C’è una forza silenziosa ma potente nella voce di Jolanda Renga. Una forza che non ha bisogno di urla o teatrini, ma che passa per la verità nuda e cruda, detta con delicatezza, sguardo diritto in camera e nessuna intenzione di indietreggiare. La figlia di Ambra Angiolini e Francesco Renga è tornata sui social con un messaggio limpido e pieno di consapevolezza, dopo essere stata vittima – ancora una volta – di commenti carichi di body shaming e odio gratuito. Ma a 21 anni, Jolanda ha capito cosa conta davvero: “Io sto bene così”.
L’odio corre veloce, ma Jolanda va più lontano
La sua partecipazione al Milano Pride 2025, insieme alla madre, ha scatenato una raffica di commenti velenosi: dalla sua voce (“non intonata”) al suo aspetto (“non sarà bella”), fino alle solite accuse di nepotismo. Una spirale di banalità tossiche che purtroppo conosciamo fin troppo bene. Ma Jolanda non ha abbassato la testa. Ha scelto di rispondere con dolce fermezza, pubblicando una Instagram Story che è diventata subito virale.
“Mi dispiace sempre notare la pochezza d’animo delle persone che passano il loro tempo sui social a diffondere odio, invece di fare qualcosa di utile, magari per gli altri o anche per se stessi” ha scritto, senza tremare. E ancora: “Anche se ai vostri occhi posso essere la più orribile delle creature mostruose, io ho 21 anni e sto imparando a conoscere la persona che c’è dentro di me. E mi piace moltissimo”.
Un manifesto di amor proprio, quello di Jolanda, che ha toccato nel profondo chi si è sentita almeno una volta sbagliata davanti allo specchio. E che ha strappato l’applauso (virtuale e non solo) di sua madre Ambra, che ha ricondiviso tutto con orgoglio: una donna che sa guardare con amore una figlia che brilla della sua luce, senza chiedere il permesso.
Quando il body shaming è veleno travestito da opinione
Nell’epoca dei social a gettone e dei giudizi lampo, i commenti sull’aspetto fisico sono diventati una routine perversa. Lo sanno bene anche Levante e Romina Falconi, insultate senza vergogna dopo aver calcato il palco del Pride. La prima colpevole di essere “troppo magra”, la seconda bersagliata da commenti beceri sul peso. Ma loro, come Jolanda, hanno risposto con classe, intelligenza e, quando serve, ironia tagliente.
“Parlare del mio corpo come quello di una persona anoressica non è solo falso, è pericoloso” ha dichiarato Levante. Romina, invece, ha usato l’ironia come scudo: “Sono alta 1,53 e peso 54 chili. È tutta la vita che cerco di volermi bene. A volte ci riesco, a volte no”. Un’ammissione onesta, e per questo ancora più potente.
Ma è su Jolanda che si è accanita una parte di pubblico incapace di accettare una giovane donna che sale su un palco non per apparire, ma per esserci. E che lo fa senza filtri, senza maschere, con tutta la sua dolcezza. “Riguardo anche ad altri commenti fatti a cuor leggero sul fisico di una donna… penso sia la cosa più grave e indelicata che si possa dire a qualcuno, che neanche conoscete” ha scritto. Parole scolpite nella carne di chi ha sofferto, ma non si arrende.
Jolanda, orgogliosamente se stessa
Il suo messaggio è chiaro: basta con l’ossessione per il corpo altrui, basta con le diagnosi a distanza, basta con i giudizi non richiesti. “Rifletteteci, perché le persone che giudicate, prima di essere personaggi, sono persone come voi, i vostri familiari, amici…” ha scritto nella story, diventata in poche ore un messaggio collettivo.
Il Pride per lei – e per tutte le donne che hanno calcato quel palco – è stato un momento di gioia condivisa, non un talent show. Eppure anche in quel contesto qualcuno ha sentito il bisogno di esprimere sentenze, come se l’attivismo avesse bisogno del bollino estetico. E invece no. Jolanda l’ha dimostrato con ogni parola: “Non diamo attenzione a certe espressioni di odio inutili, teniamole alla larga da noi e cerchiamo di stare bene ed essere felici”.