Martina Carbonaro: non l’ha uccisa un rifiuto, l’ha uccisa un assassino

“Non voleva tornare con me”: così Alessio ha giustificato il massacro. Lei voleva solo vivere. Martina è la 33esima vittima di femminicidio nel 2025

Foto di Irene Vella

Irene Vella

Giornalista, Storyteller, Writer e Speaker

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Pubblicato: 29 Maggio 2025 10:04

Martina Carbonaro aveva 14 anni e sognava di diventare una chef. Non farà in tempo a realizzare niente. Una ragazzina con la passione per la cucina, con il desiderio di costruirsi un futuro, è stata uccisa brutalmente ad Afragola, in provincia di Napoli. A toglierle la vita è stato il suo ex ragazzo, Alessio Tucci, 18 anni, che ha confessato di averla ammazzata perché “non voleva tornare con lui”.
Il corpo di Martina è stato scoperto all’alba, nascosto in un armadio fra le macerie di un edificio abbandonato nei pressi dell’ex stadio Moccia. Era lì da ore, martoriato, abbandonato. Tucci dopo averla colpita con un grosso sasso ha nascosto il cadavere, ha provato persino a sviare le ricerche, fingendo preoccupazione e partecipando alle battute per il ritrovamento della ragazza. Nel frattempo, sapeva già dov’era: morta, per mano sua.

Martina era uscita di casa il 26 maggio nel pomeriggio. Doveva incontrare un’amica, poi vedere lui, alle 20:30 l’ultima telefonata alla madre. Poi, più nulla. Le ore di silenzio si sono trasformate in ansia, poi in allarme, poi in tragedia. Il ragazzo è ora accusato di omicidio pluriaggravato e occultamento di cadavere.

Martina è la 33ª donna uccisa in Italia nel 2025. Ma non era una donna: era una bambina. Martina non tornerà più a casa. Non ci saranno più prime volte, né sogni da inseguire, né risate da condividere. Una vita spezzata a 14 anni, da un ragazzo di 19 anni, che ha cancellato per sempre il futuro di una bambina.

E la giustizia italiana? Probabilmente lui sconterà pochi anni, non gli verranno riconosciute le aggravanti, perché è stata una violenza “d’impeto”, non premeditata, diranno così. E così il carcere sarà un parcheggio, un breve stop in una pena che di fatto non potrà mai essere davvero ‘ergastolo’. Perché in Italia sappiamo tutti che l’ergastolo non dura per tutta la vita e questo caso mette a nudo un sistema che ancora non riconosce il valore vero di una vita spezzata così presto. La vita di una bambina di 14 anni vale meno di quello che dovrebbe, e la sua morte verrà presto archiviata come un ‘fatto’ di cronaca da dimenticare in fretta. L’ansia, la paura, il dolore di chi l’ha amata restano, ma per lei non ci sarà mai giustizia, non tornerà più a casa, non potrà mai più vivere. E noi cosa facciamo? Continuiamo a contare le vittime, una dopo l’altra, senza imparare nulla.

Martina non era solo una vittima, era una ragazza con sogni, con un futuro, con una vita intera davanti. Oggi resta solo il vuoto di un destino strappato via senza pietà.  Martina aveva 14 anni. Aveva un nome, una casa, delle amiche, un futuro. Aveva la vita davanti. Oggi non ha più nulla. Non ha più la prima volta al mare, il diploma alle medie, la prima giornata di scuola superiore, un amore che le facesse battere il cuore senza farle male. Non ha più nemmeno il suo corpo, perché qualcuno ha deciso che la sua libertà non valeva il suo ego ferito. L’ha nascosta in un armadio come si fa con qualcosa di cui ci si vergogna, come un errore, come un peccato. Ma Martina non era un errore, non era un oggetto. Era una bambina. È stata uccisa da un ragazzo di 19 anni, non perché lo aveva lasciato, non perché non voleva più stare con lui. Martina è stata uccisa perché Alessio Tucci ha deciso che doveva morire, lei non ha nessuna colpa, e non esiste nessuna motivazione a questo gesto, se tu decidi scientemente di togliere volontariamente la vita a qualcun altro sei un assassino. Punto.

Però adesso tutti parleranno di lui, del suo passato pulito, del fatto che non aveva precedenti, che forse non voleva, che gli è sfuggita la mano, che è stato un impeto, che si è pentito e se non ancora non lo ha fatto, statene certi lo farà. E lei? Lei non c’è più, non torna a casa, non risponde più al telefono, non mangia più a tavola, non sogna più nel letto della sua cameretta, non torna in nessuna stanza, perché è stata chiusa per sempre in un armadio. E da lì non la tireranno fuori né le indagini, né i processi, né le lacrime, lui ha avuto il tempo di mentire, di fingere, di raccontare una versione dei fatti. Martina non ha avuto il tempo di chiedere aiuto, ha avuto solo paura, mentre quel masso si avvicinava.

E ora mi chiedo: quanto vale la vita di una ragazzina di 14 anni? Cinque anni? Una messa in prova? Una pena alternativa? Perché sapete qual è la dura realtà? In Italia, se sei un maschio giovane ed incensurato la giustizia si piega, diventa madre per te, diventa comprensiva. Ti protegge. Ma se sei una bambina, e muori per mano di uno di questi “bravi” ragazzi non sei niente, non sei una statistica, non sei una tragedia, sei un errore, sei un “forse”, sei una che “se l’è cercata”, sei una che non c’è più. E la tua morte sarà spiegata con l’adolescenza, con un impeto, con la rabbia, con una frase che comincia sempre così: “Non voleva ucciderla, ma…” Però la realtà è una sola, Martina non tornerà più. E forse nemmeno neanche la giustizia.