Pesce in gravidanza, cosa mangiare e cosa no

Il consumo di pesce è particolarmente indicato durante la gravidanza, ma ci sono alcune specie sconsigliate. Ecco quali tipologie di pesce mangiare e quali evitare!

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Biagio Flavietti

Farmacista e nutrizionista

Farmacista e nutrizionista, gestisce dal 2017 una pagina di divulgazione scientifica. Appassionato di scrittura ed editoria, lavora come Web Content Editor per alcune realtà del settore farmaceutico e nutrizionale.

Mangiare il pesce durante la gravidanza comporta di sicuro numerosi benefici, sia per la madre che per lo sviluppo del feto. Si tratta, infatti, di un alimento prezioso, ricco di sostanze importanti come proteine, acidi grassi Omega-3, sali minerali e vitamine del gruppo B. Tuttavia, alcuni esemplari possono contenere quantità elevate di mercurio, che possono avere effetti nocivi sul sistema nervoso e sullo sviluppo del cervello del nascituro. Proprio per questo è bene sapere quale pesce preferire e quale, invece, bisogna evitare quando si aspetta un bambino. Esiste una regola generale e non scritta, che dice che il pesce più grande e  quindi più duraturo in termini di vita marina, può essere anche quello che accumula più sostanze tossiche tra le sue carni. Per mangiare un pesce meno pericoloso si consigliano specie di taglia più piccola che hanno meno tempo di accumulare tossine e metalli pesanti. In questo articolo si scopriranno tutte le informazioni necessarie per mangiare correttamente pesce in gravidanza.

Che proprietà ha il pesce?

Il pesce fa parte degli alimenti che contengono proteine, come anche la carne e le uova, e forniscono delle proteine ad “elevato valore biologico“ per il corpo umano e per alimentare il pool di aminoacidi. Quali sono i micronutrienti e macronutrienti presenti nel pesce?

Quante proteine ci sono nel pesce?

Le proteine presenti nel pesce sono ad alto valore biologico poiché riescono a fornire tutti gli amminoacidi essenziali necessari per il corpo umano, di cui si ha bisogno nella propria dieta quotidiana. Pesce, molluschi e frutti di mare presentano circa il 15-25% di proteine. Questo valore varia a seconda della tipologia di pesce che si va a considerare nell’alimentazione. Le proteine che sono contenute nel pesce, risultano più digeribili per la minore quantità di tessuto connettivo rispetto alle carni di mammiferi.

Quanti grassi ci sono nel pesce?

Altro elemento che viene ampiamente tenuto in considerazione è la percentuale di lipidi presenti all’interno di questa categoria. La percentuale di lipidi varia tra le diverse specie ittiche e va dallo 0,5% al 27%. In particolare, ci sono molecole come fosfolipidi e grassi insaturi ad alta concentrazione di Omega 3, che risultano importanti per i loro effetti benefici sul sistema cardiovascolare e sul muscolo cardiaco, ma anche sul sistema nervoso e più in generale sulle sue cellule. I pesci vengono classificati in base al contenuto di grassi, che può variare in base al ciclo biologico di vita del pesce, alla profondità a cui vive e alla temperatura dell’acqua. Basti pensare al fatto che pesci che vivono in acque molto fredde, sono ricchi di acidi grassi polinsaturi benefici per la salute umana. Ecco la classifica dei pesci in base al loro tenore di lipidi:

  • Grassi (>8%): anguille, aringhe, sgombri, salmoni, tonni.
  • Semimagri (3-8%): triglie, sardine, coregoni, cefali, carpe, storioni, pesce spada, orate.
  • Magri (<3%): acciughe, aragoste, calamari, cozze, gamberi, merluzzi, naselli, polpi, seppie, sogliole, spigole, vongole.

Quindi, il pesce è una fonte importantissima di grassi “buoni” e proteine, che sono fondamentali per il benessere strutturale e funzionale di organi, tessuti e cellule dell’organismo, apportando poche calorie e pochissimi anti-nutrienti o sostanze che possono essere classificate come dannose per la salute, se consumate in eccesso.

