“Dieta del sonno”, perché dormire poco può farci prendere peso

Dormire poco può avere impatti sul metabolismo con rischio di farci aumentare di peso: a cosa stare attenti

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

È vero che chi dorme non piglia pesci. Ma è altrettanto innegabile che solo dormendo per il tempo giusto, e con un sonno davvero ristoratore, possiamo rimettere in forma l’organismo, ripulendolo dalle scorie che si ammucchiano durante la giornata. Non pensate però che solamente il cervello, il sistema immunitario ed altre parti del corpo abbiano bisogno di riposo.

Anche il metabolismo può trarre vantaggi dal sonno. Anche e soprattutto in questa stagione, quando ci si vuole mettere in forma per le vacanze estive. Se non si riposa abbastanza possono esserci ripercussioni anche sul peso corporeo, visto che se si riposa a dovere e per il giusto tempo si tende a non prendere nemmeno troppi chili. Insomma, si potrebbe parlare, senza ovviamente pretendere di avere una terminologia scientifica, di dieta del sonno.

Così il poco sonno incide su quanto mangiamo

È ovvio. Cercare di seguire le regole dell’alimentazione mediterranea, ricca di frutta e verdura, associandole con la giusta attività fisica magari evitando le ore più calde della giornata, è fondamentale per mantenersi in forma. Ma se siamo bravi a seguire le raccomandazioni a tavola e in piscina, al mare, in montagna, in palestra o facendo jogging nei parchi cittadini, sono siamo altrettanto attenti all’igiene del sonno. E questo incide sul metabolismo, specie se l’astinenza dal sonno si prolunga, oltre a modificare negativamente le consuetudini a tavola.

Chi riposa il giusto sarebbe infatti meno portato a consumare dolciumi, snack, bevande con zucchero e tante altre cose che certo non aiutano a mantenere la linea e a conservare un sano metabolismo. A mettere in luce questo curioso rapporto è una ricerca apparsa qualche tempo fa coordinata da Christopher Taylor, dell’Università Statale dell’Ohio.

Secondo quanto riporta il lavoro pubblicato su Journal of the Academy of Nutrition and Dietetics, sono stati esaminati quasi 20.000 adulti tra i 20 e i 60 anni negli Usa. E si è visto che chi sta sveglio a lungo può tendere a “strafogarsi” in ore improprie con cibi non propriamente sani, portando alla bocca ciò che trova in frigo. Non solo: lo studio riporta che le giuste ore di riposo notturno impatterebbero anche sulle scelte alimentari diurne, con meno tendenza agli stravizi di gola nel corso della giornata.

Attenzione. Non è la prima volta che si consiglia per chi sta a dieta di riposare bene. E più in generale questa indicazione è valida per tutti, per il benessere psicolofisico. Sono ormai tanti gli studi che hanno mostrato come chi dorme di meno ha una possibilità più alta di divenire obesi e d’altra parte i soggetti obesi – indipendentemente dalla presenza di apnee notturne – si lamentano più frequentemente di sonnolenza diurna.

I motivi? Si è osservato che la restrizione di sonno può determinare alterazioni nella secrezione di ormoni che regolano il senso dell’appetito e la spesa energetica.  In particolare la deprivazione di sonno determina una ridotta secrezione della leptina, ormone che favorisce la riduzione del senso dell’appetito e al contempo facilita il consumo calorico.  Allo stesso tempo la produzione di grelina, ormone che stimola l’appetito, appare aumentata dopo deprivazione di sonno. Il problema si manifesta a tutte le età.

Come si regola il sonno

I rapporti tra riposo, alimentazione e metabolismo sono molto stretti. E vanno sempre considerati. A “gestire” il nostro ritmo del sonno è soprattutto un piccolo gruppo di neuroni che si trovano nell’ipotalamo (una struttura nervosa al centro del cranio nella sua parte anteriore) e fanno parte del nucleo soprachiasmatico.

Queste cellule cerebrali infatti ricevono gli stimoli della luce e del buio attraverso una “strada” nervosa che parte dalla retina, la zona dell’occhio capace di ricevere gli stimoli luminosi e trasformarli in segnali nervosi, e arriva appunto all’ipotalamo.  Se a questo si aggiunge l’attività della melatonina, un ormone prodotto dall’ipofisi durante la notte che riesce ad agire su alcuni neuroni del nucleo soprachiasmatico, si può spiegare come un aumento della luce possa in qualche modo influire sul normale ritmo del sonno.

Attenzione: non dimentichiamo che il corpo ha il suo orologio, regolato anche dalle variazioni termiche. La curva di propensione al sonno appare infatti in stretta correlazione con la temperatura interna dell’organismo. Per cui tendiamo ad addormentarci quando il valore termico del corpo è ai minimi delle 24 ore, mentre ci svegliamo quando sale.  Infine ricordiamo che anche diversi cicli ormonali risentono del ritmo sonno-veglia.  Di notte sale la sintesi dell’ormone della crescita, della prolattina e della melatonina, che cessa la sintesi non appena si aprono gli occhi e la retina viene stimolata dalla luce.