E tu, donna, partorirai con dolore

Nessuno di noi vorrebbe provare mai dolore fisico. E allora perché centinaia di donne, ogni giorno, partoriscono con dolore?

L’International Association for the Study of Pain (IASP) descrive il dolore come un’esperienza sensoriale ed emotiva molto spiacevole. In poche parole? Il corpo ci comunica che sta accadendo qualcosa che proprio non gli piace. Certo, ci sono tanti tipi di dolore, così come sono diverse le intensità e le localizzazioni, ma tutti ci costringono a fare i conti con un’esperienza davvero poco piacevole.

Per fortuna, però, la medicina ha fatto passi da gigante e oggi ci fornisce tutta una serie di strumenti e di opzioni che annullano o alleviano il dolore in tantissimi e diversi casi. Basti pensare all’anestesia, quel procedimento che permette di perdere momentaneamente la sensibilità del corpo, o di alcune parti di esse, e di conseguenza anche il dolore, prima di un intervento chirurgico, per esempio.

Perché oggi vi parliamo di dolore ve lo spieghiamo subito. Questa lunga premessa, infatti, ci serve ad arrivare a una conclusione assai ovvia: nessuno di noi vorrebbe mai provare dolore fisico. E allora viene da chiedersi perché centinaia di donne ogni giorno partoriscono con dolore?

Doglie, travaglio e dolore

Formativa, necessaria, importante, unica e imprescindibile: è così che le persone descrivono la dolorosa esperienza del parto che, s’intende, non è mai uguale all’altra e cambia di persona in persona.

Ciò che non cambia, però, è il pensiero dominante nella società, quello che vuole che la donna partorisca con dolore, senza alcun sollievo da questo. Ma davvero il dolore può rendere una mamma migliore? Davvero può fare la differenza nel ricoprire quel ruolo che sarà suo per l’eternità.?

A noi, sembra ovvio, che la risposta è no. Eppure quella domanda sul ricorrere all’epidurale o meno, si trasforma in un vero e proprio enigma per tutte le donne che si preparano a partorire. A influire sulla scelta non è solo il pensiero dominante della società, e quello stigma che sembra colpire tutte le mamme che hanno rinunciato al dolore, ma anche il fatto che in Italia l’anestesia epidurale è ancora poco diffusa e poco accessibile, nonostante la comunità medico-scientifica intera la consideri una tecnica efficace e sicura per il parto naturale e indolore delle gestanti.

Interessante, in questo senso, è un articolo scritto da Stephanie H. Murray, e pubblicato sul The Atlantic, nel quale la ricercatrice e giornalista inglese ha indagato sul grande mistero che porta le persone a pensare che un parto, per essere tale, deve essere doloroso, partendo proprio dalla sua personale esperienza.

Lasciandosi consigliare dalla sua ostetrica, la Murray è ricorsa all’epidurale solo dopo 19 ore di travaglio e tanto dolore. Se avesse saputo prima, che l’anestesia le avrebbe dato così tanto sollievo ne è certa, sarebbe stata la sua prima scelta. Eppure, quella soluzione, le è stata proposta solo come ultima scelta.

Il motivo è che il dolore è da sempre considerato un‘esperienza naturale che tutte le donne che vogliono diventare madri devono vivere. E la convinzione, di questo pensiero diffuso, è dimostrato anche dal fatto che, tra le mamme, è ricorrente l’orgoglio di essere riuscite a partorire senza anestesia.

La stessa Murray ha raccontato di come, dopo il parto, sia ritrovata quasi a doversi giustificare con le altre mamme per aver scelto di ricorrere all’anestesia epidurale.

Eppure per l’estrazione di un dente, o per un intervento chirurgico di qualsiasi entità, nessuno, uomo o donna, rinuncerebbe mai all’anestesia, o qualsiasi altro strumento capace di non far sentire il dolore.

Annullare il dolore ci rende delle mamme peggiori?

Alla base di quelle che sono le scelte di partorire senza aiuti che allevino il dolore, ci sono sicuramente delle motivazioni religiose. Nel celebre passo del libro 3 della Genesi, infatti, Dio si rivolge ad Adamo ed Eva, dopo che hanno assaggiato il frutto del peccato, annunciando il dolore come punizione divina.

Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli.

La traduzione canonica delle parole di Dio, ha fatto sì che da secoli si diffondesse la convinzione che la donna deve partorire con dolore, anche se alcuni storici non sono d’accordo con questa interpretazione.

Ma dietro alle motivazioni religiose, però, non possiamo ignorare il fatto che esistono anche tutta una serie di motivi morali che sono intrisi nella nostra società, e che vedono il parto doloroso come una naturale esperienza che tutte le donne meritano di vivere.

Certo le cose sono cambiate, grazie anche alle numerose battaglie femministe che hanno sottolineato la vera natura dell’anestesia epidurale, ovvero quella di uno strumento fondamentale che permette alle donne di affrontare un parto naturale senza dolore. Eppure sono ancora tante, anzi tantissime, le persone che la pensano diversamente e le donne che, invece, scelgono la primordialità per mettere al mondo i propri bambini. Perché quello del parto non è un dolore associato a un’esperienza negativa, al contrario.

“C’è un pregiudizio secondo il quale il controllo farmacologico del dolore anestetizza le emozioni e compromette la fisiologia del travaglio, ma questo non è vero” – Ha dichiarato la dottoressa Frigo, anestesista, che è intervenuta proprio quando l’OMS ha parlato dell’epidurale come un diritto di tutte le donne – “Ridurre la sofferenza non è solo umanizzazione ma permette alla partoriente una maggiore consapevolezza”.

Un problema morale e non solo

Al problema morale, però, si aggiunge anche un’altra questione che è del tutto italiana, ovvero quella che nel nostro Paese – rispetto al resto d’Europa – l’anestesia epidurale è una procedura che non viene garantita, e spesso neanche offerta.

Nonostante, infatti, l’Organizzazione mondiale della Sanità ha dichiarato l’analgesia epidurale come un diritto di tutte le donna, nel suo rapporto Intrapartum care for a positive childbirth experience del 2018, lo scenario è rimasto pressoché invariato nel nostro Paese.

In un rapporto pubblicato sul sito ufficiale del Consiglio della Provincia autonoma di Trento, si legge che solo il 16% delle strutture ospedaliere italiane, pubbliche e convenzionate, offre questo servizio alle donne incinte. A farne richiesta, però, sono molte di più. Questo dato ci fa capire che nel nostro Paese, le donne, non hanno ancora il pieno diritto di scegliere come vivere l’esperienza del parto.

Al di là delle problematiche legate al nostro Paese, e delle decisioni delle future mamme che possono essere morali, personali o religiose, ci preme sottolineare che no, annullare il dolore non ci rende delle madri peggiori. La scelta, di come gestire il parto, è solo nostra e non potrebbe compromettere per nulla al mondo il legame che avremo col nostro bambino.