Gli oligoelementi presenti nel pesce:

Grassi, proteine, e assenza di carboidrati, ma il pesce è molto ricco di micronutrienti fondamentali per la salute dell’organismo. Il pesce contiene molti sali minerali come il calcio, il fosforo e lo iodio. Nello specifico, lo iodio è fondamentale per la sua azione preventiva nei confronti di diverse patologie legate alla tiroide. Si tratta, infatti, di un elemento utile per il corretto funzionamento della tiroide e per la sintesi degli ormoni tiroidei, ovvero la triiodotironina (T3) e la tiroxina (T4). Questi  ormoni hanno la funzione di aiutare ad aumentare il metabolismo basale, cioè la quantità di energia utilizzata dal corpo umano in condizioni di riposo, ma anche di aumentare la velocità di utilizzazione delle sostanze nutritive per creare energia, stimolare la crescita strutturale del bambini e degli adolescenti. All’interno del pesce si ritrovano anche buone quantità di vitamina Avitamine del gruppo B e vitamina D. Questa ultima vitamina è un regolatore del metabolismo del calcio e per questo è utile nell’azione di calcificazione ossea e nel mantenere nella norma i livelli di calcio e di fosforo nel circolo ematico.

Perché mangiare pesce durante la gestazione?

La domanda potrebbe essere quasi retorica, dati i benefici del pesce e i dati nutrizionali appena riportati. Seppure siano note le sue proprietà benefiche, è sempre bene ricordarle e soprattutto capire perché mangiare il pesce in gravidanza. Durante i 9 mesi di gestazione aumenta il bisogno di acidi grassi polinsaturi (come gli Omega 3), di ferro e proteine. E il pesce è un’ottima fonte proprio di questi elementi fondamentali per la mamma e per il feto. Vario nei diversi habitat di mari, fiumi e laghi, il pesce si presenta in tante tipologie differenti e con tante proprietà nutrizionali diverse, ma quasi tutte benefiche per l’organismo umano. Il pesce viene diviso, nello specifico, in 3 macro categorie: pesce azzurro, pesce bianco e di terra. Senza dimenticare molluschi e crostacei, che però non siano adatti per l’alimentazione in gravidanza.

 

Quale pesce mangiare in gravidanza

Tra i tipi di pesce consigliati in gravidanza, troviamo alici e sardine, ricchi di grassi Omega-3, così come la trota, in cui è presente anche un’elevata quantità di vitamine D e del gruppo B, molto importanti per regolare gli ormoni e ridurre la stanchezza. Anche il consumo di salmone è consentito in gravidanza, grazie agli acidi grassi di cui è ricco, che facilitano lo sviluppo cerebrale e cardiaco del feto. Tuttavia, bisogna fare attenzione al salmone affumicato perché potrebbe sviluppare un batterio che causa la listeriosi, una patologia infettiva pericolosa per mamma e bambino. Altri tipi di pesce con un contenuto di mercurio basso, indicati quindi in gravidanza, sono calamari, pesce bianco, capesante, nasello, sogliola e aringhe, o specie come palamite e aguglie, tipiche dei nostri mari. Per quanto riguarda il tonno in scatola, le donne in dolce attesa dovrebbero consumarne un massimo di 200 grammi a settimana.

Nello specifico, il pesce del nostro mar Mediterraneo, è il nostro alimento prediletto a “km 0”, ed è il migliore per l’alimentazione di tutti i gruppi di persone, ma ancor più per quella delle donne in gravidanza. I mari avanti alle coste italiane, ricchi di minerali, sono preziosi fonti di qualità di pescato e pesci d’allevamento.

Quale pesce evitare in gravidanza

I tipi di pesce il cui consumo può essere dannoso in gravidanza, sono quelli con il più alto contenuto di metalli pesanti come il mercurio. Bisognerebbe evitare, quindi, pesci come la cernia, il pesce spada, lo squalo, lo sgombro, il marlin e il tonno. Inoltre, durante la gravidanza è preferibile evitare di mangiare pesce crudo, come sushi e sashimi, perché potrebbe ospitare il parassita alimentare Anisakis o provocare la salmonella, qualora non sia fresco o non sia stato abbattuto, ossia portato a bassissime temperature per un certo periodo di tempo. E’ bene limitare, se non evitare del tutto, anche il consumo di crostacei e frutti di mare, come ostriche e vongole, perché c’è il rischio che possano essere contaminati e contenere metalli pesanti, o ancora potrebbero provocare gravi patologie, tra cui la salmonella e l’epatite A. Anche la cottura di cozze e frutti di mare non mette al sicuro dalla presenza di determinati virus, che possono infettare l’organismo e provocare gravi malattie infettive. Anche il limone spremuto sul pesce o sui prodotti ittici crudi non ha alcuna funzione protettiva nei confronti delle infezioni, dei batteri e dei virus.

