Autismo: cos’è, cause e come si manifesta

L’osservazione comportamentale è determinante per il rilevamento dell’autismo. Scopri come riconoscere questo disturbo e come comportarti.

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Antonella Lobraico

Editor specializzata in Salute & Benessere

Specializzata nella comunicazione online, ha collaborato con testate giornalistiche, uffici stampa, redazioni tv, case editrici e agenzie web in progetti su Salute e Benessere.

Quando si entra nella sfera della psicologia, si spalancano le porte di un mondo tanto sconfinato quanto delicato dove sensibilità, osservazione dei comportamenti e dei sintomi fanno da padrone. È il caso anche dell’autismo, un argomento molto dibattuto ma al contempo poco conosciuto, nonostante si tratti di un disturbo che interessa un gran numero di persone in tutto il mondo.

Come già per altre patologie, anche la diagnosi di autismo comporta una modifica importante a livello strutturale di tutta la famiglia. Questo disturbo, infatti, viene quasi sempre identificato quando il paziente è bambino e di conseguenza la diagnosi investe l’intero nucleo familiare, a cui è fondamentale dare il giusto supporto per affrontare al meglio questo percorso.

Ne abbiamo parlato con la dott.ssa Sara Baldrighi, Psicologa, che dopo aver fatto chiarezza su un’altra tematica di grande attualità, gli attacchi di panico, ci aiuta ora a capire meglio cosa è l’autismo, quali sono le cause e come si manifesta.

Che cos’è l’autismo

«Quando si parla di autismo dobbiamo parlare di disturbi dello spettro autistico. In un certo senso è come se ci fossero più autismi e non solo uno, questo perché ci sono delle soggettività all’interno dell’autismo stesso. Possiamo fare una distinzione: da una parte ci sono persone che hanno le caratteristiche cognitive dell’autismo, ma non manifestano mai delle difficoltà attive o le manifestano in momenti particolarmente stressanti della loro vita, per cui tendono a vivere la vita in modo autonomo; dall’altra invece ci sono persone che hanno difficoltà nella vita quotidiana e necessitano di un supporto per tutta la vita», spiega la dottoressa.

Il termine autismo deriva dal greco “autos”, ovvero “stesso” e fa riferimento al senso di isolamento a cui ricorrono i soggetti che ne soffrono, per difendersi da qualcosa che considerano pericoloso.

L’autismo non rappresenta una malattia poiché non può essere curato: si tratta di una condizione sfaccettata che include al suo interno problematiche legati alla sfera comportamentale e a quella della comunicazione. In un certo senso, è come se fosse un modo differente di vedere il mondo e tutto quello che lo costituisce.

Come si manifesta l’autismo

«Ci sono delle valutazioni che si possono fare per vedere chi ha un disturbo dello spettro autistico. Al momento, tutto si basa sull’osservazione dei comportamenti. Tendenzialmente, si tratta di persone che hanno difficoltà nella comunicazione e nell’interazione sociale. Ad esempio, fanno fatica a capire le emozioni proprie e degli altri, hanno un ridotto interesse nella condivisione degli interessi propri e altrui, manifestano difficoltà nella conversazione. Possono esserci deficit comunicativi che vanno da una comunicazione verbale-non verbale povera, a fissazioni su alcuni interessi, oggetti inusuali, fino a iperattività o ipoattività a livello sensoriale», continua l’esperta.

L’autismo nei bambini

Nei primi 3 anni di vita, dunque quando i bambini iniziano ad esplorare il mondo circostante, possono manifestarsi alcuni comportamenti che potrebbero essere spia di autismo, come:

  • evitare il contatto visivo;
  • non corrispondere un sorriso;
  • avere una reazione esagerata (come se fossero arrabbiati) quando si verifica qualcosa non gradita;
  • ripetere le stesse frasi, ma anche gli stessi movimenti;
  • non interagire molto con altri bambini, ma tendere a giocare da soli;
  • non rispondere quando vengono chiamati;
  • utilizzare gesti e mimica facciale per farsi capire;
  • avere difficoltà ad adattarsi alle richieste.

L’autismo negli adulti

L’autismo, essendo un disturbo del neurosviluppo, viene diagnosticato in età infantile. Può però capitare che una forma lieve di autismo non venga riconosciuta nei primi anni di età, ma diagnosticata solo in età adulta. Questo può accadere perché i segnali caratteristici di questo disturbo non si manifestano in modo evidente. Con l’avanzare degli anni però, all’autismo potrebbero associarsi anche altre condizioni, come i disturbi dell’alimentazione o la dipendenza da sostanze.

Tra i principali segni di autismo negli adulti ci sono:

  • apparire schietti (a volte possono dare l’impressione di essere maleducati);
  • avere difficoltà ad esprimere cosa si prova, a intraprendere relazioni sociali, piuttosto preferiscono restare da soli;
  • provare ansia quando si trovano in situazioni con altre persone;
  • avere una routine identica tutti i giorni e provare ansia se questa viene modificata;
  • non comprendere i modi di dire, ma prendere tutto “alla lettera”;
  • essere molto interessati a specifiche attività o argomenti;
  • notare suoni, odori, dettagli, che gli altri non avvertono;
  • tendenza a pianificare.

Quando si manifesta l’autismo

Il Progetto Osservatorio per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico, ha rilevato che solo in Italia 1 bambino su 77 (di età tra i 7 e i 9 anni) presenta un disturbo dello spettro autistico con un’incidenza maggiore nei maschietti.

L’autismo si manifesta per lo più da bambini: determinati comportamenti e le difficoltà nell’interazione con altri coetanei rilevati nei primi 2/3 anni di vita, porta infatti i genitori ad approfondire. Etnia, stile di vita, livello di istruzione, estrazioni sociale, sono fattori che non influiscono sullo sviluppo del bambino.

