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Olio extravergine di oliva
Si definisce olio extravergine di oliva l’olio ottenuto dalla prima spremitura di olive attraverso processi meccanici e quindi senza il ricorso all’uso di sostanze chimiche. In virtù delle modalità di raccolta e dei processi estrattivi, l’acidità libera dell’olio (misurata in termini di acido oleico) non deve risultare superiore allo 0,8%. Ai fini della produzione di olio extravergine di oliva, devono essere utilizzate solo olive fresche e di prima qualità, spremute subito dopo essere state colte e che non abbiano subito altro trattamento oltre al lavaggio. Prima di andare alla molitura, le olive vengono separate dai rametti e dalle foglie. Poi vengono centrifugate e filtrate.
Grazie al sistema di produzione, l’olio mantiene immutato il suo contenuto in grassi e il suo contenuto in componenti minori, chiamati metaboliti secondari: queste sostanze hanno un effetto antiossidante. I composti antiossidanti sono importanti quanto l’acido oleico nel definire le proprietà salutistiche di questo eccezionale condimento. Gli oli che vengono sottoposti a processi di raffinazione perdono, invece, il loro valore antiossidante.
Tra gli antiossidanti comunemente presenti nell’olio extravergine di oliva vanno citati i polifenoli, che contribuiscono in modo rilevante alla stabilità degli oli di oliva vergini anche quando sottoposti alle alte temperature. Si tratta di molecole in grado di reagire con l’ossigeno libero in modo da ridurne la capacità ossidante. L’ossidazione è uno dei principali processi che porta all’invecchiamento di cellule, tessuti e organi. Oltre a svolgere questa importante azione protettiva, i polifenoli contribuiscono al caratteristico odore e sapore proprio in special modo degli oli giovani. Tra gli antiossidanti dell’olio extravergine di oliva va citato l’oleocantale, responsabile del bruciore alla gola quando si assaggia un olio appena spremuto e al quale tra l’altro è attribuito un potente effetto anti-infiammatorio (paragonabile a quello di alcuni farmaci).
Burro
Il burro può essere considerato un concentrato dei grassi del latte. Il processo di produzione avviene in due fasi: prima si estrae la crema di latte e poi si trasforma la crema in burro. Mentre il latte può essere considerato un’emulsione di grassi in acqua, il burro (che ha una consistenza solida) è un’emulsione di gocce di latte in una massa unica fatta da grassi. In altri termini è un’emulsione di acqua in grasso.
A temperatura ambiente il burro si presenta come una massa plastica di consistenza solida. Il colore è giallo e l’odore e il sapore sono gradevoli. Il burro fonde ad una temperatura compresa tra i 28 e i 33 °C. Dal punto di vista della sua composizione chimica il burro è fatto per il 15-18% di acqua per l’80-84% da grasso. Oltre ai trigliceridi, il burro contiene anche colesterolo e vitamine liposolubili. Per disposizione di legge, il burro deve contenere almeno l’80% di grasso ma è prevista anche la commercializzazione di un burro leggero a ridotto tenore di grasso con il 60-62% di lipidi e di un burro ancora più magro con il 39-41% di lipidi. Al pari dell’olio di oliva, il burro rappresenta un grasso da condimento ottenuto esclusivamente attraverso operazioni meccaniche e quindi non sottoposto a trattamenti chimici.
Differenze
L’olio extravergine di oliva apporta 899 kcal per 100 ml e ha la seguente composizione in acidi grassi e i seguenti valori nutrizionali:
- acido oleico (acido grasso monoinsaturo): 73,6%;
- acido linoleico (acido grasso polinsaturo della serie omega 6): 7,85%;
- acido linolenico (acido grasso polinsaturo della serie omega 3): 0,99%.
Rappresenta inoltre una buona fonte di antiossidanti e di vitamine A ed E.
Il burro apporta 758 kcal per 100 grammi. La composizione in grassi è la seguente:
- acidi monoinsaturi totali: 24%;
- acidi polinsaturi totali: 2,75%;
- acidi grassi saturi totali: 48,78%;
- colesterolo: 250 mg.
È un alimento particolarmente ricco in vitamina A.
Qual è il migliore per cucinare?
L’olio extravergine di oliva viene utilizzato principalmente a crudo. È infatti a crudo che questo prezioso condimento esprime il massimo delle sue proprietà organolettiche. Le sostanze benefiche in esso contenute non vengono denaturate con il calore. In cottura si perde in parte il carattere amaro e piccante tipico dell’olio giovane. Questo non significa che non sia corretto cuocere con l’olio extravergine d’oliva. Di fatto l’olio sacrifica sé stesso e mette a disposizione il proprio valore antiossidante per preservare il valore antiossidante dell’alimento a cui è abbinato. Un esempio tipico di questa interazione benefica per la nostra salute è il sugo di pomodoro. I polifenoli dell’olio proteggono il licopene del pomodoro dalla denaturazione.
