Saltare i pasti: effetti e conseguenze

Saltare i pasti può essere una strategia per perdere peso? E in generale, il digiuno quali effetti ha sulla salute?

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Roberta Martinoli

Medico Nutrizionista

Dopo una Laurea in Scienze Agrarie e un Dottorato di Ricerca in Fisiologia dei Distretti Corporei, consegue una Laurea in Scienze della Nutrizione Umana e in Medicina e Chirurgia.

L’importanza dei pasti e del digiuno

Periodi di digiuno più o meno lunghi sono stati osservati fin dalle nostre origini. Gli uomini primitivi seguivano senza dubbio un’alimentazione irregolare. Gli antichi cacciatori-raccoglitori avevano una dieta diversificata ma affidata in qualche modo al caso, con apporti calorici e cronologia dei pasti che variavano di giorno in giorno. Con l’avvento dell’agricoltura (la rivoluzione agricola risale a 12.000 anni fa) la nostra dieta ha assunto l’aspetto che conserva ancora oggi: pasti regolari e ridotta variabilità.

È convinzione comune che saltare i pasti possa compromettere il nostro stato metabolico. La gran parte delle persone pensa che una delle caratteristiche salienti della Dieta Mediterranea sia quella di prevedere una colazione abbondante e si è fatta in qualche modo strada l’idea che saltare il primo pasto della giornata possa contribuire a ridurre il nostro metabolismo basale, inducendo la tiroide a lavorare di meno. Va comunque sottolineato che queste convinzioni non si fondano su una salda evidenza scientifica: saltare la colazione non rallenta il metabolismo.

Dal risveglio fino a sera, la successione dei pasti stabiliti sulla base dei nostri bisogni fisiologici (senso di fame e di sazietà) e delle convenzioni sociali (la pausa pranzo è più spesso legata alle dinamiche del proprio lavoro e raramente viene stabilita per rispondere a uno stomaco che brontola) ci consente di coprire il nostro fabbisogno energetico e nutrizionale. Questioni legate ai ritmi di vita frenetici ci impongono di cenare tardi la sera e di fare colazione presto al mattino. In questo modo la durata del digiuno notturno si riduce sensibilmente. Per la nostra salute mangiare bene è importante ma digiunare lo è altrettanto.

Negli ultimi decenni sono stati condotti una serie di studi che mettono in relazione il digiuno con la biochimica dell’invecchiamento. La prolungata astensione dal cibo mette in moto una serie di eventi intracellulari che culminano con l’autofagia. Il significato di questo termine è noto solo agli addetti ai lavori. L’autofagia è il meccanismo intracellulare a seguito del quale gli organuli non più funzionanti vengono digeriti per poi essere rigenerati. Sappiamo che i mitocondri sono deputati alla produzione di energia: per questo motivo vengono spesso indicati con l’espressione di “centraline elettriche della cellula”. I mitocondri durano in vita meno della cellula che li ospita. Andando incontro a usura, devono essere rottamati. Ciascuna cellula è dotata di un apparato enzimatico deputato allo smontaggio dei mitocondri. In condizioni fisiologiche, all’autofagia fa seguito la biogenesi mitocondriale: in questo modo, i mitocondri fatiscenti vengono sostituiti con mitocondri nuovi di zecca. Autofagia e biogenesi mitocondriale proteggono l’intero organismo dal processo di invecchiamento e sono favoriti dal digiuno.

Potremmo dunque concludere con quanto segue: il nostro modello alimentare tradizionale prevede cinque pasti al giorno, ovvero la colazione, il pranzo, la cena e gli spuntini di metà mattina e di metà pomeriggio. Lo stesso modello alimentare prevede un digiuno della durata media di 12 ore ed è quello che passa dalla cena alla colazione del mattino dopo. Quale che sia la ripartizione dei pasti l’aspetto salutistico di una dieta risiede nel soddisfacimento dei fabbisogni energetico e nutrizionale. Il fatto di rispettare il digiuno notturno aumenta la valenza salutistica della nostra dieta.

