Ipocondria, fobie e sindrome di Munchausen: che differenza c’è

L'ipocondria nelle forme più gravi può trasformarsi in sindrome di Munchausen: che cos'è e come si riconosce

Foto di Federico Mereta

Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Molière, nelle sue opere, ha descritto anche il “malato immaginario”. Probabilmente questa definizione teatrale non esprime completamente chi vive nella costante ansia di avere una malattia. E magari presta grandissima attenzione, arrivando a contorni quasi maniacali, ai segnali che il corpo invia. Oppure vede una patologia dove magari non c’è. Insomma. Pur se è necessario curarsi ed affrontare i sintomi nel modo giusto, bisogna stare attenti a non ammalarsi di una patologia specifica. Che diventa una paura costante. E fa vivere male. Si chiama ipocondria.

Come si riconosce l’ipocondria dalla sindrome di Munchausen

Questa condizione esiste davvero. E non va catalogata tra i classici problemi psicosomatici. L’ipocondria è una sorta di “preoccupazione” patologica per la propria salute slegata da ogni sintomo, a differenza di quanto avviene per le patologie che legano psiche e corpo.

L’ipocondria nelle sue forme gravi è quindi una forma di nevrosi che porta chi ne soffre a non “credere” al medico che, dopo un esame accurato, non individua alcuna patologia. Nelle forme più gravi di questi quadri si può addirittura arrivare alla sindrome di Munchausen. Questa vera e propria malattia psichiatrica è caratterizzata dalla convinzione di essere malati al punto da dover essere ricoverati in ospedale.

Quando il medico non crede a questi pazienti, essi possono addirittura arrivare a giocare d’astuzia pur di convincerlo. Nella letteratura scientifica sono riportati casi di persone che si iniettavano insulina per andare incontro a crisi ipoglicemiche, o addirittura a mutilarsi per essere accettate al pronto soccorso. In questi casi solo la cura dello psichiatra per consentire di risolvere il quadro, perché i malati di sindrome di Munchausen hanno bisogno di sentirsi apprezzati e seguiti da qualcuno.

Sindrome di Munchausen e animali

Anche se vuole bene agli animali, a volte chi affronta questo quadro rischia di trovarsi a fare del male agli amici a quattro zampe. Questa apparente incongruenza è stata descritta per i malati di sindrome di Munchausen, che proprio per la loro specifica condizione hanno bisogno di sentirsi apprezzati e seguiti da qualcuno. E non potendo riferirsi ai medici, a volte arrivano a determinare piccole lesioni ai loro amici a quattro zampe.

A dirlo è una ricerca di qualche tempo fa condotta su 1000 chirurghi veterinari inglesi, pubblicata su Archives of Diseases in Childood. Stando ai risultati dello studio il due per cento dei traumi degli animali sarebbero causati deliberatamente dal padrone, e al solo scopo di trovare attenzione per se stessi da parte del veterinario. Chi soffre della sindrome, in pratica, sposta sull’animale il danno per sentirsi seguito.

Le “paure” della salute

Gli ipocondriaci, va detto, corrono all’ospedale magari solo per un’alterazione del battito o una bollicina sospetta. E al contrario ci sono soggetti che evitano in assoluto ogni controllo per la fobia di scoprirsi malati. Così a volte si è terrorizzati all’idea di fare una puntura, oppure si sfugge al controllo dal dentista. O magari si arriva addirittura a svenire alla vista dell’ago.

Si parla in questi casi di aichmofobia, ovvero la paura degli aghi. Un terrore che spesso si associa alla paura del sangue (emofobia) ed è caratterizzato da una sensibilità vasovagale, che porta chi ha queste fobie a svenimenti improvvisi durante un’iniezione o un prelievo. La paura degli aghi è una delle fobie ‘mediche’ con la maggior componente familiare e anche se il problema può essere legato a un trauma.

Ma perché si sviene di fronte a una siringa? In questi soggetti si attiva una risposta fisiologica che, dopo un’accelerazione iniziale della frequenza cardiaca e un aumento della pressione alla vista dell’ago, porta a una brusca decelerazione del battito e a un crollo pressorio, con successivo svenimento.

Sia chiaro: quello delle fobie è un universo che conta circa 500 differenti paure, fra quelle di tipo sanitario possiamo ricordare la nosocomefobia, ovvero la paura degli ospedali, che porta a evitare controlli ma anche visite ad amici e familiari malati.