Il burro, quando viene sottoposto a cottura, rischia di perdere il suo contenuto in vitamine e diviene molto meno digeribile. Il motivo per cui il burro non tiene le alte temperature è dovuto alla presenza di una quota proteica. La caseina, che è anche responsabile del sapore gradevole del burro, brucia più rapidamente dei grassi. Quando viene scaldato, il burro sviluppa un aroma di nocciola legato alla caramellizzazione della componente solida del latte formata dalle proteine e dagli zuccheri. Per questa ragione, quando cuciniamo con il burro aggiungiamo sapore agli altri ingredienti. Ci sono però degli svantaggi a cucinare con il burro, che possiede il più basso punto di fumo di qualsiasi forma di grasso. Il punto di fumo è la temperatura alla quale un grasso inizia a fumare quando riscaldato. Il burro inizia a fumare quando raggiunge una temperatura di 177 °C (il punto di fumo dell’olio extravergine di oliva è di 210 °C). Un modo per alzare il punto di fumo del burro è quello di usare un burro chiarificato. Il burro chiarificato è il burro dal quale sono stati rimossi i solidi del latte e l’acqua poiché la responsabilità del fatto che il burro bruci più velocemente è da attribuire ai solidi. Isolando il grasso del burro lo si può riscaldare a temperature molto più alte e quindi il punto di fumo si innalza.
Come abbiamo potuto vedere, olio extravergine di olia e burro si comportano in maniera diversa in cottura:
- il primo esercita un’azione antiossidante e tiene bene le alte temperature. Il consiglio è quello di utilizzare l’olio extravergine di oliva principalmente a crudo oppure in abbinamento ad altri ingredienti ricchi anch’essi di valore antiossidante (vedi l’esempio della salsa di pomodoro);
- il secondo ha il più basso punto di fumo di qualsiasi forma di grasso ed il suo impiego per cotture ad elevate temperature può favorire la produzione di sostanze tossiche. Un consiglio è allora quello di limitarsi ad utilizzare il burro per aggiungere sapore ai piatti alla fine del processo di cottura (vedi ad esempio l’utilizzo del burro nella mantecatura dei risotti) oppure nella preparazione di dolci da forno.
Quale olio usare per friggere
Ora sappiamo che il punto di fumo si raggiunge ogni volta che un olio o un grasso viene sottoposto alle alte temperature come avviene per la frittura. I dati relativi al punto di fumo dei vari oli sono ad ogni modo molto variabili. L’alta presenza di acidi grassi liberi e la prevalenza dei grassi insaturi sui grassi saturi sono i due principali fattori in grado di abbassare il punto di fumo e rendere così l’olio meno adatto alle alte temperature. È interessante notare che negli oli estratti meccanicamente (vedi olio d’oliva) e in generale negli oli non raffinati (concepiti come più salutari) la quantità di acidi grassi liberi è maggiore. Altri fattori in grado di abbassare il punto di fumo sono:
- la presenza di sale
- la presenza di acqua
- il fatto di utilizzare più volte lo stesso olio
- la presenza di batteri
- le modalità di conservazione dell’olio (esposizione all’aria, alla luce, al calore)
- il rapporto tra la quantità d’olio e le dimensioni del recipiente di cottura (l’ideale sarebbe utilizzare pentole alte e strette per ridurre la superficie di contatto tra l’olio e le pareti del recipiente).
Tenendo conto di tutte queste variabili, per definire il punto di fumo di un dato olio sarebbe più corretto fare riferimento ad un range di temperature e non ad un valore assoluto.
Concettualmente gli oli più adatti alla frittura sono quelli con maggiore resistenza all’idrolisi. Sono gli stessi ai quali si attribuisce un elevato potenziale pro-aterogenico: l’olio di cocco, l’olio di palma, l’olio di cacao, lo strutto e addirittura gli oli industriali idrogenati. Paradossalmente è meglio friggere con un olio saturo e raffinato che non con un olio polinsaturo ed estratto meccanicamente (come l’olio extravergine di oliva).
Il Ministero della Sanità con una circolare datata 11 Gennaio 1991 ha pubblicato una serie di raccomandazioni per l’uso degli oli e dei grassi ai fini della frittura:
- utilizzare per la frittura solo gli oli o i grassi alimentari idonei a tale trattamento in quanto più resistenti al calore;
- curare una adeguata preparazione degli alimenti da friggere, evitando per quanto possibile la presenza di acqua e l’aggiunta di sale e spezie (specialmente se fresche) che accelerano l’alterazione degli oli e dei grassi (il sale e le spezie dovrebbero essere aggiunti all’alimento preferibilmente dopo la frittura);
- evitare tassativamente che la temperatura dell’olio superi i 180°C (è opportuno quindi munire la friggitrice di un termostato);
- dopo la frittura è bene agevolare mediante scolatura l’eliminazione dell’eccesso di olio assorbito dall’alimento;
- provvedere ad una frequente sostituzione degli oli e dei grassi (vigilare sulla qualità dell’olio durante la frittura, tenendo presente che un olio molto usato si può già riconoscere dall’imbrunimento, dalla viscosità e dalla tendenza a produrre fumo durante la frittura);
- filtrare l’olio usato, se ancora atto alla frittura, su idonei sistemi e/o sostanze inerti (coadiuvanti di filtrazione);
- pulire a fondo il filtro e la vasca dell’olio (le croste carbonizzate, i residui oleosi viscosi o i resti di un olio vecchio ne accelerano l’alterazione);
- evitare tassativamente la pratica della “ricolmatura” (aggiunta di olio fresco all’olio usato): l’olio fresco si altera molto più rapidamente a contatto con l’olio usato;
- proteggere gli oli ed i grassi dalla luce.