissa Pinkola Estés, insegna ed esercita la professione di analista, è stata direttrice del C.G. Jung Institute di Denver e ha conseguito il dottorato in etnologia e in psicologia clinica, il che conferisce al suo lavoro una solida base scientifica e clinica che ha contribuito al successo duraturo dell’opera.

Attingendo alle fiabe e ai miti delle più diverse tradizioni culturali, Clarissa Pinkola Estés fonda una psicanalisi del femminile attorno alla straordinaria intuizione della Donna Selvaggia, intesa come forza psichica potente, istintuale e creatrice, lupa ferina e al contempo materna, ma soffocata da paure, insicurezze e stereotipi. Utilizzando lo strumento della storia narrata, riesce in modo sublime a parlare alla donna selvaggia sepolta più o meno in profondità in ciascuna donna e a riportarla alla vita.

La metodologia dell’autrice è particolarmente interessante dal punto di vista clinico: ogni donna che legge questo libro inizia un viaggio dentro di sé alla ricerca delle proprie origini, dell’essenza più profonda, della propria anima. Questo approccio narrativo-terapeutico rappresenta una modalità innovativa di lavoro psicologico che utilizza il mito e la fiaba come strumenti di autoesplorazione e crescita personale.

L’archetipo della Donna Selvaggia rappresenta una risorsa psicologica fondamentale che ogni donna porta con sé dal primo istante della vita.

Dal punto di vista clinico, comprendere e lavorare con questo archetipo significa offrire alle donne strumenti per riconnettersi con la loro autenticità, superare la stasi emotiva e ritrovare la propria energia vitale. Non si tratta, come dicevamo, di incoraggiare comportamenti impulsivi o antisociali, ma di sostenere un processo di individuazione che permetta di vivere con maggiore consapevolezza, creatività e coraggio.

La Donna Selvaggia infatti non è un ideale da raggiungere, ma una realtà psichica da riconoscere, accogliere e integrare nella propria vita quotidiana, per un’esistenza più autentica e pienamente realizzata.