Metalli pesanti nel pesce:

L’essere umano, attraverso il consumo di prodotti della pesca, risulta esposto a diversi contaminanti in relazione alla qualità dell’ambiente da cui le specie ittiche derivano. L’inquinamento delle acque marine è causato fondamentalmente dallo sviluppo delle attività antropiche che determinano l’immissione, diretta o indiretta, nell’ambiente acquatico di sostanze in grado di provocare effetti dannosi sugli organismi viventi e, quindi, sulla salute dell’organismo umano. La valutazione del rischio tossicologico per l’uomo per il consumo di prodotti ittici, rientra in un discorso più ampio che riguarda la sicurezza alimentare, che è da molto tempo l’obiettivo di l’Efsa (European Food Safety Authority). L’agenzie è stata incaricata dal Parlamento Europeo di svolgere una valutazione attenta e con particolare attenzione alle specie di elevato valore commerciale all’interno dei paesi membri nell’Unione Europea, quali salmone, aringa, acciuga, tonno, sgombro, trota e carpa. Oltre ai composti organici da monitorare, ci sono anche altri elementi persistenti quali PCB, diossine, alcuni metalli quali piombo, cadmio e, in particolare, mercurio, che possono destare preoccupazioni per il consumatore in virtù della loro capacità di bioaccumulare e biomagnificare lungo la catena trofica fino a raggiungere nei pesci predatori, come tonno e pesce spada, i più elevati livelli di contaminazione più alta.

Queste specie più grosse, che vivono più a lungo nelle acqua dei nostri mari e dei nostri oceani, sono in grado di accumulare nel tempo più sostanze tossiche rispetto ai pesci più piccoli (che sono invece consigliati in gravidanza).

Mercurio nel pesce?

Cos’è il mercurio? è realmente un’inquinante per il pesce marino? Il mercurio è un metallo pesante la cui presenza nell’ambiente deriva sia da fonti di origine naturale che derivanti dall’attività antropica. Le fonti più pericolosi sono quelli dell’industria cartiera e degli impianti di produzione di cloro-soda. Negli ultimi 10 anni l’utilizzo industriale del mercurio, a causa della contaminazione della catena alimentare, è stato notevolmente ridotto dalle aziende e nelle filiere produttive, per quello che riguarda dispositivi elettrici, batterie e prodotti farmaceutici. Sono stati, invece, completamente banditi gli usi agricoli del metallo. La presenza del mercurio nell’ambiente, tuttavia, è stazionaria a causa dell’elevata persistenza nelle precipitazioni atmosferiche e nei sedimenti marini.

Nell’ambiente marino, il mercurio è una molecola che subisce la trasformazione in composti organici, come il metilmercurio, ad opera dei microrganismi negli strati superficiali dei sedimenti marini. Questa molecole tossica entra nella catena alimentare attraverso il plancton per passare, poi, attraverso gli invertebrati e i pesci situati ai più bassi livelli della catena trofica ai grandi predatori dove si rinvengono le concentrazioni maggiori. Le specie ittiche eliminano difficilmente il mercurio assorbito e i tempi di dimezzamento del metallo variano da 6 mesi per i mitili fino a 2 anni per il luccio. L’accumulo nei pesci è maggiore nel tessuto muscolare rispetto a quello adiposo e circa il 90-99% del mercurio presente nei pesci si trova sotto forma di metilmercurio, forma estremamente tossica del metallo. I pesci più duraturi a livello di ciclo biologico, e soprattutto di taglia più grande sono quelli che contengono maggiori quantità di metalli pesanti.

Con l’aiuto di un nutrizionista è possibile stilare un piano alimentare che contiene il pesce 4-5 volte a settimana, indicando le specie più adatte e senza rischi per l’alimentazione in gravidanza.

Fonti bibliografiche

  • Focardi S. – L’inquinamento da idrocarburi e da altre sostanze chimiche. Impatto eco-tossicologico delle diverse sostanze, 2001, Corso di formazione organizzato da CoNISMA e CASTALIA, Cattolica, 7-11
  • Report OSRA, Osservatorio Regionale Sicurezza Alimentare