Diagnosi dell’autismo

«La diagnosi viene fatta di solito nei primi anni di vita, perché i genitori osservano il manifestarsi dei sintomi caratteristici che possono, appunto, essere una fissazione per un oggetto specifico, non cercare il contatto visivo, non avere il tipico scambio vocale fatto di suoni e vocalizzi», specifica la dottoressa Baldrighi.

Attraverso l’osservazione comportamentale ci si può rendere conto se il bambino reagisce in maniera esagerata o quasi per niente di fronte ad alcune situazioni. Le persone con autismo crescono in modo differente rispetto alla comunicazione e all’interazione sociale e questo lo si vede spesso nel gioco, perché mostrano difficoltà nel giocare con gli altri bambini. In generale, si nota un distaccamento e un’assenza nei confronti degli altri.

La diagnosi, basandosi per lo più sull’osservazione dei comportamenti, potrebbe non essere semplice e immediata, soprattutto quando i segni sono lievi. Tuttavia, una diagnosi precoce permette al bambino di ricevere fin da subito tutti gli strumenti di cui necessita per raggiungere il suo potenziale. In base al livello di gravità (lieve, moderato, grave), il soggetto avrà infatti bisogno di ausili differenti. La diagnosi viene formulata da un medico specialista e può coinvolgere altre figure professionali.

La diagnosi può richiedere tempo poiché possono essere necessari diversi incontri. Il DSM-5 (Quinta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) definisce questi criteri come caratteristici del disturbo dello spettro autistico:

  • deficit persistente nella comunicazione e nell’interazione con altri individui;
  • presenza di comportamenti e/o interessi e/o attività ripetitivi.

Quali sono le cause dell’autismo

«Ad oggi non si conoscono le cause esatte che conducono all’autismo anche se la ricerca scientifica ha compiuto grandi passi in avanti. Ad esempio ci sono diverse alterazioni genetiche che sono collegate ai disturbi dello spettro autistico e cosa molto importante, dato che in passato era attribuita una parte ambientale (genitori che nel loro modo di rapportarsi con il bambino potessero provocare l’autismo) è bene specificare che non è vero. Ci tengo a sottolinearlo – continua l’esperta – perché questo spesso faceva scaturire da parte dei genitori un importante senso di colpa che invece non è da attribuire loro. In realtà ci sono una concomitanza di fattori genetici, non è solo uno. Ad oggi non ci sono test genetici in grado di diagnosticare la predisposizione a un disturbo dello spettro autistico. Per questo, la diagnosi può essere fatta solo in base alla presenza o assenza di sintomi comportamentali», prosegue l’esperta.

È vero, spesso i problemi tra genitori – ad esempio i classici litigi – possono avere un impatto importante sui figli, ma non è il caso dell’autismo dove invece le cause sono da ricercare soprattutto dal punto di vista genetico. La predisposizione genetica può provocare una maggiore vulnerabilità a questo disturbo, però è più probabile che ad essere responsabili dell’autismo siano più geni e non il singolo gene.

Quali sono i trattamenti possibili dell’autismo

«Per diagnosi e trattamenti bisogna rivolgersi a una équipe specializzata che comprenda psicologo, neuropsichiatra e logopedista, ovvero figure che tramite la somministrazione di test fanno la diagnosi e sviluppano i giusti interventi. I trattamenti differiscono in base alla presenza o meno di deficit del linguaggio, compromissione dal punto di vista cognitivo più o meno acuta. Il trattamento più efficace è l’intervento psico-educativo: vengono sviluppati interventi in attività psico-educative che vengono pianificate e adeguate al grado di evoluzione della malattia in tutti i contesti in cui il bambino è inserito quindi la famiglia, la scuola, il centro terapeutico in cui è seguito. Sono attività in cui è importante il coinvolgimento delle famiglie perché possono migliorare la comunicazione sociale aiutando i genitori ad interagire con i figli. Si possono poi fare degli interventi a supporto della comunicazione come quelli che, ad esempio, usano un supporto visivo alla comunicazione dove si mette il bambino in una situazione in cui viene ridotta la richiesta di interazioni sociali complesse».

Nello specifico, se nel rapporto a due il bambino mostra difficoltà, si evita di metterlo in un contesto in cui ci sono più persone e che per lui sarebbe più complesso da gestire. Si può seguire una routine, ovvero usare un programma prevedibile, molto importante per le persone con spettro autistico, e quando c’è una ipersensibilità si vanno a ridurre gli stimoli sensoriali che provocano disturbo.

«Vorrei dare un messaggio di speranza – conclude la dottoressa – per cui non è detto che con una diagnosi di autismo una persona non possa avere una vita classicamente definita “normale”. Se pensiamo agli autistici come soggetti neurodiversi, ovvero che hanno una parte cognitiva diversa e noi ci definiamo come neurotipici, possiamo dire che neurotipico non è sinonimo di salute tanto quanto neurodiversità non è sinonimo di disabilità. L’etichetta che di solito viene utilizzata può essere utile al professionista per poter sviluppare un trattamento, ma questa non deve rappresentare un marchio a vita per il bambino. L’idea generale è infatti di non prendere l’etichetta come buona in tutto e per tutto e questo vale per i disturbi dell’apprendimento come anche per altre tipologie di disturbi».

Abbiamo quindi visto quanto sia importante l’osservazione comportamentale per poter fare una diagnosi di autismo. Da tenere a mente che in questi casi, è bene rivolgersi a un centro specializzato dove la sinergia tra più figure professionali può fare la differenza in termini di diagnosi e di trattamenti.

 

Fonti bibliografiche: