Non facciamo confusione. Esistono diverse forme di psoriasi. Ed una di queste è fortunatamente rara. Si chiama psoriasi pustolosa generalizzata. È una malattia in cerca di risposte, a partire dalla presa in carico del malato, che deve iniziare con la diagnosi. Perché ancora, soprattutto in forme sfumate, riconoscere il quadro non è semplice. E la diagnosi tardiva è dietro l’angolo.
Sono tanti i problemi legati a questa patologia, ma per fortuna c’è una buona notizia. Ora è a disposizione un farmaco innovativo mirato (si chiama spesolimab) che può essere somministrato in ospedale e con precise indicazioni da parte dello specialista.
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Donne a rischio
La malattia è segnata da fasi di peggioramento grave ed improvviso che impattano pesantemente sulla vita delle persone. Ma più in generale il bruciore ed il dolore sono i segni principali ancora più del classico prurito della psoriasi. La psoriasi pustolosa generalizzata rappresenta meno dell’1% di tutti i casi di psoriasi; più comune nelle donne, si presenta tra i 50 e i 60 anni e la sua incidenza è di circa 50 nuovi casi l’anno. Essendo assimilabile ad altre forme di psoriasi e malattie cutanee, risulta essere sottostimata e sottodiagnosticata.
Si manifesta con un’eruzione diffusa di pustole sterili su base eritematosa che si associa talora a sintomi sistemici quali dolore, febbre, malessere generale, affaticamento e manifestazioni extracutanee come l’infiammazione articolare.
“Queste improvvise acutizzazioni sono chiamate “flare” e, se non riconosciute e trattate tempestivamente, possono portare ad un aggravamento della condizione clinica e in rari casi a decesso – segnala Francesco Cusano, Past President ADOI – Associazione Dermatologi-venereologi Ospedalieri Italiani e della sanità pubblica – La diagnosi precoce è importante perché la patologia è altamente impattante sulla vita dei pazienti e il suo andamento clinico rischia di andare fuori controllo se non si interviene tempestivamente con terapie corrette. Fondamentale la diagnosi differenziale, che però è molto difficile perché la GPP si può manifestare con espressioni eterogenee, la cui variabilità è accentuata da eventuali trattamenti non specifici pregressi”.
Non solo pelle
Oltre ai sintomi cutanei la malattia spesso si accompagna a sintomi sistemici, quali febbre, fatica, mal di testa, malessere generale e dolore importante. La rarità della patologia, il corredo sintomatologico e il decorso imprevedibile, il notevole ritardo diagnostico, la difficoltà di accedere ai farmaci e l’inadeguatezza delle terapie fino ad oggi impiegate, sono tutti fattori che favoriscono complicanze renali, epatiche e respiratorie.
Anche per questo è davvero difficile da sopportare per chi ne soffre. Così la patologia ha un impatto devastante sulla quotidianità e sul vissuto del paziente.
“Quando la malattia è in fase di riacutizzazione, con una esposizione cutanea molto estesa che colpisce parti del corpo esposte, come le mani e il viso, diventa assai difficile una convivenza e la stessa vita relazionale e personale viene messa a dura prova – sottolinea Valeria Corazza, Presidente APIAFCO – Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza – La psoriasi pustolosa generalizzata è dolorosa, la sensazione è che queste pustole brucino la pelle, come un mantello di fuoco che avvolge il corpo”.
La psoriasi pustolosa generalizzata è gravata, sia per la sua estrema rarità sia per la difficoltà diagnostica, da una misconoscenza da parte dell’opinione pubblica, della classe medica e degli stessi pazienti, che ai primi segnali sottovalutano la propria condizione e spesso giungono all’attenzione dello specialista quando ormai la malattia è conclamata.
“Essere ben informati quando si parla di malattie rare o comunque meno note, come in questo caso, diventa addirittura essenziale, tanto per i pazienti quanto per tutti gli operatori sanitari che in qualche modo potrebbero vedere il paziente – spiega Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Direttore OMaR – Osservatorio Malattie Rare”.
Perché nasce e come agisce la nuova cura
La malattia è segnata da un decorso clinico eterogeneo e imprevedibile di cui ancora non si conoscono i meccanismi patogenetici, ma che in molti casi è dovuta ad alterazioni del sistema immunitario, in particolare all’eccessiva attivazione della via pro-infiammatoria dell’interleuchina 36 (IL36R), che genera una esagerata risposta infiammatoria da parte delle cellule cutanee.
“La scoperta del ruolo centrale del pathway (ovvero della via) dell’IL-36 nella GPP ha favorito la ricerca di inibitori di questo meccanismo patogenetico e recentemente è stato sviluppato l’anticorpo monoclonale IgG1 umanizzato spesolimab, in grado di legare specificamente l’IL-36R con elevata affinità e di inibire la trasmissione del segnale da parte degli agonisti dell’IL-36R – spiega Maria Concetta Fargnoli, Vice Presidente SIDeMaST – Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse”.
La prevenzione delle riacutizzazioni con un trattamento efficace e ben tollerato coprirebbe un bisogno altamente insoddisfatto, riducendo l’impatto delle comorbidità e della mortalità associata”.