Libero De Rienzo, il diritto ad una morte dignitosa

A poche dalla triste notizia della sua scomparsa, è stata una esplosione di illazioni, sospetti, accuse. Libero non è stato lasciato tale, nemmeno nella morte.

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L’Amica Speciale

Semplicemente #unadivoi

Libero De Rienzo: a poche dalla triste notizia della sua morte, è stata una esplosione di illazioni, sospetti, accuse. Non è bastato lo sdegno dei famigliari, l’intervento dell’avvocato di famiglia sulla sacralità, fino a prova contraria, del segreto istruttorio. Libero non è stato lasciato tale, nemmeno nella morte.

Lui da sempre così schivo, così refrattario alle interviste, all’esposizione mediatica, è stato punito nel peggior modo possibile: quegli stessi giornalisti che forse avrebbero potuto dargli più spazio in vita, sottolineandone il talento creativo, la genialità visionaria, la gentilezza d’animo, non sempre così scontata nelle persone di spettacolo, non hanno perso un secondo per avventarsi sul suo cadavere, per fare dietrologia spicciola, per imbrattarne la memoria prima ancora del verdetto ufficiale.

Quando, a poche ore dalla notizia della sua morte, sono uscite le prime indiscrezioni sul fatto che la Procura avesse aperto una indagine, mi è sembrato normale. È cosa quasi scontata, quando muore una persona giovane e in salute. Ma quando una sola illazione si è trasformata in una pioggia di supposizioni, titoli palesemente urlati e fuorvianti, vergognose fake news (“Caccia al pusher, “trovate cocaina, crack, eroina”) mi son sentita incredibilmente triste. E arrabbiata.

Perché ho pensato a sua moglie, ai suoi figli, a suo padre, ai suoi amici. Alla rabbia che si è sommata al loro dolore. Alla violenta intrusione nel privato di un attore, un uomo, che nella vita una solo cosa cercava: la NON notorietà, la libertà di essere lasciato in pace. Non è un caso che non partecipasse quasi mai agli eventi mondani, che per sua stessa ammissione avesse due o tre (veri) amici attori, che non fosse sui social, se non sporadicamente, che nessuno conoscesse nemmeno il nome dei suoi figli, figurarsi il volto.

E il sospetto che ci siano morti di serie a e di serie b, come sempre. Morti di fronte ai quali, per comodità, e interesse, si porta rispetto e altri che vengono vivisezionati, scarnificati, dati in pasto al pubblico senza pudore o vergogna.

Scrive Boris Sollazzo: “Il sospetto, a volte bisogna avere lo stesso coraggio di Picchio nel dire le cose come stanno, è che nell’accanimento attuale contro un giovane uomo che al talento univa la voglia di ingaggiare battaglie scomode – contro la violenza della polizia, il sistema penitenziario, la strategia repressiva dello Stato, le ingiustizie sociali, il pessimo giornalismo – ci sia una gran voglia di vendicarsi di tutte le categorie coinvolte.

Libero è morto, non cambia nulla sapere i dettagli. Ci mancheranno la sua simpatia, i suoi occhi dolci e malinconici anche quando pronunciava le battute più sfrontate, il suo cinismo così pungente e vero.

“A me stanno sul culo quasi tutti” diceva in Santa Maradona. E forse non aveva tutti i torti.