Prima sfilata di Emporio Armani senza Giorgio: lacrime, applausi e un tributo che commuove Milano

Emozione e applausi senza fine all’Armani Teatro: la prima sfilata senza Giorgio diventa un tributo commosso alla sua eredità

Foto di Ilaria di Pasqua

Ilaria di Pasqua

Lifestyle Editor

Nata a Carpi, si laurea in Fashion Culture and Management. La sua avventura nella moda comincia come Producer, ma nel 2020, con coraggio, diventa Web Editor, fonde stile e scrittura con amore.

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Roma è lontana solo geograficamente. Perché all’Armani Teatro, a Milano, il cuore batte all’unisono con quello dell’Italia intera: elegante, sobrio, commosso. È la prima sfilata di Emporio Armani senza Giorgio, eppure ogni dettaglio – dai tendaggi alle scale ispirate a M.C. Escher – parla la sua lingua con una chiarezza che fa venire i brividi. Lo spazio firmato da Tadao Ando, lo stesso che poche settimane fa ha accolto una camera ardente visitata da migliaia di persone, è un tempio silenzioso. Dentro, la moda non alza la voce: sussurra. E quel sussurro ha il timbro caldo di chi torna a casa dopo un lungo viaggio.

Prima sfilata di Armani senza Giorgio

Il comunicato lo dice senza alibi: la collezione Emporio Armani Primavera/Estate 2026 cattura “il sentimento mutevole e l’impulso che si porta con sé tornando in città dopo un viaggio”. Non è un’idea astratta: la rivedi, punto per punto, nella costruzione di un guardaroba mobile e leggero, in un dialogo continuo tra maschile e femminile che è la firma armaniana per eccellenza.

Le forme sono allungate e pacate, come chi sceglie la misura anche quando potrebbe scegliere l’effetto. I colori scorrono dal beige al nero, attraversando tonalità fredde e neutre, con un minerale grigio che avvolge senza inghiottire: è il cromatismo di un rientro in città quando le luci sono soft e i pensieri nitidi.

Emporio Armani, Milano Fashion Week Spring / Summer 2026
Getty Images
Emporio Armani, Milano Fashion Week Spring / Summer 2026

Il gesto-icona? Il gilet. Allungato, riproporzionato, a tratti protagonista assoluto: scivola sui fianchi e ridisegna la verticalità del corpo, alternandosi a giacche morbide, soprabiti leggeri, parka urbani, piccoli spolverini che hanno il passo zitto ma sicuro. La silhouette è fluida, dinamica, sempre composta: non c’è una riga che non abbia un perché, non c’è un volume che non sia stato addomesticato da quella disciplina dello sguardo che Giorgio Armani ha insegnato a tutti noi.

Emporio Armani, Milano Fashion Week Spring / Summer 2026
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Emporio Armani, Milano Fashion Week Spring / Summer 2026

L’altrove che torna città: ikat, obi, rafia, sandali piatti

Dall’altrove arrivano i segni, ma si fermano in città. I motivi ikat punteggiano abiti e pantaloni ampi che si stringono al fondo, le chiusure a kimono e gli obi suggeriscono una gestualità diversa, più lenta, mentre le cuffiette crochet di rafia, le sacche nomadi e i sandali piatti dalle punte pronunciate raccontano storie di giorni lunghi, di luce chiara, di passeggiate che cominciano senza un orario di fine.

È un esotismo temperato, addomesticato a misura di quotidiano, che si traduce in completi pigiama elegantissimi, tute in seta dalla fluidità ipnotica, gonne piccole e corte affiancate a pantaloni extra large con coulisse, slipdress ventilati come una sera d’estate che tarda a congedarsi.

Emporio Armani, Milano Fashion Week Spring / Summer 2026
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Emporio Armani, Milano Fashion Week Spring / Summer 2026

La sera, quando arriva, non fa rumore. È impalpabile, come il nylon sottilissimo che accoglie mini-tuniche e abiti lunghi, spesso accompagnati da piccoli top tempestati di cristalli. Brillano, sì, ma come brilla la pelle dopo il sole: un riflesso garbato, mai urlato. Un’idea del vestire “spontanea, eppure precisa”, così recita la nota, e raramente definizione fu più fedele all’oggetto.

La scena: un teatro per il ricordo, non per la retorica

Nell’architettura di Ando, le scale evocano l’aquilotto – simbolo della linea Emporio – moltiplicato su un fondo d’intonaco grezzo. Il set non è décor, è drammaturgia. Sostiene il racconto del “ritorno” con volumi morbidi, vuoti misurati, geometrie che incorniciano senza costringere. In passerella tutto scorre con il ritmo di una passeggiata; di quelle che si fanno quando si rientra da lontano e la città sembra un’altra, perché siamo cambiati noi.

Emporio Armani, Milano Fashion Week Spring / Summer 2026
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Emporio Armani, Milano Fashion Week Spring / Summer 2026

E poi, il finale. Non c’è lo stilista a raccogliere gli applausi. C’è la sala, tutta intera, a reggere un’emozione che si sente nel diaframma. Le mannequins battono le mani, il pubblico risponde, la standing ovation dilata il tempo.

Qualcuno ha gli occhi lucidi, qualcun altro fissa la porta da cui, per cinquant’anni, è uscito Giorgio Armani a salutare. Oggi quella porta resta composta. È un gesto di rispetto, quasi un inchino collettivo: nessuno prende il posto del Maestro. In uno degli show, in chiusura, si affaccia Silvana Armani – presenza discreta, familiare – come un segnalibro nel romanzo di una casa di moda che ha ancora molte pagine da scrivere.