Sindrome di Guillain-Barré, come si riconosce e si affronta

La sindrome di Guillain-Barré si manifesta in modo diverso e con gradi di gravità differenti: sintomi e cure

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

A volte segue un’infezione, magari banale, come quella da virus che colpiscono l’intestino o ceppi che fanno parte della famiglia dell’Herpes, come il virus della mononucleosi infettiva. In altri casi si può verificare in seguito ad un intervento chirurgico, in altri ancora non ha un’origine precisa, anche se il meccanismo che la provoca appare di tipo autoimmune.

Ad un certo punto, per eventi non ben chiari, il corpo sviluppa una sorta di “attacco” ingiustificato alle strutture del sistema nervoso, con conseguente perdita della mielina (il tessuto che in qualche modo favorisce il corretto passaggio del segnale nervoso) o difficoltà di funzionamento degli assoni, i conduttori degli impulsi. Il risultato è che si instaura un’infiammazione acuta dei nervi che tende a progredire ma poi si autolimita, con i muscoli che tendono ad essere più deboli e flaccidi e con la comparsa di parestesie e possibile perdita di sensibilità.

Normalmente dura qualche settimana

Pur se si parla sempre di sindrome di Guillain-Barré, i quadri clinici che caratterizzano questa condizione possono essere diversi per interessamento delle aree colpite e per gravità. Proviamo quindi a comprendere cosa accade in termini generali. Inizialmente si ha una sensazione di debolezza che interessa prima le gambe, per poi spostarsi anche alle braccia, ma ci sono casi in cui i problemi iniziano proprio dagli arti superiori e dalla testa.

In genere sono presenti anche disturbi di tipo sensitivo, come le parestesie. Questo percorso porta nel tempo, stiamo parlando di qualche settimana, ad avere delle pesanti ripercussioni sull’attività dei muscoli che diventano sempre meno efficaci nel rispondere agli stimoli.

Questo può comportare anche implicazioni che, nelle forme più serie del quadro patologico, possono avere riflessi anche sulla possibilità di alimentarsi, con ricorso a sistemi di alimentazione artificiale, ed addirittura sulle possibilità di respirare, con necessità di ricorso a strumenti per la ventilazione meccanica. Ci sono infine rarissimi casi particolarmente gravi in cui si verificano anche problemi a carico della pressione arteriosa, del cuore con comparsa di aritmie, e difficoltà ad urinare e a muovere regolarmente l’intestino.

Come si affronta

La diagnosi ed il trattamento sono ovviamente di pertinenza dei medici specialisti, ovvero i neurologi, che hanno la possibilità di arrivare alla diagnosi, magari anche aiutandosi con controlli in grado di chiarire il quadro. Si tratta di esami molto complessi, da eseguire in ambito ospedaliero, come ad esempio i controlli per comprendere come funziona la trasmissione e la conduzione del segnale nervoso o come si contraggono i muscoli, attraverso l’elettromiografia. Inoltre viene effettuata l’analisi del liquido cefalorachidiano: è il classico esame del liquor che si fa con una puntura a livello della spina dorsale, per poter esaminare particolari alterazioni presenti in alcuni pazienti.

Nel frattempo si opera in chiave terapeutica con farmaci che vengono somministrati in strutture dedicate e il cui effetto, così come la situazione clinica, va costantemente monitorato. Si tratta di trattamenti molto specifici, da valutare caso per caso in base alla gravità della situazione. In generale, più o meno sette persone su dieci superano dopo qualche mese quanto accaduto, ma ci sono malati in cui il quadro infiammatorio diffuso ai nervi tende a mantenersi nel tempo oltre a pazienti che hanno bisogno di continuare a contrastare la debolezza muscolare con cicli di riabilitazione e con strumenti idonei per aiutare la funzione dei muscoli stessi.