Saltare i pasti fa dimagrire?

Saltare i pasti non può essere inteso di per sé come un modo per dimagrire. Se vogliamo dimagrire l’unica cosa da fare è indurre un deficit energetico. Detto in altri termini bisogna mangiare meno di quello che si consuma. Non ci sono altre strategie al di fuori di questa e il paradosso è che, nell’arco delle 24 ore, si possono assumere calorie in eccesso pur saltando uno o due pasti.

Il trasferimento di energia dall’organismo all’ambiente viene definito spesa energetica, mentre il processo inverso viene detto introito energetico. La spesa energetica totale giornaliera consiste di quattro componenti:

  • il tasso metabolico durante il sonno (ebbene sì, consumiamo energia anche mentre dormiamo!);
  • il costo energetico legato alla veglia;
  • l’effetto termico degli alimenti o spesa energetica dieto-indotta (mangiando consumiamo energia);
  • il costo energetico dell’attività fisica (è proprio il caso di dire sit less, get active).

Da quanto fin qui detto sembra proprio che per dimagrire sia necessario soddisfare i fabbisogni nutrizionali e quelli energetici basali mentre si adotta uno stile di vita attivo.

Saltare i pasti potrebbe indurci a mangiare grandi quantità di cibo nei pasti successivi oppure potrebbe farci sentire più attratti dagli alimenti più densi di energia (tipicamente quelli di derivazione industriale, ricchi in grassi saturi e in zuccheri semplici).

In conclusione, saltare i pasti non ha alcun impatto nel breve periodo sul nostro metabolismo basale ma potrebbe indurci a fare scelte alimentari scorrette con il risultato di non produrre alcun dimagrimento e con il rischio concreto di aumentare di peso.

Diverso è il caso del digiuno intermittente, un modello alimentare nel quale i pasti non si saltano ma si fondono tra di loro in modo da consumare tutto il cibo in una finestra temporale ristretta.

Dieta del digiuno intermittente

In nutrizione capita di dire tutto e il contrario di tutto. Esistono studi che documentano l’utilità del fare la prima colazione e studi (quelli sul digiuno intermittente o intermitting fasting) che documentano il contrario. David Sinclair, uno dei maggiori esperti mondiali sull’invecchiamento, sostiene da tempo l’utilità del digiuno nel promuovere la nostra salute.

Nel digiuno intermittente si continuano a mangiare le stesse quantità di cibo ma si riduce la finestra temporale entro la quale si mangia. Nella formula più diffusa, quella 8-16, si digiuna per 16 ore (dalle otto di sera, ad esempio, fino alle 12,00 del giorno dopo). Scrive Sinclair: “C’è una forte correlazione tra il comportamento del digiuno e la longevità in Zone Blu (sono chiamate così le zone al mondo in cui c’è la maggiore concentrazione di centenari) come l’Icaria in Grecia, l’isola in cui la gente si dimentica di morire, dove un terzo della popolazione vive oltre l’età di 90 anni e quasi ogni residente anziano è un discepolo fedele della chiesa ortodossa greca e aderisce a un calendario religioso che richiede un qualche tipo di digiuno per più della metà dell’anno”.

Le ricerche scientifiche su digiuno e invecchiamento hanno ampiamente dimostrato, almeno nei modelli animali, che digiunare potenzia il metabolismo cellulare grazie anche al fenomeno dell’autofagia e della biogenesi mitocondriale. Nel lungo periodo, però, un digiuno non ben calibrato può comportare una perdita di massa magra (in particolare di massa muscolare) associata ad un forte stress per l’organismo. Per questa ragione, qualora si volesse digiunare con l’obiettivo di trarne vantaggio per la propria salute, è bene fare riferimento a un modello alimentare ben congeniato e costruito su misura, ancor meglio da uno specialista della nutrizione, tenendo conto dei propri fabbisogni nutrizionali.