Lady D, svelate le carte segrete sui funerali: il retroscena su Elton John

La Famiglia Reale non voleva che fosse il cantante a omaggiare la Principessa al funerale: perché ha cambiato idea

I funerali di Lady D. sono ancora tra i ricordi più vividi di chiunque sia vissuto a cavallo degli anni Novanta e l’immagine di Elton John che canta in onore della sua amica Principessa è forse una delle più rappresentative insieme a quella dei giovanissimi William e Harry che camminano dietro il feretro insieme allo zio.

Basta solo ripensare a quei momenti per riprovare ancora tutta la tristezza e lo sgomento per la morte di Diana, così improvvisa e sconvolgente. Ma ora, a distanza di quasi 25 anni, arrivano alcuni dettagli sulle ore che hanno preceduto il funerale e la confusione generale che regnava a Londra per via di quell’avvenimento epocale.

Elton John e Candle in the Wind: il retroscena

Dai documenti conservati al National Archive e resi pubblici per la prima volta si apprende che la Famiglia Reale non voleva che fosse Elton John a cantare al funerale per rendere omaggio alla Principessa. L’entourage dei Windsor riteneva il cantante troppo popolare e il brano troppo informale. In un primo momento l’artista aveva proposto di rivisitare Your Song, salvo poi ripiegare su Candle in the Wind modificata con la celebre frase “Goodbye England’s Rose“, “Addio rosa d’Inghilterra”, rimasta nei cuori di tutti.

Fu l’allora decano di Westminster, il reverendo Wesley Carr, a insistere con Buckingham Palace affinché nella cerimonia di commemorazione fosse incluso un omaggio ai veri gusti di Lady D. nonché un brano che permettesse di parlare alla sua gente, quelle persone che l’avevano resa la Principessa del popolo, come la definì Tony Blair.

Lo staff della Regina, infatti, avrebbe preferito che venisse eseguito un brano di musica classica o corale, scelta che Carr definì “inappropriato” per la situazione.

La morte di Diana e il caos politico

Quell’evento sconvolse l’opinione pubblica e rappresentò il culmine del logoramento del rapporto tra il popolo britannico e la monarchia, che in quel periodo ebbe il suo momento più buio proprio per il modo in cui la Famiglia Reale aveva fatto fronte comune contro Diana.

La morte della Principessa creò il caos anche a livello politico, mettendo in difficoltà pure il Primo ministro Tony Blair e le ripercussioni diplomatiche di quella fase della storia del Regno Unito: Hilary Clinton, allora First Lady degli Stati Uniti d’America, era intenzionata a rilasciare dichiarazioni poco gentili nei confronti della stampa per il modo in cui Lady D. era stata trattata, con gli inseguimenti che ne avevano procurato la fuga e il conseguente incidente.

Con grande sollievo di Blair e del suo staff ci ripensò, ma anche sul fronte francese non mancavano le pressioni affinché venissero inasprite le regole sulla privacy. Il premier, contrario a un irrigidimento della legge, era dell’opinione, stando ai documenti, che sarebbe stato più utile e duraturo un cambio d’approccio deciso in modo spontaneo dagli stessi organi d’informazione.

Non mancarono poi le tesi complottiste, che volevano un coinvolgimento dei servizi segreti o addirittura della stessa Famiglia Reale nell’incidente di Parigi, tutte smentite dalle varie indagini interne. Ipotesi definite “ridicole ed estremamente angoscianti per i famigliari delle vittime”.