Dieta mediterranea e salute, il nuovo test ti dice se sei a rischio

Prova il nuovo test per verificare quanto la tua alimentazione si avvicina alla dieta mediterranea e se sei a rischio di malattie cardiovascolari

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Ci sono tanti elementi che entrano in gioco quando si ragiona sull’alimentazione. Fondamentali sono la varietà dei cibi, il rispetto dell’introito calorico che va compensato con una regolare attività fisica, la scelta dei nutrienti e anche l’orario dei pasti, oltre che una corretta distribuzione calorica che privilegi colazione e pranzo, per poi consentire una cena leggera. Tutti questi elementi, nell’ambito di una sana alimentazione mediterranea, rappresentano variabili da considerare.

Ora per chi vuole avere qualche semplice criterio di autovalutazione è disponibile una sorta di “questionario” in rete che, sulla scorta delle risposte, non dice solamente quanto si è in linea con i dettami dell’alimentazione mediterranea (ricca di vegetali, legumi, alimenti integrali e olio extra-vergine d’oliva) ma anche quanto si rischia di andare incontro alla classica “pancia” che rappresenta uno dei fattori maggiormente temibili per il benessere metabolico. Ovviamente, per chi si sottopone al questionario, è possibile anche ottenere consigli mirati su cosa fare per ridurre il proprio rischio cardiovascolare, come riporta Ansa.

Un nuovo punteggio definisce il rischio

Alla base di questa autovalutazione scientificamente testata c’è una ricerca apparsa su Nutrients condotta dagli studiosi coordinati da Antonio Moschetta, ordinario di Medicina Interna presso l’Università di Bari, nell’ambito degli studi finanziati dal progetto PNRR “On-foods”.

Lo score di rischio non considera solamente i cibi che si introducono ma anche quando si consumano, l’eventuale assunzione di alcol, le ore in cui è maggiore l’introito calorico. Questi fattori, oltre ovviamente all’alimentazione, contano in chiave di sviluppo di adiposità addominale (la classica pancetta) che modifica non solo il profilo metabolico ma anche il rischio per cuore ed arterie e le possibilità di sviluppare tumori. L’obesità addominale, insomma, è un vero e proprio “nemico” del benessere.

Come segnalano gli esperti il risultato va da meno 13 a 25 punti: più è basso il punteggio, minore è l’aderenza alla dieta mediterranea, maggiore sarà il rischio di adiposità addominale. “Abbiamo previsto punteggi diversi in base alle quantità in cui assumiamo frutta, verdura, carne, pesce, pasta, burro, cereali, carboidrati, alcolici ma anche delle domande relative al momento della giornata in cui li consumiamo e alla frequenza con cui facciamo esercizio fisico – segnala l’esperto all’Ansa. Non possiamo pensare che lo stesso pasto abbia gli stessi effetti su due persone che hanno un consumo energetico diverso o che una stessa quantità di pasta venga metabolizzata e ‘immagazzinata’ allo stesso modo in due momenti diversi della giornata. Infatti, le cattive abitudini a tavola si ripercuotono sull’accumulo di tessuto adiposo viscerale e proprio questo grasso è responsabile di inviare messaggi ormonali a tutto l’organismo e di causare quelle alterazioni responsabili di malattie cardiovascolari“.

Lo studio è stato condotto per circa tre anni fra i pazienti della Clinica Medica Universitaria “C. Frugoni” del Policlinico di Bari ed ha compreso oltre 350 soggetti con età media di 50 anni. Il primo autore dello studio è  Carlo De Matteis, che segnala come “l’alimentazione deve essere sempre più al centro della terapia medica, come primo argine alle malattie e come strumento per vivere meglio”.

L’ora del pasto è importante

Non conta solo ciò che si mangia. Ma è importante anche quanto si mangia, ovviamente. E nel compiuto finale del bilancio bisogna inserire anche il “timing” ed il rispetto della cronobiologia, che rende ottimale l’assunzione degli alimenti in determinati momenti della giornata, ovviamente nell’ambito di un percorso nutrizionalmente ed energeticamente corretto.

Il ritmo circadiano ci aiuta anche a tenere sotto controllo il peso.  Pensate che secondo una ricerca chi ha un cronotipo serale, quindi il classico nottambulo che fa una cena molto impegnativa e magari in ora tarda, avrebbe un rischio maggiore di soffrire di malattie cardiovascolari e diabete di tipo 2 rispetto ai mattinieri. Il motivo: si rischia di tendere ad avere modelli nutrizionali meno salutari che non rispettano le tre dimensioni del comportamento alimentare – tempistica, frequenza e regolarità – e quindi i ritmi biologici e metabolici del nostro organismo.

L’analisi, apparsa qualche tempo fa su Advances in Nutrition, ha condotto una revisione internazionale delle precedenti ricerche svolte sul cronotipo per comprendere la relazione tra quest’ultimo, la crono-nutrizione e la salute cardio metabolica generale. Cosa ne emerge? La consuetudine di andare a dormire tardi propria del cronotipo serale non è secondaria rispetto alle sue pessime abitudini alimentari, anzi, è proprio andare a dormire tardi o alimentarsi di notte che disallinea l’equilibrio metabolico dettato dai ritmi circadiani. I nostri orologi biologici sincronizzano i sistemi metabolici per renderli efficienti e funzionali nel periodo diurno per lasciarci riposare la notte.

Lo studio, infatti, ha identificato che le persone che vanno a letto più tardi tendono a seguire un’alimentazione meno sana rispetto ai mattinieri, consumando una maggiore quantità di bevande energetiche, zuccherate e con caffeina e ricavando una quota maggiore di energia dai grassi. Non solo, seguono costantemente schemi alimentari più irregolari, saltando per esempio la prima colazione e mangiando più tardi nel corso della giornata. Il team di esperti ha inoltre osservato che le persone con cronotipo serale tendono a mangiare una minore quantità di cereali, verdure e frutta e a consumare meno pasti durante la giornata, ma più abbondanti. Tutti comportamenti collegati all’aumento della pressione sanguigna, al metabolismo del glucosio e alla gestione dei lipidi, che, a loro volta, possono incrementare il rischio di malattie cardiovascolari e diabete di tipo 2.